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di Rossella Farnese

In quei giorni magici dell’anno, tra la seconda metà di agosto e la prima metà di settembre, l’estate vira lentamente verso l’autunno, la fine e l’inizio si toccano e si compenetrano in uno spettacolo di brezza e colori che permangono ma pian piano sfumano abbassandosi di tonalità fino a quel periodo noto come “estate di San Martino” o con l’espressione idiomatica inglese – titolo della bellissima canzone dei The Doors e di una poesia di Emily Dickinson – “Indian Summer”, che ben riflette  la persistenza della palette estiva nella stagione autunnale. Tra tepori estivi e folate autunnali, tra le gazzarre degli uccelli mattutini e i rumori del traffico, tutto si trasforma in una metamorfica danza panica, l’essere umano  in sintonia con la natura: si richiudono gli ombrelloni, si preparano libri e caffè – perché no danzando un tango argentino col casquè con Snoopy e con Linus, come nella celebre Via Paolo Fabbri 43 di Francesco Guccini –  le cicale, deposte le uova, completato così il loro ciclo di vita, muoiono, le farfalle migrano in cerca di nettare oppure svernano come adulti oppure diventano crisalidi.

Come spiega Herman Hesse[1], le farfalle non sono un animale come gli altri: dapprima bruco poi crisalide, la farfalla è l’essenza stessa di una forma vivente, un tripudio di vita sempre più intensa, che non vive per cibarsi e invecchiare ma per amare e danzare, leggiadra, seducente e misteriosa, verso la festa della procreazione.

Simbolo dell’effimero e dell’eterno, la farfalla suscita un brivido di stupore fanciullesco in chi è innamorato della vita, scrive a proposito Haruki Murakami in 1Q84: «Le farfalle hanno una grazia incantevole, ma sono anche le creature più effimere che esistano. Nate chissà dove, cercano dolcemente solo poche cose limitate, e poi scompaiono silenziosamente da qualche parte.»

La vista di una farfalla è per l’essere umano che abbia un rapporto ingenuo, spontaneo e corporale con la Natura al pari degli antichi Greci – secondo quanto teorizzato da Friederich Schiller in Sulla poesia ingenua e sentimentale (1795) e da Giacomo Leopardi nel Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica (1818) – un’epifania: inconsistente come una divinità, inafferrabile come un’ombra, evanescente come un sogno, la farfalla esalta e atterrisce i sensi umani inebriati per un battito d’ali, un attimo di incantevole grazia in cui si esperisce l’intensità e la labilità della vita. In una lettera d’amore per Fanny Brawne il poeta John Keats scrive: « Vorrei quasi che fossimo farfalle e vivessimo appena tre giorni d’estate, tre giorni così con te li colmerei di tali delizie che cinquant’anni comuni non potrebbero mai contenere.»

La farfalla è un “simbolo” per eccellenza secondo l’etimologia di tale termine (dal greco “synbàllo” “mettere insieme”): è nell’hic et nunc e appartiene contemporaneamente a una dimensione altra, tutta colori e ali, giochi di luce e setosa leggerezza, microcosmo che racchiude in sé l’armonia e l’arcana perfezione del macrocosmo, così come l’occhio umano, secondo una celebre affermazione di Denis Diderot: «L’occhio e l’ala di farfalla bastano per annientare un ateo».

Nella Divina Commedia la farfalla ricorre solo in un passo, nel canto X del Purgatorio, dove il Poeta si rivolge ai superbi che vivono nel mondo terreno ricordando loro di essere «vermi/ nati a formar l’angelica farfalla» (vv. 124-125): gli uomini sono cioè come bruchi dai quali si staccherà l’anima che è di natura angelica come una farfalla. Simbolo di bellezza e di vita, non è un caso che Farfalla di Dinard (1956) sia il titolo di una raccolta di racconti di Eugenio Montale, che celebra la sua Clizia proprio come un visiting angel di ascendenza stilnovistica che gli appare forse anche in quella farfallina color zafferano che gli faceva visita al caffè della piazzetta fredda e ventosa della cittadina bretone di Dinard.

Clizia, senhal per l’amata Irma Brandeis, rievoca il mito di Apollo e della metamorfosi dell’oceanina Clizia in girasole, frammento del creato che come la farfalla ha un’origine metamorfica, splendente ed effimero e la cui essenza è femminile e connessa con il desiderio di amore e di fusione panica. A tal proposito si pensi anche all’associazione di Vincent Van Gogh tra le farfalle e i papaveri, in una tela del 1890: farfalle bianche si librano leggiadre tra papaveri rossi in un’armoniosa danza di sensualità e di purezza, celebrazione della Natura primaverile, del mistero della vita e dell’essenza femminile. La farfalla, simbolo di metamorfosi e rinascita, come una fenice, è il motivo centrale anche delle serigrafie dell’artista britannico Damien Hirst che concepisce l’arte come riflesso della vita come mostra sin dalla sua installazione d’esordio nel 1991 In and Out of Love.

La farfalla è portatrice di quella leggerezza calviniana che è un tourbillon e a riguardo William Butler Yeats la associa alla saggezza, scrive così in Tom O’Roughley: «And wisdom is a butterfly/ and not a gloomy bird of prey».

Esito di una metamorfosi alata del baco da seta, la farfalla ha affascinato i poeti di ogni epoca. Il poeta barocco Giacomo Lubrano, ad esempio, in le Scintille poetiche (1690), la paragona per antitesi al poeta: la poesia è un’operazione fisiologica che avviene all’interno del poeta malinconico come quella del verme che trasforma i propri umori in un  bozzolo di fili aerei,  unica differenza è l’esito di questo lavorio infinito perché il poeta si approssima consapevolmente alla morte, il baco invece risorge alato.

E a proposito di umori e malinconia (in greco: l’atra bile prodotta dalla milza), in uno dei testi-manifesto della Scapigliatura, Dualismo (1864), il padovano Arrigo Boito, sulla scia proprio dello Spleen (letteralmente “milza”) e Idéal di Charles Baudelaire e con echi danteschi, afferma la contraddizione insita nell’essere umano che è al tempo stesso «luce ed ombra; angelica/farfalla o verme immondo», attratto dal demoniaco e dall’angelico.

Affascinante anche in ambito scientifico – si pensi alla battuta del film The Butterfly Effect (2004) “Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo”- la farfalla è oggetto di studio e di collezione. E concludo proprio con una citazione dal poemetto Farfalle o Epistole entomologiche (1914) di un poeta appassionato e collezionista di farfalle, Guido Gozzano:

tra il grano verdazzurro, lungo il rivo
costellato di primule e d’anemoni,
tra il biancospino, che fiorisce appena,
ho rivisto l’Antòcari volare
e il cuore mi sobbalza nell’attesa
senza nome che tutte in me resuscita
le primavere dell’adolescenza…


[1]Herman Hesse, Farfalle (con tavole a colori di Walter Linsemaier), Viterbo, Nuovi Equilibri, 1997

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