Questo articolo è apparso sul Sole 24 Ore


Nella primavera del 1960 un signore dal nome ispanico osserva due quadri, piuttosto simili, appena messi al mondo da un suo giovane amico, un grafico pubblicitario quasi albino e con una dedizione quasi sconvolgente alla missione di trasformarsi in artista. Il primo raffigura il marchio della Coca-Cola, bianco su sfondo rosso, ma completamente slavato da pennellate espressive, emozionali, memori dell’esperienza canonica del decennio ormai concluso, ovvero l’espressionismo astratto. Il secondo quadro, invece, rappresenta il marchio della Coca-Cola esattamente come lo si conosce, senza interventi d’autore, pura icona priva di sconti soggettivi. Il signore dal nome ispanico, Emile de Antonio, un regista e connoisseur intellettuale newyorkese, si avvicina al giovane amico, Andy Warhol, e gli dice: «dovresti distruggere il primo e mostrare il secondo. È il nostro tempo, la nostra società, ed è così nuda, e bellissima».

Come si fa a non essere ossessionati dai grandi istigatori? Come si fa a non pensare a Emilio Villa, il poeta inventore di idiomi che ha soffiato sul lavoro di Burri e Fontana come la riproduzione di una divinità ancestrale soffierebbe sulla riproduzione di un organo ancora perfettibile? Come si fa a non ricordare l’esempio folgorante di Delmore Schwartz, che dopo aver impressionato la comunità letteraria con il suo esordio, nel 1942, ha disceso la china esistenziale diventando alcolizzato, morendo infine su una panchina – ma non prima di aver inoculato nella mente di Saul Bellow il proprio calco, la figura che diventerà protagonista di uno dei suoi capolavori, Il dono di Humboldt. Per non parlare del pallido studente che seguendo i suoi corsi di poesia alla Syracuse University aveva pensato di poter cambiare la storia culturale del secolo, diventando il leader dei Velvet Underground e il Lou Reed che tutti conoscono. Gli irregolari sono le mosche ispiratrici del canone artistico: ronzano attorno ai corpi vivi di un’opera ancora in formazione ma capace di grande promessa, come Emilio Villa in un testo su Mimmo Rotella, che aveva spinto a lavorare sui (poi) celebri manifesti pubblicitari strappati: «Faremo quadri con tutto, con tutta la materia del mondo, magari con succo di carrube, con scorze di stirace, con porpora fenicia e incenso d’Ismaele, magari con il convulvulus scoparius linnaei, regalando ai nostri nonni le congetture misere del tubetto». «Il futuro si fonderà sulle riserve invisibili», glossava verso la fine della propria vita Giuseppe Pontiggia: forse le riserve invisibili siano anche quelle costituite dalle traiettorie di pensiero che hanno caratteristiche anomale, difficilmente accettate dalla stolida contemporaneità, coraggiose per eccesso di generosità, generose per eccesso di coraggio.
Si tratta di un fronte rispetto al quale la contemporaneità emette segnali diversi e intriganti. Mentre al Museo del Castello di Rivoli s’inaugura una serie di incontri performativi dedicati alle figure che hanno segnato la dialettica tra poesia e arte, a partire proprio da Emilio Villa, esce in Inghilterra la riedizione di un volume intitolato The Pen is the Sister of the Brush (Steidl, Hauser & Wirth), che raccoglie tutti i frammenti poetici e i testi sparsi di una delle più straordinarie creatrici di immagini del nostro tempo, la pittrice Maria Lassnig, tutto incentrato sulla relazione di mutua tensione fra gli eventi del linguaggio e gli eventi della figurazione; in Italia è appena stato tradotto Andy Warhol del filosofo Arthur C. Danto (Einaudi, euro 22), uno smilzo volume ricco di storie e idee che proprio che proprio all’influenza di Emile de Antonio sull’autore delle Campbell Soup dedica riflessioni e ombre.
Tutti gli esempi fatti finora sono pienamente novecenteschi. Come proiettare l’esempio irregolare del dialogo fecondo fra letterati e artisti, nel secolo che stiamo iniziando ad attraversare? Si può cominciare analizzando le due sponde di questo processo. Dal lato del cosiddetto sistema dell’arte, se è vero che un talento di proporzioni storiche di rado passa inosservato a lungo, tanto è ramificato il setaccio di istituzioni biennali riviste gallerie forum che si adagia sul pianeta, è altrettanto vero che il privilegio economico – un apartheid al contrario, globalizzato e ineludibile, che sembra far di tutto per confinare gli insiders in una sfera soffiata al vetro della finanza, impedendo un’impollinazione radicale dall’esterno, aldilà della retorica e delle buone intenzioni. Dall’altra parte, sulla costa dell’utopia, come la definirebbe Tom Stoppard citando Herzen, allignano i letterati, i poeti, i narratori divisi a metà fra le nazioni indiane dell’irrilevanza e le sirene delle classifiche viste come soli arbitri. Chi sono, e cosa fanno gli irregolari di oggi, in questa trappola virtuale orfana di idee fortissime, annacquata alla luce ambigua di ogni alba di secolo? Vivono rifiutando entrambe le opzioni, da creature ostinate e proteiformi: sostituiscono il metodo con i tic conoscitivi ossessivi, alimentano un mondo interiore in cui nessuna variazione sia prevedibile, provando a contraddire la maestria del marketing e dei suoi bisturi. Accampano il proprio impero nelle aree di confine. Amano suggerire, più che costruire. Vivono molte vite, tutte insieme, in segreto ma anche in pubblico. Innamorati dell’onniscienza, vorrebbero sottrarla alla tecnologia, se non fossero innamorati anche di quella. Non credono nella sprezzatura. Nutrono fede in ciò che fanno – sapendo che è meno scontato di come sembra. Soffrono di una curiosità che li porta alla disperazione, ma non smettono. Il naso degli irregolari aspira nel mondo di oggi le spore del futuro.

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gianluigi.ricuperati@gmail.com

Gianluigi Ricuperati è uno scrittore e saggista italiano. Nel 2006 ha pubblicato Fucked Up per Bur RCS e ha curato, insieme a Marco Belpoliti, la prima monografia mai dedicata al disegnatore Saul Steinberg. Nel 2007 Bollati Boringhieri ha pubblicato Viet Now – la memoria è vuota. Ha scritto un testo pubblicato ne Il corpo e il sangue d'Italia. Nel 2009 è uscito La tua vita in 30 comode rate (ed. Laterza). Attualmente collabora alla Domenica del Sole 24 Ore ed è corrispondente speciale per la rivista Abitare. Da gennaio 2010 dirige Canale 150 - gli italiani di ieri raccontati dai protagonisti di oggi - iniziativa per la celebrazione dei 150 anni dell'Unità d'Italia sostenuta dal Comitato Italia 150 e da Telecom Italia. Dal 2010 è curatore del Castello di Rivoli - Museo d'Arte contemporanea. Ha scritto di spazi e architettura per Domus, ha collaborato alle pagine culturali de La Stampa e D di Repubblica. Scrive di musica per Rumore e Il Giornale della musica. È stato consulente editoriale per Alet Edizioni. Nel 1999 ha tradotto per la casa editrice Einaudi The Wild Party, testo di Joseph Moncure-March, illustrato da Art Spiegelman (ed. Einaudi Stile Libero, 1999). Nel 2007 e nel 2008 è stato, con Stefano Boeri, co-direttore di Festarch, festival internazionale di Architettura a Cagliari. Durante la prima edizione di Festarch ha svolto un dialogo pubblico su 'architettura e letteratura' con l'architetto olandese Rem Koolhaas. Nel 2009 è, con Stefano Boeri e Fabrizio Gallanti, co-direttore artistico di Urbania a Bologna. Collabora con Fondazione CRT e cura una collana di volumi di architettura e narrazione.

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