di Andrea Cardoni

Come si racconta il Conclave più importante di tutti i tempi: un vademecum da quello di Leone XIII.

Il giorno del funerale di papa Francesco ero a San Pietro con un cane marrone legato a una transenna. Non era il mio. Lo aveva lasciato lì un fedele francese, perché non poteva farlo entrare in piazza. Del cane si sono presi cura i volontari della protezione civile che erano lì a dare assistenza sanitaria ai fedeli. Per tre ore hanno cercato di fargli ombra e dargli un po’ di acqua. Quando il fedele francese è tornato, i volontari gli hanno detto che non avrebbe dovuto farlo. Lui ha solo slegato il cane marrone e se ne è andato.

È stata forse l’unica cosa che per me vale la pena di scrivere su quel giorno. Anche perché il resto lo stavano già filmando e fotografando, pubblicando e trasmettendo, tutte le altre persone, fedeli e non, che erano in piazza. Ognuno ha raccontato il suo minuscolo pezzo di funerale. Nessuno riuscirebbe a raccontarlo tutto.

C’è invece un libro di più di seicento pagine che racconta tutto un funerale e tutto conclave come, a suo dire, non lo ha mai raccontato nessuno. Lo ha scritto Raffaele De Cesare, storico e senatore del Regno d’Italia.

Pubblicato nel 1888 per l’editore Scipione Lapi di Città di Castello, intitolato “Conclave di Leone XIII”, De Cesare racconta quello che per lo stesso autore è il conclave più memorabile che ricordi la storia della Chiesa: “memorabile per condizioni e circostanze storiche del tutto nuove, per la libertà che godette, e anche per i criterii, che suggerirono la scelta del nuovo pontefice. Non vi furono, fazioni, né maneggi, né ostilità pertinaci di cardinali italiani o stranieri, ond’è ricca la cronaca delle elezioni pontifìcie, e che sono da attribuire al fatto, che in quei Conclavi si eleggeva il capo della Chiesa, e anche il Re di un magnifico regno di quattro milioni, nel mezzo dell’Italia, e l’arbitro indiretto, più d’ogni altro principe, dei destini di questa”.

Sì perché Leone XIII è stato il primo, dopo mille anni di storia, a non esercitare il potere temporale. Ma è stato anche il primo papa sociale e il primo papa delle encicliche (ne fa 86), il primo papa testimonial (del vino Mariani), il primo papa ad essere filmato e audioregistrato. Ma soprattutto “Questo Conclave fu il più numeroso che ricordi la storia. Nessuno raccolse in minor tempo maggior numero di cardinali presenti (61, ndr)”.

Non c’è evento o fattoide il cui racconto non parta dal presupposto di chi scrive che quell’evento o fattoide sarà “il primo di /…qualcosa…/” o “il più /….qualcosa…/ di tutti i tempi”. Lo si fa anche oggi, e non solo per un conclave. Anche quello di Papa Francesco, è stato il funerale più social della storia.

Raffaele De Cesare scrive il Conclave di Leone XIII” nove anni dopo l’elezione di Gioacchino Pecci (incoronato il 3 marzo 1878) ed è un racconto dettagliato e puntuale di tutto quello che è successo, dal 7 febbraio 1878 fino ciò che il pontificato sarà dopo Leone XIII. Ma è anche un manuale di come si può raccontare un conclave in modo pressoché totale come ha fatto lui, attingendo a documenti, diari, bilanci, lettere, cronache, disegni e fotografie. Nel libro di De Cesare c’è tutto: dal fetore delle celle di cardinali agli scherzi nelle schede elettorali, dall’annuncio ritardato del nuovo papa perché i campanari erano in pausa pranzo alla scaramanzia dei cardinali fino al bilancio consuntivo del conclave (lire 57.871,67 da dare all’architetto Martinucci, che si vedrà costretto a citare in giudizio per inandempienza monsignor Axtgusto Theodoli, maggiordomo di Leone XIII, che oltre a non averlo pagato, vincerà la causa invocando l’extraterritorialità).

Per questo ho pensato potesse risultare più efficace proporre una selezione di citazioni estratte dal testo di De Cesare e farne una sorta di prontuario, magari utile a chi nei prossimi giorni vorrà cimentarsi nel racconto totale del conclave che verrà.

Non trascurare incidenti, tieni le malizie.

“Le molte note e appunti, che io ho avuto per le mani, ho cercato di spogliare di tutta la parte superflua ovvero comune al cerimoniale di altri Conclavi; ho avuto cura di rifonderli in un solo lavoro, non trascurando alcun incidente degno di nota, sebbene in apparenza non sembri tale, e lasciandovi le piccole malizie e le piccole vanità, ond’è piena la cronaca aneddotica dei Conclavi”.

Diffida dei conclavisti.

“Le cronache e gli anonimi diarii dei conclavisti sono fonti ordinariamente impure per la storia. Il conclavista non è uno storico; è un curioso, ordinariamente pettegolo, il quale prende nota di quel che vede e ascolta; scrive senza lume di critica e con molta presunzione di sé, sopratutto se appartiene a cardinale papabile. Non vi ha cosa più vana del giuramento di segretezza, che i conclavisti prestano. La qual segretezza non fu osservata mai, neppure quando romperla era pericolo non lieve. Se dalle cronache dei conclavisti sono venuti fuori intrighi e raggiri, miserie morali e politiche, cose inverosimili e scandalose, particolari da donnicciuola e gelosie da convento, son venuti fuori, non di rado, documenti, che gettano viva luce su qualche periodo storico del Pontificato romano.”

Onora l’arte di scrivere.

“Nessun’arte di scrivere rivelano i conclavisti, per cui le loro memorie non si leggono senza sbadiglio, e si va in fondo solo nella speranza di trovarvi qualche documento, o particolare d’importanza. Ecco che cosa sono quelle scritture, e su per giù tutte le altre dello stesso genere, quando non sono libelli e satire sconcie”.

Inizia dalla morte del vecchio papa.

De Cesare inizia con la morte di Pio IX che muore “il 7 febbraio, all’Avemaria. Era giovedì. I medici che ne attestano la morte ci sono i dottori Ceccarelli, Antonini, Topai e l’aspirante Petacci (sì un Petacci, parente di -, ndr). La faccia del Papa era calma e quasi sorridente. Grande folla di visitatori si recò al Vaticano in quel giorno in Vaticano non si videro mai tante persone, né tante signore con lunghe code. Veramente prevaleva la curiosità. Le dame erano preferite ai vecchi sacerdoti”.

L’imbalsamazione.

“La sera il dottor Ceccarelli procede all’imbalsamazione del cadavere del Papa, col sistema misto. L’imbalsamazione, eseguita per la carotide;, riuscì perfetta. Ceccarelli esegui inoltre cinque incisioni, tre alla gamba destra e due alla sinistra del Papa. […] Ceccarelli estrasse anche i precordi del Papa, che, imbalsamati, furono chiusi in una vetrina e poi depositati nei sotterranei della basilica vaticana”.

L’impiccato e il Cristone.

L’8 febbraio in curia sono presenti 38 cardinali. Il cardinal Ferrieri rivolgendosi al cardinale D’Avanzo, napoletano, dice: “sono contento che siamo 38 e non 39, perché 39 nel libro del lotto vuol dire impiccato”. Poco dopo i cardinali fanno giuramento ma non trovandosi pronto un vangelo e “poiché si avea fretta, si giurò sopra un crocifisso. Non piacque vedere questo crocifisso andare innanzi e indietro, e udire il cardinal Bartolini dire con voce grossa a monsignor Lasagni: “Eh! pigli er Cristone”. Si ebbe alla fine un messale, e su questo proseguì il giuramento”.

Conclave a Roma o Monaco.

Dato il momento storico, i cardinali mettono a votazione se fare il conclave a Roma o no. Solo otto cardinali votano per il Conclave in Roma, ognuno per una sua motivazione. “Si dice che il tedesco Hohenlohe lo facesse per consiglio di Bismark; Ferrieri per spirito di contraddizione, Berardi per influenza del fratello Pippo e del Governo italiano o Chigi perché gli rincresceva abbandonare gli agi di Roma”. C’è poi il cardinale Sacconi che propone il principato di Monaco e cardinal Ferrieri mormora alcune parole all’orecchio del suo vicino Hohenlolie, il quale ride. “Si seppe poi avergli detto che Sacconi voleva Monaco, perché vi aveva alcune conoscenze nella società femminile”.

Come deve essere il papa più papabile.

Pecci-Leone XIII “aveva fama di ottimo vescovo; era noto per la cultura umanistica e l’amore agli studi […] Quanti desideravano nuovi tempi posavano gli occhi su lui. Era in età papabile, contando sessantotto anni, e però non prometteva lungo pontificato; era sano, ma il suo organismo di asceta non pareva dei più resistenti. […] Il papato lo atterriva. La voce che non lo desiderasse contribuì, com’è naturale, a far raccogliere sul nome suo parecchi di quei voti, che nei primi scrutini erano andati dispersi, e ne affrettò l’elezione”.

La cella 17.

“In ultima congregazione si procede alla estrazione delle 70 celle, secondo le schede distribuite. La cella numero 17 che figurò come occupata dal cardinal Borromeo, restò vuota”.

Cena e avvelenamenti. “Ogni cardinale cenò e mangiò col proprio conclavista. II cibo veniva preso dalla cucina comune. Il pranzo consisteva in una zuppa, lesso, due piatti e abbondante dessert, e vino bianco e rosso eccellente. Il pranzo, non venendo di fuori, non era visitato alle ruote. Solo il cardinale Hohenlohe riceveva il pranzo e la cena dal suo cuoco. Si disse che lo facesse per paura di avvelenamento, ma nessuno vi credè”.

I voti nulli.

“Lo scrutinio cominciò dopo le 11, e terminò a mezzogiorno. In seguito a lunga contestazione, il risultato fu dichiarato nullo, perché, essendo quasi tutti cardinali nuovi di conclave i cerimonieri non li avevano ammaestrati abbastanza nell’apposizione dei sigilli alle schede. […] In seconda votazione un voto fu annullato. Invece di scrivere Pecci, un cardinale aveva scritto Picchino. Chi disse che fosse un tedesco, e chi uno spagnolo”.

Patacconi e fetori nelle celle.

“La cella toccata al cardinale De Falloux, segnata col numero 2, si trovava dalla parte del cortile della Rota, e in una camera c’era cattivo odore. De Falloux, malgrado i profumi di cui era provvisto, diceva di non potervi resistere, e si mostrava impaziente. Egli portava sul petto un grosso pataccone dorato, che sormontava una croce episcopale in mosaico. Il pataccone raffigurava lo Spirito Santo. In tempo di Conclave tutti i cardinali portano la croce sul petto; ma nessuno ne aveva messa una così grande. Si rideva”.

La notte insonne del Camerlengo e del povero Foschi.

“La cella del Camerlengo era nell’appartamento del segretario di Stato, e i rumori, che venivano dall’appartamento di sotto, erano incessanti. Cenò poco e di mala voglia; disse a Foschi che con quei rumorii sarebbe stato difficile dormire. […] Incaricò Foschi di andare alle ruote e ordinare che smettessero; ma Foschi, poco esperto del palazzo apostolico, non trovò la via. Continuando i rumori, il Camerlengo, che era agitato, ordinò ai suoi conclavisti che gli trasportassero il letto nel corridoio accanto. Erano le 11. Allo strepito insolito accorse il conclavista del cardinale spagnolo Payà-y-Rico, per indagare qual fosse la causa di quei rumori. Saputa la cagione per cui si trasportava il letto nel corridoio, pregò e scongiurò il Camerlengo di accettare la camera di lui. Non era passata un’ora, e il Camerlengo fu costretto a levarsi di nuovo, ed a cercare rifugio nella sua cella. Non aveva potuto chiudere gli occhi a causa del rumoroso russare del cardinale spagnolo, del suo conclavista e del servo. Svegliò Foschi e gli narrò l’accaduto. Essendo notte avanzata, non fu possibile trasportare di nuovo il letto; furono portati i soli materassi, e su questi il Camerlengo dormi. I rumori di giù erano cessati”

L’ultimo giorno di Conclave.

“Il Camerlengo è l’ultimo ad entrare nella cappella. Tutti gli occhi si volgono a lui. Vuol parere indifferente, ma è assai pallido ed agitato. È tormentato da un raffreddore preso la notte precedente, andando e tornando dalle sue stanze”.

Lo scherzo della scheda del Cardinal Nessuno.

“Si succedono le schede col nome di Pecci. Questi è inquieto e pensoso. Tutti lo guardano. La lettura di una scheda interrompe per un momento la solennità dello scrutinio. La scheda dice “eligo in summum pontifice ìn eminentissimum ac reverendissimum cardinalem neminem”. Tutti ridono”.

Controlla calze e zucchetti.

Pecci raccoglie 44 voti. “Electus! I cardinali circondano il nuovo Papa, gridando: Evviva, Evviva”. Sarà Leone XIII. Inizia la vestizione. “Lo zucchetto era un po’ grande, ma non guastava; nella mozzetta entrava due volte, ma non ve n’era una più piccola. Gli furono calzate le pantofole scarlatte con la croce d’oro, ma non mutate le calze rosse di cardinale in quelle bianche di Papa. Le calze rosse spiccavano sul bianco della sottana, piuttosto corta”.

La fumata invisibile e l’annuncio balbettato.

“Il cardinal Borromeo, incaricato di bruciare le schede, le bruciò senza paglia, e la sfumata fu appena visibile. Sulla piazza vi erano poche persone. La scalinata esterna di San Pietro fu piena di curiosi fino al mezzogiorno, ma, dopo la sfumata, lentamente si vuotò. Nessuno suppose che il Papa fosse stato eletto. Ad un tratto si vide gente dietro ai vetri della loggia di mezzo. Tutto tremolante, il decrepito Caterini, fattosi innanzi, balbettò: “annuntio vobis” e non riusciva a pronunciare le altre parole. Cataldi gli diceva ripetutamente. “coraggio, Eminenza”, e il vecchio cardinale balbettava: “annuntio, annuntio” ma non aveva forza di proseguire. Dal pubblico impaziente si udì una voce domandare chi fosse il nuovo Papa. Il conclavista del cardinale Oreglia, don Bartolomeo Grassi Landi, rispose a voce alta: “il cardinal Pecci col nome di Leone XIII”.

Campanari in pausa pranzo.

“Quel mercoledì 20 febbraio fu una bella giornata […] Si chiamò un sampietrino, che passeggiava solo nella basilica, e gli si ordinò che facesse suonare le campane di San Pietro per un’ora. Ma i campanari erano andati a pranzo dopo la sfumata. Furono chiamati in fretta, ma il suono delle campane di San Pietro non cominciò che dopo le due”.

Anche quello che inizierà il 7 maggio sarà il conclave più /…qualcosa…/ di tutti i tempi, ne sono sicuro.

Andrea Cardoni è nato a Roma nel 1981. È autore di podcast, radio e tv. Ha scritto “Tutti romani tutti romanisti” (ed. Marcos y Marcos) e “Tutto quello che non doveva succedere” (Fandango). Ha partecipato alla scrittura del libro collettivo Repertorio dei matti della città di Roma (Marcos y Marcos).

Tutte le foto sono di Andrea Cardoni 

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