Editor, traduttore e scrittore, una passione per la musica che lo ha portato ad aprire una casa discografica, Simone Caltabellota è (assieme a Francesco Pedicini, Flavia Piccinni e Gianni Miraglia) tra i fondatori di Atlantide, casa editrice nata nell’autunno del 2015. Alla base c’è un’idea per così dire di ecologia editoriale: pubblicare dieci titoli l’anno, in copie numerate e con un processo distributivo peculiare (chiunque lavori nella filiera editoriale o l’abbia studiata un minimo sa che la distribuzione è uno dei perni del sistema, probabilmente quello più delicato).

Cinque anni sono un tempo senz’altro buono per guardarsi indietro: ho chiesto a Simone di tracciare un bilancio, su una distanza media.

Quali erano le speranze – e i timori – che avevate quando l’avventura di Atlantide è partita?

La prima speranza era che dopo cinque anni ci saremmo stati ancora, direi, e il timore, forse, è che ci saremmo stati ancora ma senza lo stesso divertimento, senza lo stesso amore. Beh, fortunatamente non solo ci siamo, ma ci piace parecchio quello che stiamo facendo! Nel frattempo a Flavia Piccinni, Francesco Pedicini, Gianni Miraglia e me, che ci siamo fin da quando Atlantide agli occhi del mondo – ma non per noi – era ancora solo una ambiziosa fantasticheria, si sono aggiunti vari compagni di strada; con alcuni avevamo avuto già modo di collaborare in passato nelle nostre precedenti esperienze editoriali, altri, come Sebastiano Nata (Gaetano Carboni) li abbiamo conosciuti in questi anni e siamo felici che siano arrivati. Credo che una squadra con tali differenti competenze sia veramente un unicum nel panorama editoriale italiano.

Ci racconti le peculiarità di questa casa editrice, per chi non le conoscesse?

Mi viene da rispondere: facciamo solo libri bellissimi e assolutamente rilevanti. Bellissimi e assolutamente rilevanti, si intende, innanzitutto per noi che scegliamo di pubblicarli e di dedicare loro cura, tempo, passione e visione. Questa è la peculiarità più importante. Il resto viene dopo, e spesso viene bene, fortunatamente.

Il vostro modello di distribuzione è fortemente caratterizzato, particolare. Pensi che sia una strada percorribile anche da altri editori?

Sì, credo proprio di sì, del resto sta già succedendo. Di fatto in questi anni abbiamo creato un vero e proprio modello editoriale e distributivo, che può essere replicato e adattato a esigenze anche differenti dalle nostre. In un certo senso quanto abbiamo fatto e stiamo facendo con Atlantide è anche mostrare che a un progetto editoriale lontano dalle consuetudini a cui il mercato è abituato può e anzi deve corrispondere una maniera altrettanto lontana dalle convenzioni quanto al modo di far arrivare i libri ai propri lettori ideali (e quindi, dopo,  anche a tutti gli altri).

A questo proposito, volevo anche chiederti cosa avviene quando acquistate un titolo dall’estero: gli autori e gli agenti si sono dimostrati sempre favorevoli a questo tipo di approccio?

Sì, fin dai primi titoli acquisiti non abbiamo avuto nessuna particolare difficoltà, sia per ciò che riguarda autori italiani che stranieri. D’altronde in un momento storico come questo che stiamo vivendo (e non mi riferisco solo al presente, ma a un periodo che per l’editoria è iniziato almeno da una decina di anni), per molti libri è sicuramente più importante il modo in cui vengono pubblicati e accompagnati che non il numero di copie della prima tiratura.

Dicevamo degli autori usciti con Atlantide, da Nada Malanima fino a Matteo Trevisan o una delle ultime scoperte, NaoiseDolan con Tempi eccitanti. Esiste un filo conduttore che lega le vostre scelte editoriali?

Certo. Mi piace l’idea che ogni titolo pubblicato in Atlantide sia in un certo senso in dialogo con gli altri, e che tutti insieme creino un disegno, una direzione che prosegue nel tempo verso qualcosa, credo, qualcosa che noi per primi ci meravigliamo di vedere ogni volta. Sì, è così, non saprei come dire meglio rispetto a ciò che collega i libri che pubblichiamo.

Probabilmente il fiore all’occhiello del catalogo resta L’estate che sciolse ogni cosa di Tiffany McDaniel: vi aspettavate il buon successo ottenuto dal libro?

Lo speravamo. Sì. E’ un libro talmente bello, potente, assoluto, per molti versi, che meritava, e merita, il successo che sta avendo, che, mi piace ricordare, è dovuto anche al passaparola di librai e lettori. C’è da aggiungere poi che siamo stati la prima casa editrice al mondo a pubblicare i romanzi successivi di Tiffany, tanto che il suo secondo romanzo (da noi Il caos da cui veniamo, in America, Inghilterra e Francia Betty) è uscito da pochi mesi negli altri paesi – diventando un bestseller internazionale – mentre Atlantide lo ha pubblicato quasi due anni fa.

Quali sono invece altri titoli a cui sei particolarmente legato?

Ogni titolo di Atlantide ha una storia che è diventata parte della mia storia personale, però credo che la casa editrice non esisterebbe, o comunque non esisterebbe così, se non ci fossero stati nel primo anno di vita libri come Ritratto di Jennie di Robert Nathan, L’outsider di Colin Wilson e Leonida di Nada Malanima. Ecco, quando abbiamo pubblicato Leonida ho avuto la conferma che non dovevamo mettere limiti al nostro progetto.

Credi che in quest’anno così complicato un modello come quello scelto da Atlantide sia stato un vantaggio o un limite?

Difficile a dirsi, però è vero che le librerie fiduciarie di Atlantide, per lo più indipendenti, hanno continuato a consigliare i nostri libri con grande convinzione e questo credo abbia premiato sia noi che loro, perché i nuovi lettori che si sono accostati ad autori come Tiffany McDaniel, Matteo Trevisani, Margherita Loy o Anne Griffin (il cui bellissimo Quando tutto è detto abbiamo pubblicato a maggio, proprio in mezzo alla prima ondata) ne sono rimasti conquistati. E poi, quando a luglio abbiamo iniziato l’imprint Blu Atlantide –diffondendolo, a differenza de I libri di Atlantide, in tutti i canali tradizionali – ulteriori nuovi lettori ci hanno scoperto e si sono appassionati ai nostri libri.

Uscendo un attimo da Atlantide: come professionista dell’editoria, quale direzione sta prendendo un settore di cui ben conosciamo le difficoltà per così dire “storiche”? L’annunciata morte del libro ad oggi sembra essere scongiurata, ma cosa vedi all’orizzonte?

La morte del libro, come quella del rock’n’roll, è stata annunciata talmente tante volte che ne abbiamo perso il conto ormai. Quello che vedo all’orizzonte però è una trasformazione, potenzialmente radicale, delle modalità di promozione e distribuzione. Chi ne sta risentendo  di più nell’immediato sono le cosiddette catene librarie, ma certo è in atto un cambiamento profondo che coinvolge tutti noi che facciamo libri e li amiamo.

 

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Autore

gavroche1983@yahoo.it

Liborio Conca è nato in provincia di Bari nell'agosto del 1983. Vive a Roma. Collabora con diverse riviste; ha curato per anni la rubrica Re: Books per Il Mucchio Selvaggio. Nel 2018 è uscito il suo primo libro, Rock Lit. Redattore di minima&moralia.

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