
di Chiara Bianchi
“A short story is a love affair, a novel is a marriage. A short story is a photograph; a novel is a film.”
La scrittrice americana di racconti Lorrie Moore crede che il racconto sia una storia d’amore e il romanzo un matrimonio. Un racconto è una fotografia, un romanzo è un film.
Penso abbia ragione.
La narrativa breve permette a chi legge di captare relazioni umane ed emozioni che il romanzo tradizionale non offre. Questo per la sua brevitas – per riprendere un termine caro a Čechov – ma soprattutto perché i migliori racconti lasciano al lettore più domande che risposte (e non risiede in questo il senso della letteratura, della narrativa?).
La forma breve è un insieme strutturato di eventi scatenanti che attivano l’immaginazione di chi legge e si definisce nella rilettura, nel tempo della riflessione una volta chiuse le pagine.
In Italia, come ben sappiamo, chi scrive raccolte di racconti deve sgomitare con il pensiero quasi unanime di editori che rispondono semplicemente: non vendono.
La situazione, però, a me pare leggermente migliorata. Bisogna scavare tra le retrovie, tra le piccole case editrici – alcune vere e proprie fucine che pullulano di entusiasmo – dove è facile incontrare cataloghi variegati in cui trovano spazio le raccolte di racconti.
Terrarossa edizioni, guidata da Giovanni Turi, ha aperto la porta a Mattia Grigolo – che partito dalla provincia milanese vive a Berlino dove si occupa di progetti culturali, riviste e corsi di scrittura creativa. Ha esordito con La raggia (Pidgin edizioni, 2022) – e alla sua raccolta di racconti, la prima del catalogo della casa editrice, dal titolo Temevo dicessi l’amore (2023).
Chiara dice che anche lei ha qualcosa da dire sull’immortalità.
«Ti ascolto», risponde Ofelia.
Prende coraggio: «Sai cos’è veramente immortale?».
«Cosa?»
«La morte.»
«Temevo dicessi l’amore.»
[da Temevo dicessi l’amore]
Cinque storie racchiuse in quattordici racconti, in ognuna, tra i protagonisti compare Ofelia: bambina, ragazza, donna. Diversi i punti di vista, diverse le voci narranti e solo in un racconto – C’è una casa in questo parcheggio – è la voce di Ofelia a raccontarsi. Questo permette di conoscere le Ofelia attraverso gli occhi degli altri, in ogni sua vita, in ogni sua esperienza.
All’interno di ogni storia, Grigolo compie due operazioni strutturali: utilizza il dialogo erosivo, necessario, rapido e il flashback in cui la prosa si fa piena, informativa ma sempre misteriosa.
I personaggi sono spesso sul punto di elemosinare un pezzo di cuore all’altra persona, che spesso è Ofelia. Al contrario, le Ofelia nutrono una predilezione alla risposta piccata, definitiva, che non ammette repliche.
Cani, gatti (anche morti), coyote, pappagalli inseparabili, cavalli da carosello, volpi morte confermano la necessità nella scrittura di Grigolo di inserire nelle sue storie l’elemento animale con connotazione simbolica. Una simbologia che si fa interpretativa di un pensiero non univoco, né scontato, ma che a ogni lettura si rinnova.
Sul dorso della copertina c’è un fenicottero. Animale che torna in diverse storie e si pone come anello di congiunzione e di disgiunzione tra esse.
Due fenicotteri dormono a una decina di metri dallo steccato.
Illumino con la torcia, sono in equilibrio su una sola magra zampa. Il collo voltato di centottanta gradi, il becco immerso nel piumaggio delle ali raccolte, come un cuscino.
Spengo la torcia, la rigiro tra le mani. Anche così, nell’oscurità, s’intravede quel rosa magnifico. Palpo la tasca dei pantaloni, percepisco la forma del telefono e penso di svegliare Ofelia e dirle di raggiungermi.
Non lo faccio.
[da Allora non chiudere gli occhi]
Nel racconto dal titolo Eravamo – finalista del Premio Zeno – Grigolo costruisce una storia potente sul suicidio, nel quale l’Ofelia di questo tempo incontra una setta di aspiranti suicidi che indossano spille che dicono: Libero di scegliere senza essere giudicato. Tra le file c’è Jonathan con il quale Ofelia – che non sa bene perché sia lì, e quel che è certo riguarda i fantasmi con cui cammina e parla – scambia battute al cloruro.
Delle cinque storie su Ofelia, una trilogia che inizia con East River – brevissimo racconto in cui Grigolo cita Emanuel Carnevali – prosegue in Oddio, muoio dal ridere e finisce con Regent’s Canal contiene un tema sotterraneo, quella condivisione del dolore o della gioia in un luogo straniero, sconosciuto eppure familiare, che passa attraverso gli oggetti, le persone. Un profondo senso di disagio del vivere da straniero.
Grigolo indaga i sentimenti e le emozioni lunghe quanto una vita intera, o forse più di una, e mentre Ofelia scruta tra i suoi fantasmi a ogni pagina percepiamo l’alone, la presenza costante, diafana di un non detto.
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Chiara Bianchi vive a Berlino dove lavora come editor freelance. Ha ideato, e modera, un gruppo di lettura in italiano (Liber Liber Berlin). Suoi contributi su CrunchEd, Sololibri, Yanez. Sul web e in antologie si trovano alcuni suoi racconti.
Minima&moralia è una rivista online nata nel 2009. Nel nostro spazio indipendente coesistono letteratura, teatro, arti, politica, interventi su esteri e ambiente