È un martedì come tanti, quando sull’antica pietra serena di un ex scalo fluviale, ormai sede storica di un locale estivo, si aggiustano le teste pettinate degli avventori. Il motore di un’auto rumoreggia, mentre qualcuno sbatte violentemente lo shaker per l’ennesimo mojito. Ancora esistono le presentazioni dei libri, ancora è possibile immaginare una fetta di umanità interessata ad ascoltare scrittori e poeti parlare delle proprie storie. Senza conoscere la scaletta della serata, i presenti affilano gli occhi, scattano qualche foto, salutano gli amici, osservano incuriositi lo scrittore famoso – che a sua volta saluta, stringe mani, scatta foto –  e poi decidono di silenziarsi, sotto il cacofonico saluto di una cassa con le spie evidentemente distrutte. Tutto è pronto per il viaggio, siamo qua per questo, eppure il finale è una sorpresa che commuove, eppure il libro che tutti ci porteremo in tasca non è quello della locandina che ci ha portati sulle rive che fanno abbracciare l’Arno e l’Era, in un martedì come tanti.

Poco prima di concludere il brillante incontro con i suoi lettori, corredato da applausi, risate, commenti bisbigliati fra coloro che hanno già letto il romanzo e quelli che invocano di non svelare il finale, lo scrittore famoso decide di parlarci di un altro libro. Una raccolta di poesie, Respiri e sospiri, scritta da una poetessa sconosciuta, scomparsa alcuni anni fa. Il suo nome è Paola Cannas: lo scrittore famoso ce ne parla con sincero trasporto, con pulsante ammirazione, esattamente come in precedenza aveva fatto elogiando la scrittura (brutalmente dimenticata) di Alba De Céspedes.

Il tempo illumina l’imbrunire, è la vita che accade: così è per le poesie di Paola Cannas, poetessa toscana i cui scritti emergono con molti anni di ritardo. Grazie allo sguardo acuto di due case editrici, Felici Editore prima e Guanda poi, e grazie all’amore di un figlio, Marco Vichi, il nostro scrittore famoso, che di fronte a quelle poesie resta sorpreso, impressionato, e felice, “Io pensavo fosse solo mia mamma, in realtà ho scoperto che scriveva poesie bellissime. All’inizio non volevo che si sapesse che Paola Cannas era mia madre, per lasciare che il suo libro camminasse con le proprie gambe. Ma poi, dopo questa sua decisione, ho pensato che per dare più forza alla sua volontà potevo invece incuriosire i lettori dicendo appunto che lei era proprio mia mamma”.

La decisione di cui parla Marco Vichi riguarda la volontà di Cannas, una volta scoperta l’imminente pubblicazione delle sue opere, di devolvere ogni ricavato in beneficenza. La scelta è ricaduta su Filo di Juta, un’associazione di promozione sociale in Bangladesh che porta la scuola dove non c’è. Oggi le poesie di Paola Cannas, oltre a permettere l’incontro perfetto fra memorie, immagini e affetti, si trasformano in “bambini che sanno leggere e scrivere”.

La poesia di Cannas è dominata da uno stile dritto, privo di orpelli, ridondanze; la sua scrittura – sintetica e universale – rimane incagliata nelle pieghe delle memorie private, in attesa: lenta a liberarsi dapprima, implacabile dopo. E i suoi occhi, il suo naso, sembrano sovrapporsi ai miei, in un gioco di ricordi e fotogrammi che solo il miracolo della scrittura può rendere realtà. Gli scritti che compongono Respiri e sospiri sono un tesoro lucente e prezioso, sono versi di una donna che incontra la vita, e la scompone, in frammenti che possono essere aghi di pino, gesti, perduti momenti. All’interno dei suoi versi, Cannas dipinge cromie accese, soprattutto il verde e l’azzurro, particolarmente brillanti, di una natura selvatica, aspra e mediterranea, come il suo animo, diviso fra la Sardegna e la Toscana.

Quella di Paola Cannas è una poesia che non inganna mai, che si attacca alla vita e alla Storia, citando Dylan e Luther King, impastando un amore cosmico che tocca i figli e gli estranei osservati sul metrò: è il fluire limpidissimo di uno sguardo che invade il nostro privato, come se ci conoscesse da una vita.

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Pubblichiamo integralmente due poesie di Paola Cannas, ringraziando per la cortese disponibilità il figlio Marco e la casa editrice Guanda.

Gli amici

I vivi ormai
più non ti stanno accanto
e non ti fanno compagnia;
invano cerchi di fermare
il loro sguardo su di te,
stringere la loro mano nella tua.

I loro occhi volgono altrove,
si chiudono le dita su se stesse,
la fretta allontana i loro passi.

Ma ecco sulla sponda del tuo letto,
siedono, sorridendo,
i morti,
che pazienti ascoltano
ogni voce del cuore.

Dolce è la compagnia di chi non ha più fretta.

Frammento

Perché pettinarmi i capelli,
se tu non ci sei?
Un fresco grembiale annodarmi
sull’abito blu
perché se tu non ci sei?
Due rose sbocciate in giardino
ho messo in un piccolo vaso,
perché se tu non ci sei?

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Autore

beatricepagni@minimaetmoralia.it

Beatrice Pagni è nata e cresciuta nella campagna toscana, figlia della miglior provincia cronica. Redattrice di minimaetmoralia, ha scritto e continua a scrivere di musica e cultura per diverse testate (Sentireascoltare, Il Mucchio Selvaggio, Il Foglio Letterario), oltre ad aver esplorato il mondo della web tv con l'esperienza targata Decamerette.

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