
Se domenica avete in programma qualsiasi tipo di attività nella capitale pensateci bene. Sarà infatti una di quelle giornate invivibili, e incomprensibili, che solo chi vive Roma quotidianamente conosce e può immaginare. Politica e calcio si mescoleranno come spesso accade nel nostro Paese, sin dai tempi dei mondiali mussoliniani nel lontano 1934, naturalmente vinti dalla nostra nazionale.
Al voto per l’elezione del nuovo sindaco, infatti, si aggiungerà una finale di Coppa Italia senza precedenti, il derbyssimo Roma-Lazio, nel quale ci si gioca non solo l’onore cittadino e lo sberleffo postumo, comme d’habitude, ma anche l’ingresso nell’Europa pallonara per una delle due contendenti, il che significa danaro e prestigio. Inoltre, nel caso di una vittoria giallorossa, la stelletta sul petto della decima conquista del trofeo, prima squadra italiana a raggiungere il traguardo. Infine, ed è l’elemento dirimente, trattandosi di finale “secca” un vincente e un perdente dovranno esserci per forza, precludendo così la via a quel salomonico pareggio che tante volte ha risolto situazioni a rischio per l’ordine pubblico, dando vita allo squallido spettacolo di due squadre brucanti il prato verde senza la minima intenzione di segnare un gol, che rimane l’essenza di questo sport. Ma stavolta niente melina, niente ammuina. O dentro o fuori. Paradiso o Inferno.
Se girate le strade romane in queste ore di vigilia elettorale e pallonara la tensione si taglia a fette, e non sai dove girarti: manifesti dagli slogan e dai volti improbabili; San Giovanni, Piazza del Popolo e Colosseo in assetto da guerra per ospitare gli ultimi sermoni prima del passaggio alle urne; prove generali di un coprifuoco annunciato, con l’attuale sindaco (il nervoso “Alemagno”) indaffaratissimo nel chiedere un paio di mila agenti in più per provare a mantenere la situazione sotto controllo. In bocca al lupo, a lui e a chi lo sostituirà (sempre se verrà sostituito).
Nel frattempo si prova a far di tutto per placare gli animi. Le delegazioni di Roma e Lazio sono state ricevute prima dal Papa, poi dal Capo dello Stato. L’obiettivo sarebbe quello di far vivere alla città “una bella giornata di sport e divertimento”, così auspicano i comunicati ufficiali di tali cerimonie e i numerosi spot coniati per l’occasione. Al contempo, però, mentre la squadra biancazzurra si è ritirata a Norcia per non vedere e sentire nessuno, gli allenamenti in quel di Trigoria (il “fortino” giallorosso) vengono accompagnati da slogan e striscioni di questo tenore: “O coppa o morto”. Sì, scritto proprio così, che tradotto vuol dire: caro giocatore, sono un tuo beniamino accanito, e se domenica non vinci allora t’ammazzo. Messaggi di distensione, insomma, c’è del fair-play. Chissà quanto gliene possa fregare a uno che scrive una frase del genere delle benedizioni papali o dei moniti presidenziali.
In questo senso ha fatto bene l’UISP (Unione Italiana Sport per Tutti) a diramare una nota in cui si ricorda che “S.S. Lazio e A.S. Roma in questa stagione sono state oggetto di pesanti provvedimenti disciplinari da parte di Uefa e Figc in ragione dei comportamenti razzisti e discriminatori di settori limitati, ma ben visibili delle rispettive tifoserie. Comportamenti che ormai non possono essere più considerati degli episodi sporadici, ma che vanno letti come la volontà specifica di queste frange di utilizzare l’esposizione mediatica che garantisce il grande calcio, per veicolare messaggi violenti e inaccettabili” (corsivo evidenziato nel testo).
L’impressione è che tutto andrà come al solito, né che la modifica dell’orario, anticipato alle ore 18 dopo un mese di riunioni interminabili, migliorerà il quadro generale, dentro e fuori lo stadio. Anzi. Pensiamo solo cosa potrebbe accadere alla fine della partita, nei pressi dello stadio Olimpico, intorno alle 20 (c’è pure l’incubo supplementari-rigori da considerare): tifoserie che si incrociano tra ponte Milvio e il Duca D’Aosta, teatri di violenze a ogni stracittadina da quasi trent’anni, mentre qualche famiglia magari è in procinto di raggiungere la propria sede elettorale, o è di ritorno a casa, o appena uscita per andare a cena fuori.
Niente di tutto questo sarà normalmente possibile, o quantomeno sicuro: la parola d’ordine è “tutti a casa”, in attesa che la nottata passi, tutti ostaggi di qualche centinaio di tifosi che poi sono sempre gli stessi, manipoli organizzati tra le schiere “Irriducibili” e “Boys” di matrice estrema (destra), che si fingono prima nemici per poi colpire uniti, obiettivo le forze dell’ordine; lo stesso copione, la stessa scena che si ripete ciclicamente, senza che nessuno metta mai riparo. Eppure non sarebbe così difficile individuare i responsabili, basterebbe frequentare le curve per un mesetto e osservare dove e come sono posizionati alcuni gruppi, tutto qui. Un esercizio di spionaggio preventivo che non dovrebbe richiedere particolari competenze per risultare efficace.
E invece niente. Verosimilmente assisteremo ancora una volta alle stesse immagini, quelle di una violenza volgare e becera, che stavolta andrà a coinvolgere inevitabilmente anche lo svolgersi civile di un diritto fondamentale, quello di voto, con immancabili strascichi di polemiche fine a se stesse, nelle quali ciascuno, vecchi e nuovi sindaci, tenterà di portare acqua al proprio mulino nell’attribuzione di colpe e responsabilità varie.
Comunque andrà a finire, quali saranno i vincitori e i vinti, lo spettacolo avvilente rimane quello di una città messa ancora una volta a soqquadro dall’incapacità di vivere un evento sportivo come tale, nei limiti di un’accesa e, perché no, goliardica rivalità calcistica; e dall’incapacità di chi governa, chiunque esso sia, di affrontare il problema alla radice, così da eliminarlo una volta per tutte.
L’ennesimo derby de noantri, allo stadio come nelle urne, è alle porte.
Emiliano Sbaraglia (Frascati, 1971) è responsabile delle trasmissioni culturali di RadioArticolo1 e di UndeRadio, l’emittente-web di Save the Children Italia dedicata al mondo della scuola. Tra i suoi scritti Cento domande a Piero Gobetti (2003), Incontrando Berlinguer (2004), I sogni e gli spari. Il ’77 di chi non c’era(2007), La scuola siamo noi (2009), Il bambino della spiaggia (2010). Collabora con l’Unità e Italiani quotidiano. Partecipa al progetto e associazione “Piccoli maestri”.
temo Sbaraglia abbia ragione da vendere…
In bocca al lupo. (anzi alla lupa!)
Via gli intellettuali dal calcio. Almeno, via gli intellettuali banalotti e da quattro soldi, e la loro visione piatta, bon-ton e sterilizzata di qualcosa che non capiscono. BASTA!
L'”evento sportivo in quanto tale” (evento sportivo? Era ROMA-LAZIO, bimbi, non la cazzo di Josefa Idem che scanotta per l’emozione delle altre mamme coraggio!) e la “perché no goliardica rivalità” (rivalità? Era ROMA-LAZIO bimbi belli, non le divertenti scampagnate di famigliole anni ’50 che andavano sul ciglio della statale a veder passare Coppi e Bartoli, Bartali, quello lì, come cazzo se chiama, insomma) ve le potete (dovete) mettere nello stesso posto in cui la Roma si mette la stella d’argento.
LULIC SINDACO
(PS Non ho votato per il sindaco PERCHE’ GIOCAVA LA LAZIO, così potete scrivere sul Fatto Quotidiano che il Paese va in rovina per colpa di qualcun altro)
Ashared: carissimo, siamo con-tifosi e quindi abbiamo entrambi grande voglia di esternare la nostra felicità però NON ti condivo quando:
1. sbeffeggi la Idem : i nostri sono i colori della Grecia olimpica ALTO il cuore per ogni eroismo e grandezza sportiva.
2. idem con Coppi e Bartali : « Un uomo solo è al comando; la sua maglia è biancoceleste; il suo nome è Fausto Coppi » ecco chi è Fausto Coppi, vedi un poco che puoi fare (e onore anche a Bartali che diamine).
Vedi un pò che puoi fare perchè la tua grinta non ti renda furioso e ti trasformi invece in aquila saggia.
Perdonate voialtri tifosi di tutte le squadre se questo vi sembra troppo sublime, lo sport è anche cosa sublime, oltre ad essere fogna in cui sfoga l’aggressività repressa e inutile dell’uomo moderno.
Grazie Meravigliosa Lazio.