Pubblichiamo una riflessione di Emiliano Sbaraglia sulla scuola italiana.
di Emiliano Sbaraglia
Adesso che se ne è accorto anche il ministro Profumo, è forse arrivato il momento di parlarne seriamente. La scuola italiana è divenuta a tutti gli effetti una realtà multiculturale, ma non è ancora attrezzata per accogliere questa sua trasformazione. Eppure ci sono scuole che, in attesa di provvedimenti istituzionali, si sono organizzate già da tempo in tal senso (cfr. Vinicio Ongini “Noi domani. Viaggio nella scuola multiculturale”, Laterza 2011). Naturalmente la soluzione non potevano essere le fantomatiche classi separate che tentò di introdurre l’ex ministra Gelmini; né si può pensare che gli studenti di origine straniera possano frequentare passivamente le lezioni in classe in attesa di integrazione, trattati come se avessero bisogno di insegnanti di sostegno (altro tema da affrontare con urgenza, ma lo faremo in altre occasioni).
D’altronde non è di integrazione che si parla, bensì di interazione, vale a dire di un rapporto attivo e paritario tra studenti, di uno scambio di conoscenze. Questo vuol dire in primo luogo lavorare sull’apprendimento della lingua italiana (in particolare della lingua scritta), attraverso metodi di insegnamento che riescano a ben mescolare tradizione e innovazione didattica, tenendo presente che in alcune circostanze gli studenti di seconda generazione nati in Italia parlano meglio degli “italiani-italiani”, e in generale cominciano a far registrare risultati migliori perché maggiormente motivati, guardando al percorso scolastico come un passaggio determinante di inclusione sociale nel nostro Paese, spinti dalle loro famiglie. Ma l’insegnamento della lingua italiana non è l’unico veicolo per costruire una scuola multiculturale. Ancora più importante sarebbe intervenire nel programma dell’ora di religione, e nella selezione dei suoi insegnanti.
In questi ultimi anni sempre più studenti decidono di rinunciare all’ora di religione, perché in molti casi si tratta di uno spazio di tempo utilizzato per diffondere i dettami di quella cattolica, come da sempre richiesto dallo Stato Vaticano. Ma la chiesa cattolica ha già l’opportunità di divulgare il proprio credo nelle scuole private, mentre la scuola pubblica dovrebbe poter garantire la pluralità delle fedi religiose, come la Costituzione italiana insegna (Art. 8).
Per questo è arrivato il momento di un passaggio fondamentale, quello dall’ora di religione a l’ora di religioni, prendendo spunto da corsi e seminari universitari attivi già da decenni contenuti nella disciplina “Storia delle religioni”, magari reclutando nuovi docenti adatti all’insegnamento di questa materia proprio dall’immenso bacino (gratuito o precario) di cui le università italiane dispongono. Si tratta di un passaggio divenuto ormai non più rinviabile a data da destinarsi, ma esiziale per favorire l’incontro di diverse culture tra studenti provenienti da diversi percorsi esistenziali. Lo studio della storia delle religioni deve diventare un pilastro della scuola pubblica di questo secolo, in un paese come il nostro che deve lavorare sul concetto di multiculturalità come occasione di arricchimento comune, e non come minaccia da cui difendersi. Tutto questo in attesa di varare finalmente una legge sul diritto di cittadinanza, per quella cosiddetta “generazione Balotelli” con la quale conviviamo quotidianamente, e di cui non possiamo più fare a meno.
Il futuro, un futuro migliore per tutti, dipende anche da queste decisioni.
Emiliano Sbaraglia (Frascati, 1971) è responsabile delle trasmissioni culturali di RadioArticolo1 e di UndeRadio, l’emittente-web di Save the Children Italia dedicata al mondo della scuola. Tra i suoi scritti Cento domande a Piero Gobetti (2003), Incontrando Berlinguer (2004), I sogni e gli spari. Il ’77 di chi non c’era(2007), La scuola siamo noi (2009), Il bambino della spiaggia (2010). Collabora con l’Unità e Italiani quotidiano. Partecipa al progetto e associazione “Piccoli maestri”.

Segnalo questo testo che mi è arrivato da una collega e che ho postato su carmilla: http://www.carmillaonline.com/archives/2012/09/004464.html#004464. Giusto perché sia chiaro cosa, nella totale libertà e assenza di verifiche, può accadere nell’ora di religione cattolica.
Ho letto l’articolo postato da Girolamo. Penso che si tratti di una provocazione: le affermazioni attribuite a non meglio identificati insegnanti di religione sono talmente eccessive da non avere, a mio giudizio, nessuna credibilità. Nel regno del possibile tutto può darsi, ma escludo che “gli insegnanti di religione” come categoria siano così oscurantisti, ottusi, ignoranti come li dipinge il testo. E’ giusto interrogarsi sul senso dell’ora di religione, sul modo in cui è stata imposta nella scuola italiana, sulle possibili alternative, ma non condivido una critica così rozza (mi riferisco al testo cui rimanda il link carmillaonline) verso insegnanti tra loro diversi, diversamente preparati, talvolta chiusi e bigotti, talaltra colti, intelligenti e aperti al confronto; in generale rifuggo dalle categorizzazioni (gli insegnanti di religione, gli insegnanti tout court, gli albanesi, gli islamici…)
Sono d’accordo con Mirella!
Credo che l’ora di religione debba essere presa in considerazione piú seriamente!! E’ un tema molto delicato e che personalmente penso vada risolto urgentemente proprio per i veloci cambi delle realtá multiculturali a cui fa riferimento l’articolo!
Mia figlia, quando mi chiede che cosa ne penso, mi mette in difficoltá e non so proprio cosa risponderle e l’unica cosa che posso fare é riportare la mia esperienza!
Io ho avuto la fortuna di conoscere, quando andavo a scuola e l’ora di religione era obbligatoria, una persona cattolica intelligente aperta e sensibile! Nonostante in classe si facesse il solito casino, il prof ogni tanto riusciva ad attirare l’attenzione con argomenti interessanti che scatenavano domande esistenziali eterne che ognuno di noi ha, ma l’aspetto interessante che secondo me il Prof. insegnava era attivare il dubbio ontologico necessario ad accendere la presa di coscenza e dunque imparare a riflettere in profonditá; che poi oguno con il crescere continui ad approfondire o meno, questa é un’altra questione!
Adesso che con la maturitá dei miei 50 anni riesco a trascendere il senso della vita e a non cascare piú nella trappola angosciante del materialismo, forse lo devo anche grazie alle classi con il prof. di religione!
Per questo penso sia necessario fare qualcosa e anche subito!
Non voglio che mia figlia come la maggior parte dei giovani che vivono i problemi esistenziali che tutti abbiamo vissuto e che sempre ci accompagneranno, brancolino nel buio in una solitudine che giá non é piú un malessere esistenziale ma bensí una realtá a tutti gli effetti dove spesso gli unici palliativi a calmare le angosce dell’esistenzialismo sono ormai diventati i prodotti tecnologici, le droghe l’alcol, distrazioni di ogni sorta e che ormai tutti conosciamo e che ci distraggono continuamente senza pause per poter esercitare ed imparare ad utilizzare costruttivamente le proprie capacitá riflessive e di analisi.
Io condivido in pieno l’articolo. Insegnare Storia delle Religioni sarebbe molto più utile e interessante dell’insegnamento della dottrina cattolica, dal momento che, fino a prova contraria, la Chiesa ha l’opportunità di insegnarla in altre sedi certamente più appropriata. L’articolo del link non è eccessivo ma descrive la realtà dei fatti. Viviamo in un Paese soggetto al Vaticano, sia per colpa di politici che tutto fanno tranne che cercare di essere laici; sia per colpa di cittadini baciapile che purtroppo rovinano questo paese. Nel corso dei miei studi, ho avuto come insegnante di religione un sacerdote, degnissima persona, per carità, ma che non faceva altro che spiegare i dettami della Bibbia e amen, e in seguito un’insegnante laica che impediva qualsiasi dibattito e che, gira che ti rigira, finiva sempre e comunque a parlarti del Vangelo. Io non ho nulla contro il cattolicesimo ma ce l’ho a morte con la continua ingerenza del Vaticano nei confronti della scuola e di molti altri settori della società. Inoltre, se i giovani sono vittime del materialismo, della mancanza di valori, delle droghe e quant’altro, forse non accade perché l’insegnamento della religione non è valorizzato. Magari, più semplicemente, lo si deve al fatto che hanno genitori incapaci di educare e che lasciano la prole a rimbecillirsi per ore in balia del pattume televisivo, di internet, della Play Station e così via. Ma non lo si può dire perché altrimenti si è provocatori…
@ Marisa
posso presentarti insegnanti di religione che fanno almeno il 50% delle affermazioni elencate nel testo dalla loro cattedra. E sai perché lo possono fare? Perché di fatto non esistono programmi nazionali da sottoporre a verifica, dal momento che l’insegnante di religione sottosta all’insindacabile valutazione della Curia. Controprova? Prova a proporre la trasformazione di quest’ora di catechismo simulato in una vera e propria ora di lezione, con compiti a casa, verifiche, valutazioni, ed eventuale debito a settembre: vedrai le levate di scudi! La maggior parte degli studenti che seguono l’ora di religione non chiede l’esonero perché sa che in caso di “problemi” durante gli scrutini un voto a favore della promozione è cmq assicurato.
Tutti i colleghi di religione che ho conosciuto assegnano i compiti a casa e somministrano le prove di verifica. Ma parlo della scuola primaria e di quella media. Resta il problema del loro reclutamento, escluso dalle normali pratiche concorsuali della scuola pubblica: i docenti di religione sono selezionati su giudizio insindacabile della curia e sempre su suo giudizio possono eventualmente essere riconosciuti come inidonei all’insegnamento, ma sono pagati dallo Stato italiano, lo scandalo principale è qui. Nella scuola primaria e in quella dell’infanzia l’insegnante di religione può non essere laureato : è sufficiente una sorta di attestato concesso dalla curia. Finora, era gentilmente concesso alle insegnanti delle altre discipline di scuola primaria e di scuola dell’infanzia, di poter insegnare anche religione cattolica. Dagli accordi stipulati tra il ministro Profumo e il presidente della Cei, Bagnasco, a partire dal 2017, se questi docenti vorranno insegnare la religione cattolica dovranno seguire un apposito master biennale. Situazione ridicola se si considera che non è richiesta la stessa preparazione per le insegnanti di lingua inglese, ad esempio. In ogni caso, secondo gli stessi accordi, dal 2017 tutti i docenti di religione dovranno essere laureati.
Gli insegnanti di religione godono di svariati privilegi rispetto ai colleghi delle altre discipline. Ad esempio, i precari di religione cattolica possono usufruire degli scatti biennali di anzianità, da cui invece sono esclusi tutti gli altri docenti precari. Questo vuol dire che, al momento di essere assunto, rispetto a un suo collega di qualunque altra disciplina che abbia maturato gli stessi anni di pre-ruolo, il docente di religione avrà uno stipendio di base ben più elevato. Inoltre, sebbene insegnino una disciplina cosiddetta “facoltativa”, possono tuttavia entrare in ruolo. Questo significa che, se la curia dovesse ritirare il suo nulla osta, il docente potrebbe comunque continuare a insegnare un’altra disciplina. Tanto paga sempre lo Stato italiano, non il Vaticano.
In ogni caso, io scinderei la situazione dell’insegnamento della religione cattolica dalle difficoltà che un mondo multiculturale può porre alla scuola italiana. La scuola pubblica italiana, dopo la fiammata di amore verso l’altro del decennio 1990-2000, ha progressivamente spento ogni entusiasmo nei confronti di una didattica pronta all’accoglienza e all’interazione. Così, in un consiglio di classe di quest’anno ad esempio mi è capitato di sentire il dirigente affermare che non è necessario pensare a percorsi specifici per l’apprendimento della lingua italiana da parte di due alunni cinesi perché “sono loro che devono integrarsi” (corollario di teste docenti che annuiscono con soddisfazione). Pochi minuti dopo, lo stesso dirigente denigrava un bambino tedesco perché, a suo dire, la mamma pretendeva troppo, dato che nella scuola di provenienza del ragazzo (una scuola per “ragazzi speciali”, avendo il ragazzo dei talenti particolari) c’era l’ora di “modulazione della voce” e invece qui in Italia gli alunni gridano sempre troppo. A sostegno della validità della scuola italiana c’era, secondo il dirigente, il fatto che si insegna la storia, mentre in Germania no, col conseguente commento: “ Del resto, dati i precedenti, è normale che non si insegni storia lì”. La scuola in cui insegno, tengo a dirlo, è considerata avanzatissima dal punto di vista dell’integrazione. ¬¬In conclusione. Non esistono insegnanti validi perché non insegnano religione e insegnanti di religione che, in quanto tali, impediscono lo sviluppo di un approccio didattico aperto alle diversità culturali. Esistono semplicemente buoni docenti e docenti mediocri. Ma la scuola italiana, presa dalla sua lotta per la sopravvivenza, sta procedendo a grandi passi verso la mediocrità.
Non sono per nulla d`accordo. Vorrei eliminare la religione dalla scuola.
Certe panzane e giochetti andrebbero “insegnate” altrove, e pagati da chi ancora non ha raggiunto la maturita` intellettuale per capire le colossali balle propalate dalle religioni.
Rispetto per chi (la maggioranza) non vuole vedere ne` preti ne` imam, ne` insegnanti politicamente corretti che diffondono pratiche astruse.
Se invece si decide che la scuola deve insegnare il pensiero magico, allora perche` non storia di Harry Potter, pastafarianesimo, omeopatia, feng shui, presenze aliene, e cure magiche per il cancro?
Una bella ora di educazione civica, dove si insegni il rispetto della comunita` e delle sue pratiche, non sarebbe meglio per educare dei futuri cittadini?
Voglio precisare che condivido le molte critiche rivolte all’insegnamento della religione: istituisce un privilegio a vantaggio dei cattolici e una discriminazione verso i non cattolici, che siano di un’altra o di nessuna fede; crea una categoria di insegnanti “diversi” dagli altri, con privilegi ma anche con obblighi e costrizioni particolari; sono del parere che sarebbe preferibile un’ora di storia delle religioni o di educazione alla cittadinanaza (anche questo un insegnamento che c’è e non c’è). Quello che mi ha infastidito, non nell’articolo di Sbaraglia ma nel testo linkato di Carmillaonline, è l’attribuire agli insegnanti di religione un’ignoranza e una chiusura mentale che qualcuno sicuramente avrà, ma certo non tutti e non in maggioranza; infine, come dice Eva, “Non esistono insegnanti validi perché non insegnano religione e insegnanti di religione che, in quanto tali, impediscono lo sviluppo di un approccio didattico aperto alle diversità culturali. Esistono semplicemente buoni docenti e docenti mediocri”. Anch’io conosco molti insegnanti di religione, più laici che preti, e la maggior parte di loro è costituita da persone colte che non direbbero mai che la teoria galileiana o quella darwiniana è errata. Sorprenderà molti, ma anche all’interno del mondo cattolico esistono cultura e libero pensiero. Riguardo alla riforma dell’insegnamento della religione nella scuola italiana, sarebbe certo opportuno, ma non lo vedo al momento praticabile a causa del forte legame e della subalternità della classe dirigente italiana nei confronti della Chiesa Cattolica.
Ops! scusami Marisa.. e non Mirella!
“Si tratta di un passaggio divenuto ormai non più rinviabile a data da destinarsi, ma esiziale per favorire l’incontro di diverse culture tra studenti provenienti da diversi percorsi esistenziali.”
Esiziale vuol dire disastroso, non essenziale.