Pubblichiamo un estratto dal Lunario di Braccia Rubate, uscito per Nottetempo, che ringraziamo. Sono i testi che nel volume accompagnano il mese della luna del cacciatore, a cavallo fra ottobre e novembre del 2026.
Barbara Bernardini e Maria Claudia Ferrari Bellisario, che hanno curato il libro, presenteranno il Lunario questa sera alle 19 presso lo
Spazio Supernova, a Roma, in dialogo con Carola Susani.

di Barbara Bernardini e Maria Claudia Ferrari Bellisario

La luna e la terra

C’è una sfida giocosa per questo periodo dell’anno: piantare i bulbi da fiore. Di tulipani, di crochi, di giacinti, di narcisi: che sia in vaso o in giardino, nostro o di altri (a loro insaputa!), o in spazi di nessuno, nei terreni abbandonati, nelle aiuole di una fabbrica chiusa. Qui qualcuno ha piantato degli iris lungo la provinciale, e ora si propagano, esplodono in viola e giallo ad aprile, conquistando ogni anno un metro in più.

Il gioco sta tutto qui: scavare delle buche, mettere i bulbi a terra, e poi dimenticarsene. A primavera, quando non ci staremo più pensando, con un po’ di fortuna da alcuni di questi bulbi spunteranno le prime foglie e poi i fiori stupendi, con un po’ di fortuna in più fioriranno tutti, con meno fortuna ne spunterà uno solo, dove meno ce lo aspetteremo, ma la sorpresa sarà comunque grandissima.

Su quale sia la luna più adatta non sono tutti d’accordo: c’è chi dice che i bulbi, creature sotterranee, siano adatti alla luna calante; altri dicono che se vogliamo le fioriture più belle la luna giusta è quella crescente. Io direi di mettersi precisamente a metà e farlo con il plenilunio: siccome cerchiamo una piccola magia, facciamola di notte, con la luce lunare.

Luna crescente

Novilunio 10 ottobre ore 17:50

La luna nuova di questo mese arriva nel giorno – e pressappoco anche nell’ora – del mio compleanno. Mi è sempre piaciuto, come periodo: l’autunno sta cominciando davvero, i tramonti sono più belli, l’aria più fresca, le chiome degli alberi si fanno rosse, arancioni e dorate, c’è questo senso di nostalgia luminosa nell’aria, di addio all’estate e preparazione all’inverno. Un mese, e una luna, di sangue e di streghe, di oscurità che cresce, di venti che si alzano, ancora caldi e polverosi. Un periodo che dà il via alla decadenza, in cui è lecita una certa tristezza dolce, lenta e ariosa, dopo l’ebbrezza estiva e la progettualità quasi forzata di settembre: questa luna che ci accompagna fino ai primi di novembre segna i ventinove giorni che preferisco in assoluto sui trecentosessantacinque dell’anno.

Le foglie che cadono, le piante annuali che ormai hanno completato il loro ciclo, come certe passioni estive, finiscono a terra, dove, in un lungo processo che attraverserà autunno e inverno, diventeranno humus e nutrimento per la vita a primavera.

È un modo interessante di guardare le relazioni che finiscono, i lavori che lasciamo o che perdiamo, le fasi della vita che si concludono, le morti e gli abbandoni e le sparizioni e le chiusure lente ed evanescenti e quelle improvvise e drastiche. Al netto di quanto le similitudini a tema botanico siano sempre da prendere con le pinze, questa non è solo un’immagine evocativa ma anche un sentire: la dolcezza triste dei rami che si spogliano possiamo applicarla alle nostre perdite, se non per renderle meno dolorose, almeno per trovare un’indulgenza verso di noi e una comprensione verso gli altri. Chiedermi cosa diventerà ciò che ho perso, in che modo potrà essere nutrimento per il nuovo che mi aspetta, dove comincia il lavoro di trasformazione per renderlo materia fertile e non solo pungolo lancinante. Smetterla di indagare dove siano stati i miei errori, perché forse non si impara né dal dolore né dagli errori, di sicuro non dal senso di colpa per averli commessi, piuttosto provare a comprendere che tutto finisce e muore e tutto però, anche, si trasforma e torna alla vita – come ricordo, come nutrimento, come materia organica vibrante pronta ad accogliere semi.

Atlante delle trasformazioni

Tieni pure fuori le grandi perdite, volendo, per partire da quelle più piccole, non meno significative alle volte, e che in qualche modo ti hanno trasformato, cambiando anche solo una piccola abitudine: quella collega di un lavoro precedente che hai perso di vista, cosa ti ha lasciato? Magari ha spostato, di tanto o di poco, i tuoi gusti musicali. Il coinquilino che ti ha insegnato un nuovo modo di cucinare una zuppa, la vicina della tua casa precedente, il panettiere che poi è andato in pensione, o la giornalaia del vecchio quartiere. E poi non solo gli umani: quel cedro libanese che è stato tagliato è riuscito forse a regalarti un nuovo sguardo sugli alberi. Il tragitto in tram che facevi prima di cambiare percorso mattutino potrebbe aver modificato l’idea che hai della città. Pensa a una cosa che hai perso di cui però ti rimane il cambiamento che ha provocato in te. Raccontalo qui, e poi se te ne vengono alla mente altre costruisci il tuo atlante delle perdite e delle trasformazioni.

Primo quarto 18 ottobre ore 18:13

Le Cœur sur la table è stato un podcast prima, e un libro poi, di Victoire Tuaillon in cui, come dice il titolo, la giornalista prova a mettere il cuore sul tavolo. A indagare le forme di amore e affettività, a considerare le nostre relazioni come piante di cui prendersi cura, certo, ma che possono crescere e prosperare solo se il terreno in cui affondano le radici è sano e fertile. E il terreno su cui crescono le nostre relazioni sono i modelli sociali e culturali in cui viviamo e a cui crediamo, la collettività che sappiamo costruire e le oppressioni che decostruiamo, il dialogo, l’apertura e le possibilità che ci diamo.

In Italia il podcast è arrivato grazie all’associazione Vanvera, che ha curato anche un progetto editoriale poi diventato il libro Il cuore scoperto. Per ri-fare l’amore, dove oltre ai testi di Tuaillon ci sono interviste ad attiviste, scrittrici, ricercatrici, e interventi a cura di librerie, associazioni, collettivi. Una vera rete che, come quelle micorriziche, è fatta di scambi e mutuo arricchimento, e può estendersi e allargare la propria influenza anche in nuovi terreni.

C’è una cosa che suggerisce Tuaillon da cui nasce l’idea per l’atlante di questo mese – spero tu lo stia continuando! – e cioè che una relazione che finisce a volte diventa compost per il terreno su cui nasceranno le altre. Non importa se una relazione che abbiamo coltivato, di cui ci siamo presi cura come fosse una pianta, muore: a volte è un destino inevitabile, a volte è proprio il suo ciclo di vita. L’importante è prendersi cura del suolo su cui è cresciuta, perché rimanga fertile per i prossimi amori, amicizie e affetti che semineremo. L’ho già detto, nutro un certo sospetto per metafore e similitudini a tema botanico, ma questa mi pare estremamente efficace, anche perché parte da un’idea che è importantissima e su cui si fondano tutte le pratiche di agricoltura rigenerativa: che il vero obiettivo non è coltivare ortaggi per una stagione, ma coltivare il suolo su cui crescono, prendersi cura della sua fertilità, dell’incredibile ecosistema che si nasconde sotto la superficie. E questo terreno di coltivazione, se parliamo di relazioni affettive, possiamo guardarlo da due punti di vista: uno, collettivo, che è fondamentale, che richiede un lavoro politico, educativo, culturale da fare insieme; l’altro, individuale, dove il terreno di cui prendersi cura, a cui prestare attenzione è il nostro cuore. Perché il suolo ci sembra solo qualcosa su cui camminare, da calpestare, su cui costruire, da seminare, arare, regolare, ma è invece un ecosistema complesso, fondamentale, intessuto di un fitto e in gran parte sconosciuto intreccio di vite, un cuore scoperto e da scoprire, che conservi il coraggio della sensibilità e della fertilità, del tutto esposto ai semi che arriveranno, che accolga e non si nasconda.

In dispensa    Funghi

Le ultime pere e mele, melograni, cachi, kiwi, radicchio, cardi, finocchi, e poi chiaramente le zucche, vero simbolo del periodo: di frutta e verdura di stagione ce n’è in abbondanza. Ma non sono solo orti e frutteti a rifornire le dispense: con la luna del cacciatore c’è chi va per boschi senza armi al seguito e con intenti meno violenti, come i raccoglitori di funghi, che in questo periodo – umido e con temperature ancora tiepide – sanno che troveranno porcini, chiodini, piopparelli, mazze di tamburo e un’infinità di altri funghi. Come le trombe dei morti, che raccoglieva mio nonno e tutti in famiglia guardavano con sospetto e non solo per il nome: sono piccoli funghi a forma di cornucopia, di colore nero-violaceo, basta guardarli per sentire suonare le trombe dell’apocalisse, ecco.

I funghi in generale sollevano timori – ed è un bene, perché molti sono velenosi e quasi tutti, in varia intensità, tossici, quindi procedere con cautela e mangiare solo quelli riconosciuti da un esperto è fondamentale – e a molte persone non piacciono per via della consistenza molle, in certi casi spugnosa, e perché ci sono totalmente estranei, sono esseri viventi multiformi, dalle singolari, e in gran parte ancora sconosciute, abilità.

Inizialmente classificati come piante, hanno ormai un regno tutto loro, quello dei miceti, a cui appartengono anche muffe, lieviti, patogeni per piante e animali, dagli organismi unicellulari e molto semplici a quelli più complessi. I funghi che usiamo in cucina sono macromiceti, la parte che raccogliamo e consumiamo è una sorta di frutto – a rigore: il carpoforo o sporoforo –
mentre il vero fungo è costituito dal micelio sotterraneo, con il suo reticolo di ife, lunghissime radici filiformi che possono estendersi per chilometri, intrecciandosi e scambiando sostanze nutritive con le radici degli alberi.

In questa loro simbiosi sotterranea con le piante, e per via del lavoro di decomposizione che operano nutrendosi della materia organica a disposizione, i funghi sono una parte fondamentale del processo di trasformazione in nuova vita di ciò che è morto: sarà anche questa loro stretta relazione con il mondo dell’aldilà, questo vivere e prosperare sulla soglia, che ce li fa guardare con sospetto, o forse è solo l’aver visto tutte le stagioni di The Last of Us, serie tv nata dal videogioco omonimo, in cui a far precipitare l’umanità allo stato di zombie sono dei funghi che si appropriano di corpi e cervelli. Nella realtà esistono funghi in grado di farlo con le formiche e altri insetti, al momento nessuno con gli umani, ma insomma: chi lo sa come potrebbe andare prossimamente.

Di sicuro i porcini al momento non hanno aggredito nessuno: piuttosto sono tra i cibi più buoni al mondo, dal profumo inconfondibile, dal gusto pieno di bosco. In questo periodo si trovano ancora gli ovoli, o Amanita cæsarea, dove l’aggettivo “cesareo” sta a significare quanto sia un fungo imperiale per delicatezza e bontà: somigliano davvero a delle uova, che spuntano con un guscio sottilissimo e bianco da cui emerge poi il fungo vero e proprio, che ha un cappello arancio vivo. È bellissimo. Ha parenti velenosi, che gli somigliano molto, tant’è che viene chiamato anche ovolo buono per distinguerlo dagli altri che così buoni non sono. Come i porcini, gli ovoli possono essere consumati anche a crudo – anzi, se si avesse la fortuna di trovarne di freschi e sodi, appena raccolti, sarebbe quasi un affronto cucinarli – oppure grigliati, stufati in padella anche solo con olio e aglio, pastellati e fritti, rosolati, utilizzati per condire la pasta, come base del risotto, nelle zuppe – le zuppe! Le zuppe coi funghi! Dritte in cima alle meraviglie più confortevoli, consolatorie, romantiche, profumate di sempre!

I funghi sono anche un perfetto ingrediente per dare gusto al brodo in sostituzione della carne: ne viene fuori un fondo scuro, aromatico, profondo, perfetto per dei tortelli dal ripieno di verdure; lo sanno bene i giapponesi che per il dashi utilizzano soprattutto gli shiitake, ma se vuoi provare anche con dei semplici champignon coltivati vedrai che sarà una sorpresa.

Luna calante

Plenilunio 26 ottobre ore 05:12

L’autunno è una stagione che ci induce a rallentare, a scendere in profondità, a compiere un movimento verso l’interno e verso la terra, un po’ come le foglie degli alberi che iniziano a cadere e che ci fanno camminare su un tappeto dalle diverse sfumature, rosse, gialle, arancioni. Secondo la Wicca e le tradizioni neopagane questo plenilunio è detto luna di sangue, sia perché la luce del tramonto rende rossa la luna sia perché corrisponde al periodo in cui venivano macellati gli animali per fare scorte di carne per l’inverno. Questo momento dell’anno è in molte culture associato al tema della morte e al dialogo con l’aldilà.

Ci avviciniamo infatti alla festa di Halloween, di origine anglosassone, dove con travestimenti spaventosi si cerca di esorcizzare la paura dell’ignoto e dell’oltretomba. O, secondo la tradizione celtica, alla festa di Samhain quando il 31 ottobre si chiude il ciclo del raccolto e inizia la stagione fredda e buia, simbolo di fine ma anche di rinnovamento. Il 2 novembre sarà per i cattolici il giorno di commemorazione dei defunti, la festa dei morti che in Messico viene celebrata con sfilate colorate e banchetti, non solo con preghiere e visite al cimitero. Ogni tradizione rammenta che la morte fa parte del “gioco della vita”; accettarla invece di crederci immortali, di affannarci per frenare l’invecchiamento o evitarne anche solo il pensiero, ci permette di vivere con maggiore consapevolezza e sacralità il presente. È un rito di passaggio che non si può proprio ignorare e che chiede a tutti, indistintamente, se siamo disposti a credere oppure no all’anima, se siamo disposti a credere che ci sia qualcosa che sopravvive quando il corpo fisico non è più qui. Prepariamoci a questi giorni, in cui la soglia tra mondo dei vivi e mondo dei morti si fa più sottile con una meditazione dedicata, per onorare i nostri morti, lenire il dolore della separazione e lasciarli andare con gratitudine, perché, come suggeriva Gurdjieff, sia dato ai morti il giusto riconoscimento, ma limitato, affinché non invadano la nostra vita.

Saluta gli antenati e supera la paura della morte

Siedi in posizione semplice con la schiena dritta, oppure su una sedia con le piante dei piedi a terra. Stendi le braccia verso l’alto e con le mani fai il gesto del saluto.

Immagina di vedere una nave, su cui ci sono i tuoi parenti, che sta mollando gli ormeggi. Stai indirizzando a ognuno di loro un gesto di saluto carico di affetto. Stanno partendo alla volta di un luogo gioioso, un luogo oltre la morte. Non li rivedrai. Adesso hai l’occasione di inchinarti a loro, di salutarli con la mano, di dare loro tutto l’amore che puoi dare. Saluta con le mani tutti i tuoi antenati e gli antenati dei tuoi antenati. Saluta tutti. Immagina una nave meravigliosa, d’oro e d’argento, costruita con amore. Ogni tuo parente ci sale sopra e tu li saluti tutti con la mano. 

Cerca di sorridere mentre lo fai. Vibra mentalmente: “Addio. Vi voglio bene. Un giorno verrò lì anch’io”.

Prosegui per 2 minuti.

Ultimo quarto 1° novembre ore 21:28

Mentre i cristiani celebrano la festa di Ognissanti, ricordandoci che la “santità” è una vocazione universale, nel senso che tutti siamo chiamati a seguire una “strada di bene” nella nostra vita – che può significare rispetto, lealtà, amore, compassione, lotta contro le ingiustizie e le discriminazioni e tutto ciò che ciascuno sente come bene per sé e per gli altri –, possiamo considerare la possibilità di un cambiamento, sostenuti dall’energia della fase calante, in questa stagione particolarmente propizia alla solitudine, alla contemplazione, a quel “non agire”, necessario prima di ogni decisione importante.

Adoperarsi per il proprio bene (e di fatto anche per quello altrui, seppure non evidente nell’immediato), significa riconoscere onestamente cosa fa per noi e cosa no: non tradire le nostre origini, il nostro essere, ma autodeterminarsi per quello che siamo veramente.

Vi consiglio a questo proposito un piccolo, prezioso racconto lungo, l’unica opera compiuta di Dolores Prato, un gioiello di scrittura e poesia. Scottature già nel nome racchiude un simbolismo particolare: scottatura non è solo quella che la giovane protagonista prende nel suo primo, e indimenticabile, giorno di mare, le “scottature” sono le delusioni, le ferite emotive, le difficoltà incontrate durante il suo percorso di emancipazione, le esperienze dolorose della crescita e del divenire donna a modo suo, contro le aspettative altrui e le convenzioni sociali. È la realtà del mondo che “scotta”, che lascia una traccia sensibile sulla nostra pelle quando decidiamo di cambiare, di andare controcorrente, di trasformarci seguendo la nostra natura. Cresciuta in un convento, invece di diventare suora o sposare un uomo e mantenersi timorata di Dio la protagonista sceglie un percorso diverso: studia all’università, sviluppa una spiritualità tutta personale – bellissima la scena in cui la gioia di vedere il mare si tramuta in pace, poi in un desiderio di bontà infinita, infine in una preghiera di fronte all’acqua sotto le stelle –, non diventa moglie di nessuno e rifiuta ogni imposizione esterna. Le scelte, quando sfidano le speranze altrui e i percorsi già tracciati – lo abbiamo sperimentato tutti, credo – possono essere difficili e dolorose, ma quel tipo di trasformazione genera una consapevolezza di sé e una sensazione di libertà e autenticità impagabili. Dunque, se in questo periodo oscilli e tentenni di fronte a un cambiamento, piccolo o grande che sia, prova a stare nell’incertezza, attraversala, prenditi il tempo per riflettere senza impazienza, allenati al cambiamento nel silenzio, nell’ascolto, osservandoti. È probabile che ne valga la pena, più che rimanere nella condizione attuale che per quanto sicura, abituale e socialmente riconoscibile, forse non è davvero in linea con quello che sei.

Letture del cacciatore

⋆ Roberto Calasso, Il Cacciatore Celeste, Adelphi, Milano 2016

⋆ Georgi Gospodinov, Il giardiniere e la morte, trad. it. di G. Dell’Agata, Voland, Roma 2025

⋆ Duccio Demetrio, Foliage. Vagabondare in autunno, Raffaello Cortina Editore, Milano 2018

Playlist dell’autunno

⋆ Yves Montand, Les feuilles mortes

⋆ Hermanos Gutiérrez, El Camino de Mi Alma

⋆ Brian Eno, By This River

⋆ Kendrick Lamar, Zacari, love

⋆ Emmit Fenn, Painting Greys

⋆ Khruangbin, Cómo Me Quieres

⋆ Yakamoto Kotzuga, She Said

⋆ Frantz Casseus, Lullaby

⋆ Timber Timbre, Demon Host

⋆ Billie Eilish, when the party’s over

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