Nel 1995, quando il mondo aveva ancora tre dimensioni, Martin Amis aveva capito tutto. Nel romanzo L’informazione il maggior prosatore in lingua inglese vivente racconta la storia della travagliata amicizia fra due scrittori, Gwyn Barry e Richard Tull. La differenza principale tra Gwyn e Richard è che il primo è un autore di successo, il secondo no.. Ecco come il narratore descrive lo stato d’animo di Richard durante una visita a casa di Gwyn, intento a posare per una fotografa: “Il mondo di Gwyn era parzialmente pubblico. Mentre il suo era pericolosamente, crescentemente privato. E alcuni di noi sono schiavi della propria vita.”
L’Italia del 2010 è piena di Richard Tull. E Richard Tull, a suo modo, è una potenziale egospia. E forse nel nostro qui e ora, nell’aria compressa fra la Val D’Aosta e Lampedusa, rischiamo di diventare tutti egospie del risentimento. Ma chi sono le egospie? E cos’è il risentimento? Il risentimento è un misto di rabbia e invidia, coltivata dentro di sé e proiettata sotto forma di spore negli alveoli sociali: un umore che ha avuto nobili analisti, da Friedrich Nietzsche a Renè Girard. Invece egospia possiede il carattere di una compresenza – vertigine di egotismo fusa nel maledetto desiderio di vedere gli altri cadere.
Le egospie del risentimento si siedono intorno ai tavoli di ristorante, digitano stringhe telematiche nei saloon virtuali – commentano il mondo strette nelle auto in gruppo: deprezzano il mondo in piedi, disposte in piccoli crocicchi davanti alle pasticcerie, la domenica mattina. Le egospie emettono un borbottio che parla male di qualsiasi cosa – una rivolta privata contro tutto ciò che esiste al di fuori di sé. Il risentimento alligna ovunque, nel magnifico crepuscolo geopolitico chiamato Italia.
Christian Raimo ha scritto sul Domenicale che viviamo in un ‘deserto di cultura’. Ma è un deserto pieno di risentimento – ecco alcuni motivi. 1. In Italia c’è una lampante carenza di meritocrazia, credo che sia poco meno che un assioma. 2. Laddove c’è meritocrazia il risentimento trova spazio solo nella solitudine della mente: non si aggancia al discorso pubblico: rimane una questione privata. 3. In qualsiasi contesto –, l’architettura, l’arte contemporanea, l’editoria letteraria – prevale il seguente atteggiamento: tu non sei più bravo di me. È raccomandazione. È privilegio. È un gioco politico. 4. Lo spazio pubblico in cui troneggia l’orda del risentimento, duole dirlo, è la ‘blogosfera’. 5. Lo strumento principe sono i commenti degli utenti. 6. Il vero strumento principe sono i siti di gossip, che compulsiamo nelle nostre giornate milanesi, romane, torinesi, napoletane, sospese tra la noia del rentier e la paura della disperazione economica. Ecco, vogliamo dirlo? Dagospia è l’esploso fondamentale della cultura del risentimento italiano – un anti-luogo anti-culturale in cui regnano l’ipotesi, l’esaltazione perché l’ipotesi è confermata, l’indignazione per qualunque tentativo di fact-checking, se non accompagnato da ingenti carte bollate. 7. L’Italia è un egodromo in cui si fanno solo corse clandestine: uno Stato della Mente in cui salire verso l’alto per meriti propri è considerato peccaminoso o improbabile – quando il solo aspetto peccaminoso è che sia così improbabile.
Quaggiù, persino nelle aree più sviluppate della penisola, può capitare di vedere una bravissima operatrice culturale, piena di recensioni e apprezzamenti dalle latitudini più varie, impallinata dall’assessore di centrodestra che taglia le sue iniziative definendole ‘di nicchia’; dal deputato locale di centrosinistra che commenta senza alcun senso del ridicolo ‘i problemi della gente sono altri’; dagli utenti che la chiamano ‘buzzurra’ sui forum on-line; dalle voci anonime impegnate nella classica gara del ma chi è questa qui?
Ma non tutto è perduto. C’è per fortuna una parte del paese – anche solo a guardare nel ‘deserto’ della cultura – che costruisce pezzi di futuro pregevolissimi, senza perdersi fra le sirene opposte e complementari dell’indignazione quotidiana, del marginalismo da nazione indiana, del bieco asservimento alle logiche dello spoil-system. Scrittori, d’accordo: ma anche e sopratutto direttori di musei e di collana, curatori d’arte, tenaci funzionari di fondazioni bancarie; grafici e illustratori, disegnatori e fumettisti che si misurano con il migliori esponenti delle arti visive editoriali. E poi musicisti, studiosi, divulgatori scientifici, professionisti, cineasti, artigiani della produzione di conoscenza – che, non dimentichiamolo, deve pur sempre rimanere un serissimo divertimento. Una generazione di intellettuali e cittadini che –forse, ancora per poco, chi lo sa? – non è malata di risentimento: non è del tutto schiava della propria vita. Non è ancora mutata in egospia. Per quel che vale – responsabili di palinsesti, segretari regionali dei partiti, decisori di ogni rango – usateli.
Gianluigi Ricuperati è uno scrittore e saggista italiano. Nel 2006 ha pubblicato Fucked Up per Bur RCS e ha curato, insieme a Marco Belpoliti, la prima monografia mai dedicata al disegnatore Saul Steinberg. Nel 2007 Bollati Boringhieri ha pubblicato Viet Now – la memoria è vuota. Ha scritto un testo pubblicato ne Il corpo e il sangue d’Italia. Nel 2009 è uscito La tua vita in 30 comode rate (ed. Laterza).
Attualmente collabora alla Domenica del Sole 24 Ore ed è corrispondente speciale per la rivista Abitare. Da gennaio 2010 dirige Canale 150 – gli italiani di ieri raccontati dai protagonisti di oggi – iniziativa per la celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia sostenuta dal Comitato Italia 150 e da Telecom Italia. Dal 2010 è curatore del Castello di Rivoli – Museo d’Arte contemporanea. Ha scritto di spazi e architettura per Domus, ha collaborato alle pagine culturali de La Stampa e D di Repubblica. Scrive di musica per Rumore e Il Giornale della musica. È stato consulente editoriale per Alet Edizioni. Nel 1999 ha tradotto per la casa editrice Einaudi The Wild Party, testo di Joseph Moncure-March, illustrato da Art Spiegelman (ed. Einaudi Stile Libero, 1999). Nel 2007 e nel 2008 è stato, con Stefano Boeri, co-direttore di Festarch, festival internazionale di Architettura a Cagliari. Durante la prima edizione di Festarch ha svolto un dialogo pubblico su ‘architettura e letteratura’ con l’architetto olandese Rem Koolhaas. Nel 2009 è, con Stefano Boeri e Fabrizio Gallanti, co-direttore artistico di Urbania a Bologna. Collabora con Fondazione CRT e cura una collana di volumi di architettura e narrazione.

tenere un risentimento è come bere il veleno e sperare che l’altro muoia. Grazie per questo articolo molto onesto.
Right, that is a good start however i’ll have to take a look at that a touch more. Will let you know just what more i’ve found.