
Non si offenderebbe oggi Leonard Cohen se dimenticassimo il suo compleanno, almeno stando a quanto ha dichiarato in un’intervista di qualche anno fa: «Nella mia famiglia non si è mai offeso nessuno se dimentichiamo un compleanno».
Ma faremmo un torto a noi stessi e all’immensità dell’opera che ci ha lasciato in eredità a far passare inosservati quelli che sarebbero oggi gli 87 anni del canadese errante più amato e celebrato in patria. A quasi cinque anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 7 novembre 2016 a Los Angeles, Cohen ha lasciato un vuoto che può essere colmato con la grandezza delle sue parole: scritte, declamate, cantate, come solo lui è riuscito a fare.
La sua è stata una vita caratterizzata da un vagare incessante, alla continua ricerca della fonte assoluta delle cose, che troverà nella preghiera, come forma più alta di espressione.
Studente universitario non particolarmente brillante, si dedica soprattutto a scrivere poesie dimostrando da subito un talento fuori dal comune, al punto da conquistare la fiducia del poeta, accademico ed editore canadese Louis Dudek e del poeta Irving Layton.
Una borsa di studio lo porta a Londra, qui grazie a un amico scopre l’esistenza dell’isola greca Idra, dove comprerà una casa e si stabilirà per un lungo periodo, facendovi ritorno più volte nel corso del tempo.
Proprio sull’isola incontra una delle donne più importanti e significative per lui, Marianne Ihlen. La loro sarà una relazione complessa e tormentata, fatta di vicinanze e allontanamenti. Cohen si renderà conto che la vita familiare non fa per lui, perché mette in pericolo la sua creatività. La storia dura alcuni anni, ma il legame tra i due resterà indissolubile, tanto che molto tempo dopo, sapendola in punto di morte, Cohen le dedica parole intense e toccanti: Carissima Marianne, sono appena dietro di te, così vicino da poterti prendere per mano. Questo vecchio corpo si è arreso, proprio come il tuo, e l’avviso di sfratto arriverà da un giorno all’altro. Non ho mai dimenticato il tuo amore e la tua bellezza. Ma questo già lo sai. Non ho altro da aggiungere. Fai buon viaggio, amica mia. Ci vediamo in fondo alla strada. Amore infinito e gratitudine. Lui stesso morirà pochi mesi dopo.
Quest’anno ricorrono i 60 anni dalla pubblicazione della sua seconda raccolta di poesie The Spice-Box of Heart e i 50 anni dell’album Songs of Love and Hate che, come gran parte della sua produzione, non sembrano invecchiare. Del resto, anche l’artista ha trasceso la dimensione dello spaziotempo e con la sua opera imponente ha raggiunto una forma di immortalità.
La febbrile necessità di domande, prima ancora che di risposte, spinge Cohen a sperimentare strade diverse. Da una breve parentesi in Scientology, fino all’interesse per il buddismo e all’incontro che cambierà la sua vita, quello con il maestro Zen Joshu Sasaki Roshi.
La libertà di partire, sperimentare, fino ad andare oltre se stesso, resteranno il motore della sua ricerca. Cohen sa di essere un ebreo anomalo, che nonostante abbia praticato altre forme di religione e spiritualità in cerca di risposte, non ha mai cercato un altro Dio e non ha mai smesso di sentirsi ebreo.
Le sue poesie, proprio come le sue canzoni, sono un continuo mescolarsi di sacro e profano, sesso e spiritualità. Per Cohen il sacro è l’elemento attraverso il quale le pulsioni e le emozioni si tramutano in sentimenti collettivi.
Una delle immagini più rappresentative di questa sua visione poetica è quella della copertina del quarto album in studio: New Skin For the Old Ceremony, sulla quale sono raffigurati due angeli che fanno l’amore. La scena è ripresa dal Rosarium Philosophorum, un trattato alchemico del sedicesimo secolo. A tutte le sessioni di registrazione del disco c’è anche Roshi, la cui presenza lo fa sentire più connesso spiritualmente.
Tra carnalità e spirito, sessualità e trascendenza si muove tutta l’esperienza umana e artistica di Leonard Cohen, poeta, scrittore, cantautore insignito di numerosi premi e ancora oggi amato in tutto il mondo.
Dalla sua incessante ricerca, sublimata nella musica e nella sua espressività vocale, nascono capolavori come Hallelujah, estratto da Various Position 1984. Il brano, scritto nel corso di quattro anni, selezionando tra oltre ottanta strofe e riprendendo alcuni episodi della Bibbia, indica una vera e propria strada verso la redenzione. La canzone ha la forza e il potere introspettivo della preghiera.
Nel corso del tempo l’Hallelujah di Cohen, anche grazie all’interpretazione che ne farà Jeff Buckley, diventa un inno noto in tutto il mondo, con oltre 300 cover. Così tante da indurre lo stesso Leonard ad affermare che sono stati in troppi a cantarla.
La solennità liturgica di questo autore si palesa a ogni ascolto e si fa spazio tramite storie rappresentative della condizione umana, in grado di mettere a nudo sentimenti, emozioni, dolori.
A circa nove anni dall’uscita della sua canzone-preghiera più importante, Cohen sente di volersi ritirare nel convento Zen di Mount Baldy, dove resterà sei anni per tentare di affrontare la depressione che lo accompagna da sempre e che lui stesso definisce come lo sfondo della sua vita quotidiana. Uscito dal convento vola in India, qui si affida agli insegnamenti dell’Advaita Vedanta, e finalmente sentirà di essersi liberato dal velo delle inquietudini.
L’opera di questo artista contiene numerosi momenti di elevazione spirituale, che si intrecciano alla sua esperienza di uomo errante, nella duplice accezione di colui che viaggia senza sosta e che commette errori.
Una delle più grandi eredità lasciate da Leonard Cohen sta nella possibilità di comprendere come nella nostra inquietudine e dentro ogni singolo errore ci sia lo spazio della ricerca interiore, per conoscere ed esplorare sé stessi, per trascendere e trovare l’oltre, dove si accende la luce in grado di indicare la strada.
Cohen con la potenza della sua musica ha dilatato la speranza della salvezza e l’ha resa accessibile a ogni essere umano, in qualsiasi condizione si trovi: C’è una crepa, una crepa in ogni cosa / È così che la luce entra.
Noemi Serracini è nata Marino, dove non ha mai vissuto. Dopo la laurea in storia e critica del cinema si dedica al teatro, scrivendo e mettendo in scena alcuni spettacoli. Nel frattempo consegue un master in professioni e formati della radio e della televisione e fa esperienza in diverse emittenti locali e web. Come autrice e conduttrice radiofonica collabora con il gruppo RTL 102.5 e conduce il Rock Morning Week End su Radio Freccia. È autrice del saggio “Rock’n’Soul, Storie di Musica e Spiritualità” (Arcana Edizioni). Da anni pratica la meditazione.