Il 4 febbraio 2021 è stato assassinato il fratello della scrittrice libanese Rasha al-Amir, Lokman Slim, attivista e fondatore insieme a Rasha della casa editrice indipendente e avanguardista Dar al-Jadeed. Pubblichiamo un testo di Arianna Tondi, che ha curato la traduzione dall’arabo del romanzo di Rasha al-Amir Il giorno del giudizio.
di Arianna Tondi
Nel 2011, in un’intervista rilasciata in occasione dell’uscita dell’edizione algerina del suo romanzo e poco prima della pubblicazione della traduzione inglese, la scrittrice ed editrice libanese Rasha al-Amir parlava così della ricezione del suo romanzo Il giorno del giudizio nel suo paese natale, il Libano.
Come è stata accolta la pubblicazione del romanzo in Libano?
Rasha: Inizialmente con entusiasmo. Poi, le persone hanno cominciato a denigrare il romanzo e a dirgliene di tutti i colori. L’associazione religione – sessualità li ha sconvolti. Mi hanno criticato per aver scelto un imam sunnita, accusandomi di aver minato la dignità dei miei genitori. Sono arrivati a intromettersi nella mia vita privata. Tutto ciò ha fatto sì che il romanzo avesse una risonanza mediatica, tanto che ora è alla sua seconda edizione.
La traduzione francese non ha fatto altro che aumentare l’ira. Youssef Seddik, che io non conoscevo, ha apprezzato molto il romanzo e ha deciso di tradurlo. Ogni giorno ricevevo telefonate minatorie, lettere di insulti, dove mi accusavano di essermi messa nei panni di un uomo, per di più di un imam. Per me è stato un dramma. Questo libro mi ha ucciso. Il mio imam parla delle sue piccole morti, io vengo scuoiata viva, costretta a vivere nella mia solitudine. È la maledizione di Yawm al-din (Il giorno del giudizio). Con l’edizione algerina e con la traduzione inglese, spero vada meglio[1]!
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Rasha al-Amir parlava di come la sua opera, che racchiude tutti i temi a lei più cari – religione, politica, sessualità – le avesse cambiato la vita, in peggio. Il 4 febbraio 2021, giorno dell’uscita della versione italiana del romanzo per la Nave di Teseo, la vita di Rasha al-Amir è stata sconvolta. Il fratello, l’attivista Lokman Slim e fondatore insieme a Rasha della casa editrice indipendente e avanguardista Dar al-Jadid che nel 2002 ha pubblicato l’edizione originale araba del romanzo, è stato trovato assassinato in un paese a sud del Libano, dove Slim si occupava da anni di progetti di sostegno alla popolazione locale. Slim è noto nell’area medio orientale per il suo impegno politico contro Hezbollah, organizzazione paramilitare sciita libanese.
A poche ore dal ritrovamento del corpo, il figlio dell’attuale guida di Hezbollah ha pubblicato un tweet in cui dice “La perdita di qualcuno è una vittoria e una manna inaspettata. Nessun rimpianto”, tweet che ha prontamente cancellato per poi sostenere che non aveva nulla a che vedere con la morte dell’attivista.
Le coincidenze, nella loro casualità e imprevedibilità, spesso fanno riflettere, tanto da chiedersi fino a che punto siano coincidenze. Il giorno del giudizio racconta la storia di un imam timido, sensibile, a disagio con il genere femminile e con la società conservatrice in cui vive. Dopo aver conseguito, non per sua scelta ma per scelta del padre, la laurea in Scienze religiose, gli viene proposto di assumere la guida di una moschea in uno Stato arabo più liberale del suo e lui, per sfuggire alla monotonia della vita quotidiana, decide di accettare.
Una volta trasferitosi, viene contattato da una giovane donna colta, laica ed esperta di letteratura araba classica per partecipare alla redazione di un glossario dell’opera di al-Mutanabbi, il grande poeta arabo del X secolo. I due cominceranno a frequentarsi e tra loro nascerà una storia d’amore fuori dalle righe, i cui incontri segreti saranno registrati per filo e per segno da un gruppo islamista che vuole eliminare l’imam reo di aver preso pubblicamente posizione contro gli islamisti. L’imam, infatti, senza paura ha criticato la retorica islamista della morte e la violenza fisica e psicologica esercitata da questi gruppi dal pulpito della sua moschea e dallo schermo televisivo, essendo conduttore di un programma religioso che propone una visione liberale e moderata dell’islam.
Il giorno del giudizio, ovvero il giorno della rinascita dell’imam per mano dell’amata, non per mano di Dio, appare come un romanzo sospeso, fuori dal tempo. L’autrice non dà alcuna indicazione che permetta di collocarlo in una specifica dimensione geografica, ma non fa ciò tanto per sfuggire alla censura (il Libano è uno dei paesi più liberali del mondo arabo) quanto per suggerire che l’islam politico è una realtà comune a tutto il mondo arabo. Il romanzo di Rasha al-Amir, pubblicato quasi venti anni fa ma attuale come se fosse stato scritto ieri, è un invito alla liberazione da ogni forma di oppressione e repressione.
L’autrice è nota per il suo impegno a favore della lingua e della letteratura araba e le pubblicazioni della sua casa editrice Dar al-Jadid, dallo stile e dalla cura impeccabili, ne sono una chiara prova. Ama il suo paese, nonostante tutte le sue contraddizioni e i problemi, dalla corruzione del governo alla terribile crisi economica, che lo attanagliano. “Il mio unico sogno infantile e ricorrente era di esser rapito nottetempo e portato per incantesimo lontano anni luce da questi paesi che non si augurano neppur al peggior nemico, per mai più farvi ritorno”, Rasha fa dire al suo imam. Desiderio di andarsene, ma anche desiderio di restare, lottare, dare il proprio piccolo ma significativo contributo per una società più umana, più libera, più moderna.
La lotta personale e creativa di questa fine interprete del patrimonio letterario arabo contro l’islamismo oggi, più che mai, fa riflettere. Le parole dell’intervista rilasciata dall’autrice suonano quasi profetiche nel giorno della feroce uccisione di Lokman Slim e della pubblicazione dell’edizione italiana del romanzo.
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