Questo pezzo è uscito sul Fatto Quotidiano, che ringraziamo.
Una delle feste nazionali più importanti in Grecia cade il 28 ottobre. È il giorno del “Grande No”. Il No con cui Ioannis Metaxas nel 1940 rispose a Mussolini e alla sua pretesa di occupare militarmente il Paese. Nel nuovo millennio greco, invece, non esiste data più importante del 12 luglio 2015. La notte in cui Tsipras ha trasformato un altro “Grande No” in un drammatico Sì. La notte in cui l’attuale Premier sconfessò il risultato del referendum di una settimana prima in cui oltre il 60 per cento dei Greci aveva rifiutato il memorandum imposto dalla Troika, firmandone uno a condizioni ben peggiori del precedente.
La storia probabilmente ricorderà quella data come la fine della Primavera greca. Ma chi conosca bene il Paese sa che quel giorno si è perso molto di più. Non soltanto l’entusiasmo di una specie di vague che aveva fatto di Atene il centro del mondo occidentale, con tutte le speranze di cambiamento e nuove prospettive per l’intera Europa e il capitalismo occidentale tutto. Quel giorno i greci esterrefatti si sono ritrovati senza l’arma più grande con cui hanno vissuto la loro storia secolare: l’orgoglio.
Bisogna tenere a mente due fatti che, con la loro potenza ideale, formano il DNA del greco moderno. Innanzitutto la dominazione turca durata oltre quattro secoli. Eppoi l’indipendenza, raggiunta nel 1827 e coronata nel 1832 dall’istituzione di una monarchia imposta dalle grandi potenze che scelsero per Atene un re bavarese: Ottone di Wittelsbach. Un Paese dalla storia immensa fu dunque costretto a subire l’umiliazione di percepirsi come un Protettorato anche nel momento della più gloriosa indipendenza. L’orgoglio, tuttavia, ha continuato a formare il carattere greco. Il radicalismo antiamericano ne è stato una prova lampante nel secondo Novecento.
Oggi, quell’orgoglio è ferito a morte. Autore del crimine il politico di sinistra che per dar seguito alle promesse fatte a Bruxelles ha sconfessato tutte quelle fatte al popolo, lasciando al Paese solo il senso dell’offesa. I numeri con cui le analisi macroeconomiche sanciscono una presunta ripresa non possono raccontare questa offesa. Tanto violenta da annichilire le illusioni di ogni generazione e ogni credo politico.
Ricordo perfettamente l’entusiasmo trasversale dei giorni che precedettero quel 12 luglio. Erano in pochi a non sentirsi fieri di poter di nuovo offrire una via all’Europa. Anche chi aveva votato Sì partecipava con speranza. Ricordo uomini e donne storicamente conservatori improvvisamente rapiti dal fascino di Yanis Varoufakis, massima incarnazione del No greco alla Troika. Notoriamente, nulla è peggio dell’umiliazione di un popolo orgoglioso nel momento della sua massima speranza.
Quel che è venuto dopo infatti è stata la disillusione più profonda che ha conquistato tutti i segmenti sociali e politici del Paese. Una perdita di prospettive radicale come potrebbe solo il radicalismo greco. La scorsa primavera, Atene ha accolto dOCUMENTA 14 la più grande manifestazione di arte contemporanea in Europa per la prima volta uscita dai confini di Kassel per “imparare da Atene”, come recitava lo slogan. Ma si trattava di uno slogan forgiato prima del luglio 2015. Quel che s’impara da Atene in questi anni è semmai la frustrazione di chi è stato irriso, umiliato e calpestato per dimostrare la forza di un’Europa di cui nessuno cura più l’anima.
Matteo Nucci è nato a Roma nel 1970. Ha pubblicato con Ponte alle Grazie i romanzi Sono comuni le cose degli amici (2009, finalista al Premio Strega), Il toro non sbaglia mai (2011), È giusto obbedire alla notte (2017, finalista al Premio Strega), e il saggio narrativo L’abisso di Eros (2018). Con Einaudi ha pubblicato traduzione e commento del Simposio di Platone (2009) e i saggi narrativi Le lacrime degli eroi (2013), Achille e Odisseo (2020), Il grido di Pan (2023). Per HarperCollins sono usciti il romanzo Sono difficili le cose belle (2022) e il saggio narrativo Sognava i leoni. L’eroismo fragile di Ernest Hemingway (2024). I suoi racconti sono apparsi in riviste, antologie e ebook (come Mai, Ponte alle Grazie 2014), mentre i reportage di viaggio e le cronache letterarie escono su La Stampa e L’Espresso. Cura un sito di cultura taurina: www.uominietori.it

Quando arriva il pezzo in cui ci dice cosa succede ad Atene?
Nessuno ci dice però cosa sarebbe successo se avesse vinto Varufakis. Una delle due: o Tzipras era ricattato dalla Merkel che teneva in ostaggio la sua famiglia, oppure Tzipras è completamente rincoglionito
Credo che se la sinistra europea avesse avuto una visione internazionale e avesse perlomeno battuto colpo, Tsipras avrebbe avuto il coraggio (o per lo meno l’opportunità) di prendere altre decisioni.
Quanto leggo di qualcuno o qualcosa che non ha rispetto dela Grecia e dei Greci, inevitabilmente non riesco a non stupirmi dapprima, per poi indegnarmi e soffrire, specialmente se il soggetto di ciò sia un figlio d’ Europa. Di questa tristissima vicenda mi indegno poi, perchè i tedeschi l’hanno sempre amata la Grecia almeno da Schliemann in poi. Di queste tristi vicende non tutti si resero subito conto e sento ancora dire che la colpa sia della cattiva autogestione dei Greci della loro politica. Anche di recente qualcuno se n’è uscito con questa espressione. Forse che nessuno si sia reso conto di cosa è accaduto?
Oggi si celebra la festa della mamma una festa commercializzata ed inventata dal mercato e proprio inquesto giorno come figlia della Gracia, mi dispiaccio ancor più per quanto è stato fatto e si continua impunemente a fare nei confronti della madre-patria. Parlo come avrebbe fatto un polites della Megale Hellas alzando un piccolo grande grido contro i terribili autori del tradimento.
Rimane comunque impossibile che la memoria storica di un paese straordinario , possa cancellarsi impunemente.