Questo pezzo è uscito su La Lettura del «Corriere della Sera».
L’era dell’accesso globale si dimostra molto spesso un’illusione costruita su un redivivo labirinto di Cnosso. Basti pensare che l’Occidente è venuto a conoscenza del più agghiacciante talk show televisivo mai prodotto solo a sei anni dalla sua messa in onda. È dal 2006 che “Interviste prima dell’esecuzione”, dell’Henan Legal Channel, è tra i programmi di approfondimento giornalistico più seguiti della Cina centrale. Anche quaranta milioni di spettatori nel prime time del sabato sera, quando Ding Yu, un’avvenente giornalista plurilaureata, intervista i condannati a poche ore dall’esecuzione. Con serietà e compostezza prende da loro informazioni su film e canzoni preferite. Poi l’affondo. Al dead man walking viene chiesto di riassumere i propri crimini, e Ding Yu non esita a biasimare l’intervistato con durezza: “è una fortuna che tu sia in galera per ciò che hai fatto. Sei un escremento”.
Pochi in Cina si scandalizzano per trasmissioni del genere. Intervistare un detenuto prima che venga fucilato viene considerato un corollario della peraltro condivisa pedagogia di Stato. “Ammazzare il pollo per spaventare le scimmie” è la versione ulteriore del “colpirne uno per educarne cento” del presidente Mao, fatta propria, da noi, dalle Brigate Rosse.
“Tutte le trame congiurano in direzione della morte” ripeteva Don DeLillo in Libra per mostrare come, più che la mente di un singolo killer, fosse un intero contesto a congiurare contro JFK dopo la Baia dei Porci. E tutto il contesto dei media di inizio XXI secolo congiura oscenamente per la morte della nostra intimità. A est come a ovest.
Nella Cina dei condannati alla fucilazione – come nella vecchia Europa descritta da Foucault – l’offesa all’autorità viene vendicata in pubblico, con la differenza che al supplizio del corpo si preferisce quello dell’anima attraverso la propria manifestazione più evidente: il logos.
Nell’Occidente permissivo delle interviste di “Quarto Grado” allo zio di Sarah Scazzi e degli stupri in diretta nell’edizione brasiliana del “Grande Fratello”, la morbosa invasività della tv è solo l’aspetto più visibile di un intero sistema comunicativo il quale, in tv come in Rete, nei talk show come nei social network come nel porno on line, punta a portare in scena quel poco che ne è rimasto fuori, a distruggere anche l’ultimo tabù. E poiché la morte è l’estremo tabù dell’Occidente, il volto serafico di Ding Yu riposa in latenza nel profondo dei nostri schermi.
I protagonisti di “Interviste prima dell’esecuzione” si dicono contenti, dopo l’isolamento del carcere, di finire sotto i microfoni di un canale televisivo.
Le nostre frustrazioni di cittadini liberi e il terrore di non esistere abbastanza a propria volta sono tali che a farci spogliare di ogni residua pudicizia è sufficiente il sospetto che dall’altra parte dello schermo ci sia qualcuno.
Da noi ci sono i delitti sanguinolenti di Bruno Vespa e di Salvo Sottile, le agnizioni hardcore della Vita in diretta, le lapidazioni dei piccoli truffatori di Striscia la Notizia, per non tacere del sado-maso consensuale tra giudici e concorrenti di X-Factor o di Sinead O’Connor che documenta via twitter le varie tappe del proprio tentato suicidio: protagonisti dell’osceno o semplici voyeur, cerchiamo sollievo proprio nell’antro del Minotauro.
Da oriente a occidente siamo cioè persuasi che la morte della nostra intimità davanti alla fragilità di un singolo rappresenti una tragedia, davanti alla tirannia del pubblico una semplice statistica.
ps Anche a causa delle le recenti polemiche, innescate da un documentario della Bbc, pare che il talk show sia stato da poco sospeso. La sua filosofia, e la sua estetica, sono tuttavia ovunque.
Nicola Lagioia (Bari 1973), ha pubblicato i romanzi Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare se stessi) (vincitore Premio lo Straniero), Occidente per principianti (vincitore premio Scanno, finalista premio Napoli), Riportando tutto a casa (vincitore premio Viareggio-Rčpaci, vincitore premio Vittorini, vincitore premio Volponi, vincitore premio SIAE-Sindacato scrittori) e La ferocia (vincitore del Premio Mondello e del Premio Strega 2015). È una delle voci di Pagina 3, la rassegna stampa culturale di Radio3. Nel 2016 è stato nominato direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino.
Ansia…..il televisore si ruppe e non più l’aggiustai….la filosofia migliore è altrove!
Aurora