
C’è un’altra, ed è lei che viene raccontata, osservata, ma allo stesso tempo è lei che ci scrive, che dallo sdoppiamento si fa protagonista dei versi, si fa luce lontana, si fa spostamento del punto di vista, si fa il dietro l’angolo dal quale vediamo tutto meglio. L’angolo da dove vediamo meglio cosa ne è, ne è stato, ne sarà di noi. Sono le prime cose che rimangono in testa – e che poi andranno a depositarsi in altre parti di noi, quelle più disponibili all’incanto, le più curiose – a lettura ultimata del libro di poesia di Carola Susani C’è un’altra (Marietti1820, 2025), un piccolo gioiello.
Susani è una penna raffinata, la conosciamo per la narrativa, per il suo lavoro nelle scuole di scrittura; è raffinata al punto che non stupisce la sua grazia anche in ambito poetico, questo libro doveva a un certo punto arrivare e, per fortuna, è arrivato. Non c’è vera distinzione tra chi scrive romanzi, racconti o poesie, non c’è se sappiamo allargare il campo, uscire un minimo dalle regole ed entrare nello spazio bianco che Susani sa lasciare tra le sue parole, e – si badi – lo fa anche quando scrive in prosa. In quel bianco noi lettrici e lettori entriamo depositando frammenti del nostro immaginario, intrecciando nostri bagliori lontani a quelli dell’autrice. C’è un’altra e l’altra siamo ciascuno di noi.
Susani nella prima poesia ci dice con chiarezza quale storia vuole andare a raccontare: «C’è un’altra / che mi cammina accanto / e non è vera / e la sua vita segreta / che racconto, mica la mia / che non ha mistero». In questo testo luminoso, ironico, leggero e molto efficace, leggiamo subito due cose importanti che hanno a che fare con il resto del libro ma anche con la complicatissima faccenda (senza apparente soluzione) dell’io poetico. Susani risolve entrambe le questioni con quattro pennellate di genio.
Cara lettrice, caro lettore, non ti racconto me, su di me non avrei nulla di interessante da dire. Ho una vita senza mistero, dice. Invece, ti metto nelle poesie l’altra, quella che mi cammina accanto, che è il mio doppio e il mio zero, è il meno di me, è invisibile, sottratta, attenta, piena di segreti, di intenzioni, di pensieri sovrapposti. L’altra è più lieve di me, è nascosta, fa delle cose. Ama, osserva, sceglie, gioca, si muove, vive meglio, a volte peggio. Non si cura di non avere il sentimento, non ha paura della conseguenza di un’azione. Non teme il rumore che fanno i battiti del suo cuore, né quello delle risate.
Non si sottrae al silenzio delle lacrime. Ti racconto l’altra, dice Susani, e così scrive poesie sulle mille storie che la riguardano, che ci riguardano. Attraverso l’altra può farci entrare in ogni verso con le nostre memorie, con le nostre esitazioni, ci rimanda a vecchie commozioni, ci aiuta a ripensare con un certo coraggio ad amori perduti, ignorati e a lutti, perdite, tempi andati.
Il libro è diviso in tre parti: Sonno, L’ospite e Trionfi. Naturalmente, le sotto tracce sono molte di più. Susani si muove come in un dormiveglia così che la realtà non appare mai troppo vera, la si può sostenere. La prima parte riguarda soprattutto l’amore. Sfumato, acceso, spento, declinato dal tempo del desiderio a quello della separazione. La seconda parte è quella delle persone, gli altri che lasciano traccia nella nostra vita, a volta anche controvoglia. La terza è quella della memoria, del tempo andato e di quello a venire. E tutte e tre comprendono poesie che riguardano le parti del libro che le hanno precedute e che seguiranno. Insomma, una meraviglia. Con poesie come questa: «Se io davvero mi arrendessi al tempo / non mi alzerei da dove sto seduta / non scrollerei la polvere / dal corpo e dalle foglie».
Nella bella postfazione con cui Tommaso Giartosio chiude il libro, leggiamo di mistero e d’incanto, tra le altre cose. Leggiamo di corpo, di respiro, di sangue. Ed è vero, in queste poesie troviamo tutto vita, morte e rinascita. E poi, ci tengo a ribadirlo, una certa leggerezza, degna di Lamarque, un magico disincanto, armi che permettono a Carola Susani di dire tutto e di negarlo e di riaffermarlo nel verso successivo. C’è come un sorriso costante che tiene per mano chi legge, anche nel verso che sta sciogliendo un mistero, un dolore. Grazie Carola Susani, e grazie all’altra che le cammina accanto, ci sembra di conoscerla.
Gianni Montieri, è nato a Giugliano in provincia di Napoli. Scrive per Doppiozero, minima&moralia, Esquire Italia, Huffpost e il manifesto, tra le altre. Prova a incrociare la letteratura con lo sport per L’ultimo uomo, Rivista Undici. I suoi libri di poesia più recenti sono Ampi margini (2022) e Le cose imperfette, editi da Liberaria. Ha pubblicato per 66thand2nd due titoli Il Napoli e la terza stagione e Andrés Iniesta, come una danza. Vive a Venezia.
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