Cento sonetti indie è il primo libro di poesia di Luca Alvino. È un diario della vita di tutti i giorni, che si lascia attraversare dalle vicende minuscole e da quelle più significative della vita quotidiana: gli affetti domestici, i mal di testa, l’insonnia, i farmaci, i disturbi depressivi. La forma è quella del sonetto, forse la più classica della tradizione poetica italiana, ma il linguaggio è quello quotidiano, con poche concessioni alla tradizione tutte ben dichiarate ed evidenti Il libro è pubblicato dall’editore Interno Poesia, che ringraziamo..
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Poliposi colecistica
Ho un polipetto di colesterolo
nella mia colecisti, indisturbato.
Se ne sta lì, immobile e beato,
sta senza dar fastidio, solo solo.
Mi chiedo cosa faccia, se abbia un ruolo,
nella mia digestione, se celato
dentro la cistifellea abbia imparato
a metabolizzar pollo e barolo.
Può crescer, perciò m’hanno consigliato
di effettuare un’altra ecografia
tra un anno, un anno e mezzo, per scoprire
se si è manifestata qualche spia,
se in qualcos’altro s’è modificato,
se un brutto giorno mi farà morire,
o fare una colecistectomia.
I baci dentro al letto la mattina
Stamattina, svegliandomi alle sette,
sotto il piumone morbido ho sentito
il caldo del tuo corpo ed ho capito
la verità delle cose non dette.
Come uomo che sente e non riflette,
t’ho abbracciato da dietro insonnolito,
poi ti ho baciato il viso e, intimidito,
ti ho detto le parole predilette.
D’un tratto ti ho sentita più vicina,
e poi, seguendo un rito scaramantico,
ci siam toccati i piedi sospirando.
E adesso, a ripensarci, mi domando
che c’è di più appagante e più romantico
dei baci dentro al letto la mattina.
Ode all’ibuprofene
A volte – capita – non dormo bene,
m’alzo con un feroce mal di testa,
come se avessi dentro una tempesta,
e allora prendo un po’ di ibuprofene.
Dopo mezz’ora – non so come avviene –
il male passa e la stanchezza resta,
e il languore che ho in me sembra una festa
che sul bordo dei sensi mi trattiene.
Sono le mie illuminazioni folli,
in cui costeggio il ciglio della vita
per vivere quei viaggi psichedelici.
Sono vaneggiamenti aristotelici,
una felicità dolce e sbiadita
portata dalle mie capsule molli.
In un mondo così meraviglioso
Stasera alla chitarra tu hai suonato
– che tenerezza! – Creep dei Radiohead,
e a sentirti mi sono emozionato,
anche se non saprei dirti il perché.
Con la voce dolcissima hai cantato,
(io ti ascoltavo, e mi sentivo un re!),
di colpo, in un istante, mi è sembrato
di non desiderare più alcunché.
L’aria era vaga, come in una bruma,
tutto improvvisamente era prezioso,
e tu eri più leggera d’una foglia.
Mentre suonavi, stando sulla soglia,
sembravi volteggiare come piuma
in un mondo così meraviglioso
Fino a quando felice la poesia
Fino a quando felice la poesia
mi sgorgherà copiosa dalle dita
continuerò a comporne per la vita
come un’ininterrotta emorragia.
Prima che questo afflato vada via
– e prima di arrivar presso l’uscita –
attingere vorrei con la matita
alle sorgenti della fantasia.
Io voglio scrivere un sonetto al giorno,
sarà la mia preziosa medicina,
come il caffè che prendo la mattina.
Sarà il mio litio, la mia olanzapina,
l’ibuprofene, la melatonina,
sarà la buonanotte ed il buongiorno.
Luca Alvino è nato nel 1970 a Roma, dove si è laureato in Letteratura Italiana. Nel 2025 ha pubblicato per Il Convivio la raccolta poetica Sono il poeta. Nel 2023 ha tradotto e curato per Interno Poesia un’ampia antologia delle poesie di John Keats, intitolata Mio cuore. Nel 2021 ha pubblicato, ancora per Interno Poesia, la raccolta poetica Cento sonetti indie. Nel 2018 è uscita per Castelvecchi la sua raccolta di saggi Il dettaglio e l’infinito. Roth, Yehoshua e Salter. Nel 1998 ha pubblicato con Bulzoni una monografia sull’Alcyone di Gabriele d’Annunzio, intitolata Il poema della leggerezza.

bella schifezza
Preso e letto in un giorno. Sei riuscito a dare nuova vita al sonetto, che sembrava un linguaggio del passato. Chapeau.
Grazie cadrega!
È stato bravo, lavorò di fino,/
trovar le rime seppe spesso giuste/
in questi suoi sonetti Luca Alvino,/
che entrando in questo letto di Procuste/
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n’è uscito non ridotto a uno stracchino:/
le membra (metaforiche) robuste/
avendo come tavole di pino;/
e fur le rime sue no, non vetuste,/
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senza un mordente, insipide, stantie:/
ma furon molte volte originali,
ed anche le persone più restie
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al verso le dovetter trovar tali
da più e più volte legger le poesie
del libro che ce n’ha di magistrali