Inauguriamo una nuova rubrica dedicata alla poesia, a cura di Anna Toscano. La prima puntata è dedicata a Ingeborg Bachmann, poetessa e scrittrice austriaca (1926-1973).

Enigma

Moriremmo così, per non
ricordare più, indivisi,
ciò che nessuno può separare. L’arte,
uno sporco traffico
con le parole, verrà onorata,
un giorno giacevo al margine del bosco
e consideravo un paio di pagine scarabocchiate
pure e assolute, e lo erano.
Sono di nuovo, a questo punto da quando
vedo cosa combinano con le parole.
le credevo il buon Dio, cioè il prato
e formiche e sciami di zanzare, assolutamente
affidabili.
Le piccole punture non mi hanno infastidita.

***

Le poesie di Ingeborg Bachmann paiono talvolta uscite da una combinazione possibile di un mosaico, alcuni versi possono scivolare in un altro testo, altri cambiare di posizione all’interno della stessa composizione; non è disordine, non è straniamento, è la cifra di una scrittrice che confida nella parola in modo assoluto e maneggia il verso come un cavaliere la sua sciabola.

Il suo verso è affilato, taglia la vita alla perfezione e ne viene tagliato, alla ricerca della porzione perfetta di lessico e significato che lenirà la ferita, attenuerà la spasimo, renderà l’esistenza sopportabile. Bachmann nella poesia, come per alcuni versi in prosa, riversa il dolore e al contempo lo cristallizza per abbandonarlo, salvo poi riprenderlo nella lirica successiva, alla ricerca della grazie, della salvezza, della parola-morfina.

Il lutto, la pazzia, la morte, la malattia, la fatica, la stanchezza puntellano i suoi versi, li mettono in croce a ogni pagina, in un incessante cercare la parola che aiuti il continuare a morire che è la vita.

È una poesia a nervi scoperti, nessun farmaco, nessun abbraccio, nessun sorriso a proteggere – “Io non ho avuto lanugine / strato protettivo nulla, nulla / ho avuto […]” – è una poesia diretta, senza finzioni o filtri, e in quanto tale parla di ognuno di noi e ognuno di noi è in quella poesia.

***

La parola del pazzo

un ghiaione la parola
precipitò coi sassi
in quel ghiaione, trasportata
l’eco, se non l’avessi trasportata
fuori e ancora,
chiamaci a noi,
al principio
non era,
era alla fine.

La grazie morfina,
ma non
la grazia di una parola
la grazia di un letto bianco di freschi lini,
ma non
la grazia di tenere la mano
La grazia ancora
non teneva la mano, non manteneva la parola

____________

poesie tratte da Ingeborg Bachmann , Non conosco mondo migliore, trad. Silvia Bortoli, Guanda, Parma, 2004

 

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Autore

a.toscano@minima.it

Anna Toscano vive a Venezia, insegna presso l’Università Ca’ Foscari e collabora con altre università. Un’ampia parte del suo lavoro è dedicato allo studio di autrici donne, da cui nascono articoli, libri, incontri, spettacoli, corsi, conferenze, curatele, tra cui Il calendario non mi segue. Goliarda Sapienza e Con amore e con amicizia, Lisetta Carmi, Electa 2023 e le antologie Chiamami col mio nome. Antologia poetica di donne vol. I e vol. II. Molto l’impegno per la sua città, sia partecipando a trasmissioni radio e tv, sia attraverso la scrittura e la fotografia, ultimi: 111 luoghi di Venezia che devi proprio scoprire, con G. Montieri, 2023 e in The Passenger Venezia, 2023. Fa parte del direttivo della Società Italiana delle Letterate e del direttivo scientifico di Balthazar Journal; molte collaborazioni con testate e riviste, tra le altre minima&moralia, Doppiozero, Leggendaria, Artribune, Il Sole24 Ore. La sua sesta e ultima raccolta di poesie è Al buffet con la morte, 2018; liriche, racconti e saggi sono rintracciabili in riviste e antologie. Suoi scatti fotografici sono apparsi in guide, giornali, manifesti, copertine di libri, mostre personali e collettive. Varie le esperienze radiofoniche e teatrali. www.annatoscano.eu

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