
di Veronica Franchi
Per definire Audre Lorde occorre stare nelle differenze, mettere in fila una serie di aggettivi per evitare di cedere a classificazioni univoche: donna, Nera, lesbica, femminista, poeta, madre, in una coppia interrazziale, e ancora aggiungere parole per restituire la molteplicità della vita (e quindi delle lotte), seguendo il suo pensiero teso al riconoscimento dell’altro, di ciò che resta al margine sia personale che politico.
Sorella outsider è la raccolta dei suoi scritti da poco ripubblicata da Meltemi con la traduzione di Margherita Giacobino e Marta Gianello Guida, che già ne avevano curato la traduzione e la prima pubblicazione italiana nel 2014, con l’editore Il dito e la luna. Scritti tra il 1976 e il 1984, i quindici testi di questa raccolta, molti dei quali discorsi politici, offrono una nitida panoramica sul percorso intellettuale di Lorde che per prima, affiancandosi ad altre come hooks, Davis, Anzaldùa, ha unito il discorso sul sesso con quello sulla razza, per poi continuare a interrogare le intersezioni tra le oppressioni attraverso il riconoscimento delle differenze.
Per mezzo della poesia, Lorde muove dalla consapevolezza di sé verso l’alterità e radica la sua parola nell’essere e riconoscersi outsider e guerriera. Guerriera, come lei stessa si definiva, contro le forze della malattia (il tumore al seno, per il quale dal 1977 combatterà anche una battaglia politica oltre che personale) e contro le ingiustizie e l’odio che le donne Nere – spesso le sue interlocutrici privilegiate – subiscono per essere nate in un tempo e in luogo che non aveva previsto la loro sopravvivenza. “Quali sono le parole che ancora non avete? Cos’è che avete bisogno di dire?” si chiede nel discorso La trasformazione del silenzio in linguaggio e azione, scritto poco dopo la scoperta della malattia.
È un’esortazione a parlare, ad autodefinirsi usando il linguaggio, rivolta alle altre con l’onestà di chi per prima ha affrontato la paura di uscire dal rifugio del silenzio ed esporsi; ma è anche una domanda che, attendendo una risposta, svela l’orizzonte specifico della parola per Lorde, quello della relazionalità. Nei discorsi emerge la ricerca di dialogo inteso come azione davvero politica, la necessità di rompere i silenzi non per cadere in soliloqui consolatori, ma per entrare in contatto con altre donne, per gettare ponti attraverso le differenze per mezzo di una parola situata, che si radica nell’esperienza e si accompagna alla responsabilità di trasformarsi in azione. Una relazionalità che chiede impegno anche nell’ascolto, chiama tutte ad entrare in contatto con le parole delle altre e a prenderne in esame le attinenze e le diversità con le proprie vite.
Il tema delle differenze (di razza, sessualità, classe, età) e della loro considerazione è uno snodo fondamentale nel pensiero di Lorde; conoscerle e ridefinirle, abbandonando dicotomie semplicistiche o fittizie uguaglianze, è necessario per reagire a quelle storture interiorizzate costruite da una società che ci ha abituati a ignorare le differenze o a vederle come barriere insormontabili, una società basata sul profitto e quindi bisognosa di “outsider come riserva umana”. Rabbia, odio e paura diventano emozioni da comprendere e parole da usare, perché solo il loro uso può essere trasformativo e diventare lo strumento con cui ricercare nuovi paradigmi sociali che ci permettano di vivere come uguali tra le diversità.
Il lessico di Audre Lorde graffia la superficie del desiderabile pacificatorio portando in luce attriti e contraddizioni anche in seno al femminismo stesso, quando ricorda che “il femminismo Nero non è il femminismo bianco con una faccia nera” o sottolinea l’errore di utilizzare la parola sorellanza basandosi solo sul sesso e fingendo una omogeneità di esperienze che non esiste nella realtà. Le differenze e i conflitti sono un campo da attraversare per agire un pensiero che non ignora la propria esperienza o il vissuto dell’altra e le maglie del sistema politico e sociale in cui sono situati. Un posizionamento personale che non cede al personalismo, ma ha lo slancio dell’oggettività perché riconosce l’intorno, l’ambiente, le condizioni reali che ci plasmano.
Nella pratica complessa del “partire da sé” emerge la cifra specifica di Lorde, che trova nella poesia una luce attraverso cui scandagliare il sé profondo e lo strumento con cui esprimerlo. Questo radicamento all’esperienza personale e tangibile permette di illuminare le condizioni materiali entro cui si sviluppa il pensiero, in contrasto con una produzione teorica e poetica segnata dalla modalità patriarcale che si racconta invece come astratta e universale.
La poesia non è un lusso, testo che apre la raccolta, convoca l’attività poetica come espressione del sentire, una possibilità di nominazione e ri-significazione dei fenomeni della realtà di cui si prende coscienza. La poesia si radica nell’esperienza e dà vita al pensiero, lo precede, afferma Lorde “come la conoscenza precede la comprensione” e, lontana dall’essere solo un gioco espressivo, unisce la visione all’immaginazione e diventa per lei il ponte tra sé stessa e la sua azione politica.
Il sentire tratteggiato da Lorde svela la potenza dell’erotico, potere trasformativo che è stato reso sospetto e confuso con il suo opposto, il pornografico. Al contrario di quest’ultimo che enfatizza la sensazione superficiale sensazione, l’erotico è un sentire autentico che rivendica la materialità dei corpi e delle emozioni: agisce come misura della capacità di provare gioia e benessere e permette di entrare in connessione con l’altra persona tramite la condivisione fisica o intellettuale di qualunque attività. Diventa un potere di cui essere consapevoli, un tipo di conoscenza da usare, che investe ogni aspetto della vita e guida nella comprensione.
Per innescare un cambiamento occorre esercitare questo sentire, trasporlo in linguaggio e, dove necessario, inventare il linguaggio con la poesia, facendo i conti, e qui si pone lo scarto scottante e politico, con l’esperienza autentica dell’alterità. Quali sono le parole che ancora non avete? Cos’è che avete bisogno di dire? Audre Lorde indica dove cercare le risposte e come dar loro forma.
Minima&moralia è una rivista online nata nel 2009. Nel nostro spazio indipendente coesistono letteratura, teatro, arti, politica, interventi su esteri e ambiente