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Nuova puntata della serie di Maurizio Cotrona: il racconto di un progetto che intende produrre editoria a fumetti a Taranto. Qui le parti precedenti.

21 giugno 2021

Il mio blast ha il suono di cucchiaini che tintinnano mentre Carrère, per il suo blast, parla del suono grave, profondo, di un enorme masso che casca nel mare.

Seduto sull’orlo di una sedia girevole, che però non gira, chiudo gli occhi, respiro adagio, mi concentro sul suono del mio respiro. Non dovrei pensare a nulla e invece penso al basso che suonavo da ragazzino, nascosto da qualche parte in soffitta, chiuso nel buio felpato della sua custodia, muto, immobile, da vent’anni in attesa di essere suonato, stiro la colonna verticale verso l’alto, come volessi toccare il soffitto con la nuca, e spingo il bacino verso il suolo. Questi ultimi due movimenti restano pure intenzioni, nuca e bacino non si spostano di un millimetro e, complessivamente, non resto in posizione di meditazione neanche dieci secondi. Tolgo “Mamma Roma” di Pasolini dai download di Amazon Prime Video e ci metto “Transformer 4”.

A pagina 37 Carrère propone una definizione di Freud di “sofferenza nevrotica”. La sofferenza nevrotica è quella che ti procuri da solo, in una forma spaventosamente ripetitiva, in contrapposizione alla normale sofferenza umana, che è quella che ti riserva la vita sotto forme diverse, quanto imprevedibili.

Ti cade un dizionario su un piede? Normale sofferenza umana. Tuo figlio soffre di una dipendenza? Ti ammali? Ti licenziano? Non tolleri tua suocera? Sofferenza umana. Ti scappa un accento acuto al posto di uno grave in un balloon di Camerette? Sofferenza umana.

Ti svegli la mattina con una faccia da cadavere e bastano l’ordinario baccano dei tuoi figli e una mutandina fuori posto per mandarti in crisi? Sofferenza nevrotica.

Arriva la risposta da Gian Marco, mi dà una finestra di due ore,  scrivo a Tropea e concordo col ragazzo un appuntamento per domani. Quindi butto giù il soggetto di un fumetto tratto dal racconto di Rolando. Il claim del fumetto è “La fame è la storia di una madre che corrompe sé stessa, per proteggere l’innocenza di sua figlia”, ed ecco la prima sinossi che butto giù:

Albuquerque, Nuovo Messico. 1971.

Una giovane donna, Dorothy Crumber, lavora nello studio del signor Baninton, un sessantenne pacifico e affettuoso.

Dorothy conduce una vita apparentemente serena. Si è trasferita da pochi mesi in Nuovo Mexico, accompagnata soltanto da sua figlia Becky e da pochi bagagli. Qui è riuscita a edificarsi una vita quotidiana colma di decoro e intessuta di minuti fili di gentilezza. Questo decoro, però, cela un segreto: si tratta di una ferita che sanguina proprio dove una madre è più fragile. Sua figlia, Becky, inizierà presto mostrare un appetito apparentemente insaziabile, rivelando una maledizione familiare, ereditata dal padre: un appetito che chiede carne cruda e poi cresce, pretendendo sangue, sangue umano e carne, carne umana.

Solo agli occhi di un uomo che condivide lo stesso marchio, questo appetito si presenterà per quello che è veramente. Quell’uomo è il viscido Norton, preside della scuola di Becky, con cui Dorothy sarà costretto a stringere un patto, che rappresenterà la salvezza per la bambina, ma – allo stesso tempo – la discesa della madre in un abisso di squallore e corruzione.

Perfetto per le chine da pantera del mio nuovo ragazzo, Federico Perrone. Sono paternalistico quando chiamo “ragazzi” i miei ragazzi?

22 giugno 2021

Po-po-po! Dialoghi, ballon, pipette. L’editing con Gitrop va che è una bomba, Gian Marco è una bomba, il ragazzo è una bomba. Elementi di quarta, piani di quinta, griglie da creare, griglie da rompere, transizioni, anatomie, pagine pari e pagine dispari, lettering, onomatopee, flat, flatter, voi conoscete la differenza?, po-po-po-po!, Gian Marco è in forma, Peppe di più, io me la godo, passare un paio d’ore davanti allo sguardo riconoscente di una persona venticinque anni più giovane di me è rigenerante!

Appena chiusa la sessione con Gitrop chiamo Antonio e lui risponde! Devi preparare un contratto nuovo per un nuovo disegnatore, gli dico, lui fa i disegni, la sceneggiatura la scrivo io. “Pure oggi mi devi far lavorare!”, scherza lui. “Ho appena chiuso una call con quelli della distribuzione. Secondo me Camerette ha un potenziale da 10.000 copie”.

Sul racconto di Rolando da cui il fumetto è tratto, la metto giù facile: tranquillo Antò, lui è un amico, possiamo stare tranquilli. Ma Antonio sostiene che è meglio regolare tutto, contratto anche a Rolando. Quello che non voleva lavorare, adesso vuole lavorare al doppio.

Non vado a cercare il mio basso in soffitta. Riprendo in mano il soggetto de “La fame”, ritocco il claim, “Di quanti peccati bisogna macchiarsi, per proteggere l’innocenza?” e, senza pensarci due volte, lo spedisco a Federico via email, anche il testo che lo accompagna lo scrivo di getto, se mi metto a pensarci non ne esco più: questa storia è perfetta per te, fidati, e potrei sceneggiarla io. Fammi sapere se ti piace.

23 giugno 2021

Stasera tennis, la mia schiena ha recuperato in fretta. Passo un’oretta a correggere gli accenti gravi e acuti nei balloon di Camerette prima di mettermi a leggere Yoga, non mi tiro mica indietro davanti al lavoro sporco, io.

A pagina 57 Carrère riporta un sutra che scolpisce uno dei pochi principi che credo di aver compreso e assimilato nella vita, compreso e assimilato così bene che mi capita persino di metterlo in pratica:

L’uomo che si ritiene superiore, inferiore o anche uguale a un altro, non capisce la realtà. 

Il sutra va a completare un trittico di frasi che ho trovato sulla mia strada e che tengo scolpite nella testa, variazioni attorno al medesimo tema. 

Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato. Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt’e due in una buca? (dal Vangelo di Luca)

Ho imparato a non sentirmi superiore a nessuno e a non permettere a nessuno di sentirsi superiore a me (questa è di Robert Smith, l’unico idolo che abbia mai avuto).

Una delle conseguenze pratiche di questo modo di pensare è presto detta: è inevitabile farsi delle opinioni sui comportamenti altrui, ma non bisogna cedere mai alla tentazione di fare il passo successivo, quello di esprimere un giudizio su chi quel comportamento l’ha tenuto, perché siamo ciechi rispetto alle ragioni del comportamento medesimo.

Applicazione ulteriore del trittico, è un costante esercizio a coltivare l’abitudine di separare i peccati dai peccatori, l’opinione dagli opinionisti. Sembra un tema da talk show televisivo (il politico di turno che risponde a un attacco non nel merito, ma tirando fuori uno scheletro nell’armadio dell’accusatore), ma è validissimo anche nell’ambiente domestico.

Ecco un esempio a caso, da un pomeriggio qualsiasi in casa mia.

Bimbo 2 ha fatto una cosa davvero tremenda che ora non ricordo più e mi è scappato uno schiaffo, uno schiaffo maldestro che gli ha fatto uscire il sangue dal naso. Rientrando a casa, mia moglie mi ha strigliato “ma che hai combinato? Impara a contenerti!” e io sono rimasto zitto, mica ho tirato fuori la strigliata che lei ha dato a Bimba 3 la settimana scorsa.

Qualche minuto dopo, mia moglie usa una brutta parola per rimproverare Bimbo 2, io le dico “dai, trattieniti” e lei mi risponde di getto “gli hai appena fatto uscire il sangue dal naso, non venirmi a fare la lezioncina”, come farebbe un politico qualsiasi. Evita di entrare nel merito del proprio comportamento, spostando l’argomento sulla mia purezza. E, così, non si fanno passi avanti.

Io separo, lei non separa.

Ma non voglio proporre una versione gratificante di me stesso, quello di riuscire a separare opinione da opinionista (e peccato da peccatore) è l’unico pregio che credo di poter vantare e so bene che si tratta di un pregio che ha un’altra faccia della medaglia, una faccia oscura.

Io non amo.

Non mi importa di nessuno.

Disegno tratto dal fumetto Blue Skin, di Gitrop (Ottocervo, 2022).

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Autore

mcotrona@minima.it

Maurizio Cotrona è nato a Taranto nel 1973. Esordisce nel 2006 con il romanzo "Ho sognato che qualcuno mi amava" (Palomar). Nel 2011 pubblica "Malafede" (Lantana, Premio Puglialibre come miglior romanzo) e nel 2015 "Primo" (Gallucci HD, vincitore del premio del gruppo GEMS “Io Scrittore”). Il suo ultimo romanzo è Il figlio di Persefone (Elliot edizioni, 2019). Co-direttore editoriale di "Ottocervo edizioni", è maestro della scuola di lettura per ragazzi “Piccoli maestri".

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