Pubblichiamo, ringraziando l’autrice e l’editore, un estratto da Economia canaglia. Il lato oscuro del nuovo ordine mondiale, edito da Solferino Libri e in libreria dal 26 settembre. Loretta Napoleoni, economista, si è occupata di studio dell’economia illegale e in particolare delle forme di finanziamento del terrorismo. Il suo ultimo libro è Tecnocapitalismo (Meltemi 2025). Ha pubblicato in Italia numerosi bestseller su economia e politica internazionale, tra cui Maonomics (Rizzoli 2010), ISIS. Lo Stato del terrore (Feltrinelli 2014), Kim Jong-un. Il nemico necessario (Rizzoli 2018).
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Anni Novanta del Novecento: negli Stati Uniti c’è un killer a piede libero. Si chiama obesità. Quattrocentomila morti all’anno, il 16 per cento di tutti i decessi negli Usa. E per una sorta di ironia del destino, questa epidemia, che affonda le sue radici negli anni Settanta, scoppia negli anni Ottanta, quando le persone iniziano a ragionare sulla questione del sovrappeso. Proprio nel momento in cui gli americani decidono di diventare più magri, ingrassano. La battaglia contro il grasso produce l’ondata di diete ipolipidiche. Il grasso è sistematicamente tolto dai cibi e sostituito con carboidrati, che comunque hanno un alto contenuto calorico e ci fanno ingrassare. Persino la tradizione contadina insegna che il grano ingrassa i buoi e, nonostante questo, gli scaffali dei supermercati si riempiono di cibi a basso contenuto di grassi, ma pieni di carboidrati, con il risultato che spesso il contenuto calorico non cambia anzi aumenta. Fate la prova e vedrete.
Dagli Stati Uniti l’obesità si è poi mossa attraverso il resto del mondo occidentale fino a raggiungere l’Asia e persino l’Africa, dove i più ricchi si sono lasciati sedurre dallo stile di vita occidentale. Naturalmente, i consumatori non sono consapevoli che i cosiddetti prodotti dietetici non sono di alcun aiuto e anzi, in qualche caso, possono ucciderli. Vince l’illusione dell’elisir di eterna giovinezza. Il low fat, il cibo con minor quantità di grassi, è molto spesso una pura menzogna venduta dalle multinazionali dell’alimentazione con la complicità di rivenditori e agenzie governative. Ed è un business multimiliardario.
Anni Duemila: un nuovo killer fa stragi nel ricco Occidente, gli oppioidi. Dal 1999 al 2021, si stima che circa 645mila americani siano morti a causa dell’uso di oppioidi. Nel 2021, il numero di decessi per overdose era dieci volte superiore rispetto al 1999. A guidare l’angelo della morte sono le case farmaceutiche, tra cui la Purdue Pharma americana. Nel 1996, sotto la guida di Raymond Sacker, uno dei proprietari, un gruppo di scienziati e ricercatori produce OxyContin, un farmaco a base di oppioidi promosso come la soluzione magica al dolore cronico. Immesso sul mercato come farmaco a basso rischio di dipendenza, in realtà OxyContin crea dipendenza. Ma questa bugia permette di convincere i medici statunitensi a prescriverlo anche a pazienti che non soffrono di dolori cronici, che ingeriscono pasticche come caramelle per non soffrire.
E così un altro grande nemico dell’uomo, il dolore fisico, viene neutralizzato, o almeno questo si pensava. In realtà, la dipendenza dall’OxyContin trasforma la gente normale, padri e madri di famiglia, anziani signori con qualche acciacco, persino giovani atleti vittime di infortuni sul campo, in tossici inconsapevoli. E sono tanti, centinaia e centinaia di migliaia. Quando dopo più di un decennio ci si accorge del danno recato è tardi per tornare indietro. Nell’impossibilità di ottenere una prescrizione, i nuovi tossici cercano alternative e quella più a buon mercato è l’eroina. Ma l’eroina è spesso tagliata con il fentanyl, un oppioide sintetico molto più potente e pericoloso. Le triadi cinesi e i cartelli della droga si buttano a pesce in questo mercato producendo e distribuendo fentanyl. Anche questo è un business miliardario.
Quasi ogni bene di consumo ha una storia oscura e nascosta, che si intreccia con la schiavitù e la pirateria, con i falsi e le frodi, i furti e il riciclaggio, le droghe e il crimine organizzato. Nel mercato globale i prodotti canaglia penetrano e corrompono, distruggono dall’interno le economie tradizionali e trasformano i consumatori in complici inconsapevoli dei fuorilegge. Quando compriamo una fede nuziale prodotta con l’oro delle miniere del Congo estratto dai bambini che lavorano per gli spietati signori della guerra (oro che poi viene venduto di contrabbando in Uganda con finti certificati da imprese senza scrupoli), ecco che stabiliamo un contatto con il mondo sotterraneo dell’economia illegale e criminale dell’Africa. E abbiamo solo comprato il nostro anello di nozze. Anche quando acquistiamo una macchina elettrica stabiliamo lo stesso contatto: il litio delle batterie viene estratto da bambini e adolescenti schiavizzati nelle miniere africane.
Siamo complici inconsapevoli perché sappiamo molto poco di questi legami oscuri, di queste interdipendenze, che sono nascoste all’interno del mercato globale, un mercato abile nel tessere la ragnatela delle fantasie e delle illusioni in cui i consumatori vivono.
Come personaggi del film Matrix, i consumatori popolano un mondo fittizio in cui qualcuno li ha convinti che la loro è in assoluto la vita migliore possibile. E perché no? In fondo, pensandoci bene, abbiamo accesso a possibilità e opportunità che i nostri genitori o nonni non potevano nemmeno permettersi di sognare. L’aspettativa di vita è cresciuta grazie alla medicina, la povertà è stata ridotta e il consumo è il nuovo passatempo globale. Lo shopping è la terapia più efficace per combattere noia e depressione. Sono questi i messaggi che riceviamo quotidianamente. Ma se cerchiamo di andare oltre la facciata sfavillante della vita di tutti i giorni e seguiamo il percorso di quello che consumiamo, scopriamo, come gli eroi di Matrix, che il pianeta reale è in pieno marasma
commerciale.
Ma questo non è un libro sulle origini oscure dei prodotti sugli scaffali dei supermercati, né sulle bugie che ci vengono sistematicamente propinate dagli imbonitori che promettono eterna giovinezza. Non è nemmeno un manuale contro la globalizzazione o il manifesto per la rivoluzione dei consumatori. Nasce piuttosto dalla voglia di dare a questi ultimi, dunque a tutti noi, strumenti di conoscenza e di interpretazione per capire il mondo in cui viviamo. E ci permette di farlo attraverso esempi e storie.
Cercherò infatti di dimostrare come l’economia canaglia non sia un fenomeno eccezionale ma un fattore endemico, una forza oscura codificata nel Dna della nostra società e sempre in agguato. Sempre pronta a uscire allo scoperto. Sbirciare attraverso i fenomeni superficiali della vita moderna non basta per dar conto della sua vera natura. Per capirla dobbiamo partire dalle sue stesse fondamenta. Dalla battaglia mai interrotta tra politica ed economia: una guerra sotterranea che caratterizza tutto il corso della storia.
Questo è un libro su quello che, in fondo, è solo l’ultimo capitolo di una storia antica. Una storia che ci costringe a ricordare come, ora e nel passato, l’umanità sia sempre costretta a pagare un prezzo molto alto per ognuna di quelle che poi i libri di storia definiranno «conquiste».
Le principali civiltà poggiano sempre su solide basi commerciali, sapientemente difese da imponenti eserciti. Questa è una delle chiavi migliori per capire i conflitti, anche quelli dell’antichità: Roma distrusse Cartagine quando Annibale bloccò i suoi fiorenti traffici con le regioni settentrionali della penisola italiana. Per conquistare il controllo dei mercati sono state combattute infinite guerre. Venezia finanziò la Quarta crociata per saccheggiare Costantinopoli e liberare la Via della seta dai mercanti arabi, assicurandosi il monopolio del commercio con l’Estremo Oriente. In epoca moderna, il Piano Marshall è uno degli esempi migliori di come la politica abbia asservito l’economia per ridefinire le regole del mercato.
Il Piano Marshall, il programma di aiuti statunitensi per risollevare l’Europa occidentale dalle ceneri della Seconda guerra mondiale, getta le basi della supremazia economica americana. Anche se l’America è il Paese donatore, ne trae i maggiori vantaggi. La ricostruzione crea nuovi sbocchi per le aziende statunitensi che durante la guerra hanno prosperato per approvvigionare gli Alleati e hanno bisogno di continuare a produrre agli stessi ritmi, e plasma oltreoceano un mercato ad hoc il cui obbiettivo è soddisfare le esigenze dell’economia americana.
E nel momento in cui l’Europa occidentale si riprende, il consumismo americano è pronto a modellare le abitudini di acquisto dei suoi abitanti. Nei negozi compaiono televisori, aspirapolveri e lavatrici, già diffusissimi negli Usa. Le immagini di casalinghe americane bionde e sorridenti – tutte copie di Doris Day – che giocano con i nuovi balocchi «domestici» bombardano le famiglie dell’Europa occidentale. Per questo tutti sognano l’automobile e il televisore. L’America esporta persino modi nuovi per acquistare questi prodotti: con il pagamento rateale diventano quasi alla portata di tutti. E l’indebitamento dei consumatori europei sale alle stelle.
Il capitalismo americano intuisce che per costruire un mercato solido per l’esportazione non basta vendere oggetti, bisogna commerciare uno stile di vita. Ma gli Stati Uniti sono molto di più di un sogno, sono un luogo fisico appena al di là dell’Atlantico. E quel mondo idilliaco non solo esiste: lo si può comprare. Così la ricostruzione dell’Europa occidentale attraverso il Piano Marshall fornisce ai consumatori europei i mezzi per comprare il loro pezzo di sogno. Il Piano gonfia i loro portafogli, riavvia l’economia post-bellica per permettere loro l’acquisto dei tanto ambiti prodotti
americani. Ma oggi si sa che il sogno americano è stato soprattutto un’astuta trovata di marketing.
Il Piano Marshall è il prodotto economico del nuovo ordine politico legato alla Guerra fredda. Un sistema che isola l’Occidente dal Blocco sovietico dove regna la cosiddetta Pax Americana. Un ordine che per molti versi è l’opposto della globalizzazione e chiude l’Occidente in un sistema economico fortemente regolamentato. Il Piano nasce dalla mente di grandi economisti, tra cui l’inglese John Maynard Keynes (intellettuale membro del celeberrimo gruppo di Bloomsbury), ed è la manifestazione di una nuova dottrina che mette l’accento sul ruolo preminente dello Stato nella sfera economica. Non solo: determina la supremazia economica del Paese più forte. Per tutta la durata della Guerra fredda, il successo di questa filosofia poggerà sull’abilità di Washington nel controllare e manipolare le forze economiche che sostengono il nuovo mercato europeo – e in seguito molti altri – a vantaggio degli Stati Uniti.
Non a caso, durante gli anni della Guerra fredda la supremazia economica americana rimane indiscussa e l’Europa occidentale ne beneficia ampiamente. La crescita economica è straordinaria. Persino nei periodi bui del primo e del secondo shock petrolifero (1973-1974 e 1979-1980), la leadership americana mantiene una salda presa sull’economia occidentale, riuscendo ad attenuare l’impatto della crisi con il riciclaggio dei petrodollari (un processo che incanala il surplus monetario dei Paesi produttori di petrolio negli investimenti occidentali).
Ma, quasi per paradosso, una volta raggiunto il suo scopo ultimo – l’eliminazione del nemico e l’abbattimento della cortina di ferro – questo sistema va in frantumi. Lo Stato perde il controllo del mercato perché la politica non è più in grado di governare l’economia. E in quel momento l’economia cessa di essere al servizio della politica per fare l’interesse dei cittadini e diviene una spregiudicata canaglia, orientata esclusivamente al facile guadagno a spese dei consumatori. E oggi questa forza sta frantumando gli ultimi baluardi del sistema democratico.
I due eventi simbolici dell’inizio e della fine della Guerra fredda – il Piano Marshall e la caduta del muro di Berlino – rappresentano i due intervalli entro i quali il complesso rapporto tra politica ed economia si viene a creare e proprio per questo ci permettono di capire come dal controllo della politica sull’economia si possa passare a una situazione in cui l’economia canaglia tiene sotto scacco la politica.
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