Questo articolo è uscito sul Sole 24 Ore.
Nel mondo si pubblicano milioni di libri all’anno. In Italia si traducono decine di migliaia di libri all’anno. Eppure, a dispetto di ogni statistica e contro qualsiasi ragionevolezza, persino nel 2010, con le punte della percezione ben affogate nel plasma immateriale, con i magazzini stracolmi di titoli senza senso, esistono libri necessari che non circolano più: tesori folli che non vengono tradotti e promossi (sebbene l’e-book prometta uno stato di eterna reperibilità). Expanded Cinema, di Gene Youngblood, appartiene alla razza.
“Gene Youngblood è salito sull’astronave Terra il 30 maggio del 1942”, recita la riga d’esordio che il lettore incontra aprendo la prima edizione del volume, pubblicato nel 1970 – quarant’anni! – dalla casa editrice Dutton & Co., di New York. Siamo nelle ultime propaggini degli anni sessanta, d’altronde, quando il giovane ricercatore indossa i panni del reporter di idee, saggista, filosofo, intellettuale pubblico, istigatore – un po’ come il nostro Marco Belpoliti, che similmente a Youngblood pratica un sontuoso ‘only connect’ fra arte, storia delle idee e intuizione selvaggia sul contemporaneo.
Expanded Cinema è un libro-scafandro, visto oggi, immerso nelle profondità di un percorso di conquista che allora sembrava futuribile: la marcia che avrebbe portato le immagini-movimento a occupare qualsiasi spazio, rimbalzando su schermi sempre più piccoli, orientati in vertiginosa progressione sugli angoli d’incidenza del nostro paesaggio visivo, interiore e urbano. “Ho trovato nell’espressione ‘videosfera’ un valido strumento concettuale per indicare l’ampio raggio e l’enorme influenza della televisione su una scala globale, in molti campi simultanei di estensione dei sensi. […] Chi si occupa di tv parla di trasmissione profonda, mini-trasmissione e altri termini ancora per indicare la progressiva decentralizzazione e frammentazione della videosfera. […] Tutte le modalità di programmazione video esistenti oggi, dal circuito chiuso al satellite, contribuiscono a definire una tecnologia metafisica sinergica della noosfera che sta alterando drasticamente la natura della comunicazione sul pianeta terra.”
Centrale è proprio il concetto di noosfera, messo a punto dal grande gesuita Teilhard de Chardin per indicare, nella visionaria prosa di Youngblood, “la vasta pellicola fatta di intelligenza organizzata che circonda il pianeta, posta sopra lo strato vivente della biosfera e quello inerte del materiale inorganico, la litosfera. Le menti di miliardi di esseri umani […] nutrono la noosfera; distribuita intorno al globo dai network multimediali, essa diventerà una nuova ‘tecnologia’ che in futuro potrebbe dimostrarsi uno dei più potenti mezzi che l’uomo abbia mai avuto fra le mani.”
Niente male, vi assicuro, leggere queste parole su un I-Pad lievemente bagnato di pioggia milanese, sintonizzato su uno dei numerosi siti che mettono a disposizione il pdf dell’edizione originale del libro (qui), e scorrere l’indice: ecco alcuni dei sottotitoli – ‘circuito chiuso globale: la terra come software’; ‘il bio-computer umano e il suo parto intellettuale elettronico’; ‘i limiti della proiezione olografica’; ‘l’artista come ecologo’. E tutto ciò andava in tipografia nei primi mesi del 1970…Non c’è molto altro da aggiungere – se non che la prefazione è firmata da Buckminster Fuller, una delle personalità più ricche di conseguenze del XX Secolo. Ma non è solo per la forza di profezia ed analisi, o per il carattere furente-preciso della scrittura, che bisogna celebrare e restituire al pubblico Expanded Cinema (tradotto in italiano anni fa e solo in parte in un’antologia cinèphile). Non sono un cineamatore, né un video-artista, e neppure un critico della settima arte – ma in qualità di mente iscritta fuori corso all’università della curiosità, rimango incantato dall’esempio di chi affronta il mondo contemporaneo come trovandosi davanti a un riccio esploso e al suo incomprensibile, ispido fascino. E si avvicina, in un processo di reportage avanguardistico. La lezione di Gene Youngblood, anche per gli autori letterari, è: preleviamo gli spilli e pratichiamo su di noi e per i posteri una quotidiana, impavida, agopuntura.
Gianluigi Ricuperati è uno scrittore e saggista italiano. Nel 2006 ha pubblicato Fucked Up per Bur RCS e ha curato, insieme a Marco Belpoliti, la prima monografia mai dedicata al disegnatore Saul Steinberg. Nel 2007 Bollati Boringhieri ha pubblicato Viet Now – la memoria è vuota. Ha scritto un testo pubblicato ne Il corpo e il sangue d’Italia. Nel 2009 è uscito La tua vita in 30 comode rate (ed. Laterza).
Attualmente collabora alla Domenica del Sole 24 Ore ed è corrispondente speciale per la rivista Abitare. Da gennaio 2010 dirige Canale 150 – gli italiani di ieri raccontati dai protagonisti di oggi – iniziativa per la celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia sostenuta dal Comitato Italia 150 e da Telecom Italia. Dal 2010 è curatore del Castello di Rivoli – Museo d’Arte contemporanea. Ha scritto di spazi e architettura per Domus, ha collaborato alle pagine culturali de La Stampa e D di Repubblica. Scrive di musica per Rumore e Il Giornale della musica. È stato consulente editoriale per Alet Edizioni. Nel 1999 ha tradotto per la casa editrice Einaudi The Wild Party, testo di Joseph Moncure-March, illustrato da Art Spiegelman (ed. Einaudi Stile Libero, 1999). Nel 2007 e nel 2008 è stato, con Stefano Boeri, co-direttore di Festarch, festival internazionale di Architettura a Cagliari. Durante la prima edizione di Festarch ha svolto un dialogo pubblico su ‘architettura e letteratura’ con l’architetto olandese Rem Koolhaas. Nel 2009 è, con Stefano Boeri e Fabrizio Gallanti, co-direttore artistico di Urbania a Bologna. Collabora con Fondazione CRT e cura una collana di volumi di architettura e narrazione.

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ciao ma il link per la traduzione in italiano (non funziona)? sapresti indicarmi dove trovarla grazie in anticipo davide