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Questo terzo (e ultimo) volume della biografia di S.T. Joshi abbraccia un periodo di tempo piuttosto vasto: inizia nel 1928 e arriva al 2010, settantatré anni dopo la morte di HPL.
Non appena ho notato questo particolare – piuttosto insolito, per una biografia – mi è venuto in mente, sai chi?, Clyde Tombaugh, l’astronomo che scoprì Plutone.
Mi è venuto in mente, Tombaugh, non tanto perché è stato HPL, in realtà, a scoprire Plutone per primo, ma perché è stato Tombaugh – finora – l’unico essere umano ad abbandonare il nostro sistema solare. L’ha fatto il 19 gennaio 2006 a bordo della sonda spaziale New Horizons sotto forma di… una manciata di cenere!

Il racconto di S.T. Joshi degli ultimi anni della vita di HPL me lo immagino proprio così: pronto a sconfinare, a oltrepassare i “limiti” di una vita, a superare anche il tempo per approdare, perché no?, in quel luogo dove in strani eoni NEPPURE la morte può morire.

Cosa “accade” a HPL fino al 2010?
E poi: cosa gli è accaduto fino al 2020, al ’21, al ’22…

R: Quello che è accaduto fino al 2010 viene raccontato da Joshi nell’ultimo capitolo della biografia. Partendo dall’operato di R.H Barlow (esecutore testamentario che è stato fondamentale nel preservare il materiale originale di Lovecraft) e passando per August Derleth (che si è quasi “appropriato” delle opere di Lovecraft pubblicandole sui volumi della Arkham House), Joshi ci mostra come l’afflato creativo del maestro di Providence sia stato preservato nel corso degli anni grazie all’apparizione delle sue storie su diverse antologie. Questo ha permesso alle generazioni successive di venire a conoscenza dell’opera di HPL e di influenzare in maniera sottile e profonda sia la letteratura di genere che produzioni a essa collegate, come la sterminata saggistica, o da essa derivata, come il cinema, i videogiochi e perfino la musica.

Negli anni successivi si è semplicemente assistito a un dilagare inarrestabile di tutto ciò che ha a che fare con Lovecraft. Volumi con le opere del Nostro sono apparsi praticamente ovunque nel mondo, la sua influenza è diventata ancora più forte nel campo dell’entertainment (cinema, TV, fumetti, giochi e videogiochi). Il lato negativo della medaglia è che questa influenza si è quasi sempre limitata agli aspetti più esteriori del Mito Lovecraftiano lasciando praticamente sullo sfondo (o completamente ignorata) la sua filosofia di base.

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Nella scorsa intervista ti chiedevo delucidazioni in merito a un reportage, A description of the Town of Quebeck: il resoconto di tre giorni trascorsi da HPL in Canada.
Il testo – secondo ST Joshi, “[…] l’opera singola più lunga che HPL abbia mai scritto” – presenta, tra gli altri elementi, disegni assai particolareggiati di edifici storici e mappe con strade e rilievi geografici scrupolosissimi.

Non te lo nascondo: mi piacerebbe davvero leggerlo.
Non fosse stato per le ristrettezze economiche nelle quali ha vissuto per buona parte della sua vita adulta, sono convinto che HPL avrebbe viaggiato molto di più, e non soltanto nel mondo dei sogni. Il suo rapporto con la narrativa da viaggio, però, è stato più complicato di quanto si creda.

In questo terzo volume della biografia viene menzionato un altro testo revisionato da HPL, un testo dal titolo European Glimpses: di che cosa si tratta?
È
vero che c’entra Adolf Hitler?

R: European Glimpes è un lavoro di ghost writing che Lovecraft fece per la sua ex moglie Sonia, ed è un diario di viaggio che racconta i principali siti turistici dell’Europa Occidentale (soprattutto Germania, Francia e Inghilterra). È uno dei travelogue meno interessanti scritti da HPL (di certo perché si trovò ad avere a che fare con situazioni che non aveva vissuto personalmente).
La parte più interessante è la testimonianza di Sonia che intravide Adolf Hitler a Wiesbaden in occasione di un raduno nazista, e in questo pezzo del travelogue le impressioni di Sonia si sovrappongono alle idee di Lovecraft sul dittatore tedesco.
Una caratteristica particolare di European Glimpses è che Lovecraft parla di questo incarico solo una volta in una lettera a Galpin e mai in nessun’altra lettera indirizzata ai suoi corrispondenti. Questo atteggiamento si era già avuto negli anni precedenti, perché HPL non aveva rivelato di essersi sposato alla maggior parte dei suoi conoscenti (fanno eccezione gli amici più stretti), e quindi vediamo che, qualche anno dopo, questa strana reticenza sul suo rapporto con Sonia continua a persistere.

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Questa biografia di HPL – che consiglio a tutte le persone appassionate di letteratura, non soltanto di letteratura “di genere” (che non esiste, in fondo) – è stata una fonte inesauribile di sorprese. Supera le 1800 pagine!
S.T. Joshi, poi, è un narratore bravissimo. Serio, scrupoloso, paziente. Appassionato, ma obiettivo. In questo terzo volume, tuttavia, c’è un passaggio nel quale, per un attimo, perde la pazienza.
Nell’estate del 1933 HPL entrò in contatto con Allen G. Ullman, un editor della Alfred A. Knopf. Ullman chiese a HPL di poter leggere i suoi racconti. HPL gliene consegnò diciotto. E spiegò, nella lettera d’accompagnamento, che: «La tomba ha un modo d’esprimersi legnoso», e che «L’estraneo è piuttosto roboante nello stile & meccanico nel punto culminante».
Il tono autodenigratorio usato da HPL dà talmente fastidio a S.T. Joshi che a un certo punto scrive: «Per quanto comprenda l’implacabile atteggiamento poco commerciale di Lovecraft, trovo difficile astenermi dalla forte voglia di dargli un calcio nel sedere […]». Poche altre volte ho visto un biografo così esasperato!

Davvero HPL nutriva una fiducia così esigua nel proprio talento letterario, oppure metteva in scena questo meccanismo a mo’ di difesa?
Che idea te ne sei fatto?

R: La mia impressione è che davvero Lovecraft non avesse più fiducia nelle proprie capacità. Di sicuro non era un bravo venditore di se stesso. Forse, nonostante tutti gli apprezzamenti di colleghi e lettori, continuava a ritenersi uno scribacchino perché riusciva a pubblicare soltanto sulle riviste pulp (e a un certo punto neanche su queste) mentre i suoi lavori non trovavano sbocco sulle riviste di qualità superiore. La stessa delusione la provò per l’incapacità di riuscire a vedere suoi racconti raccolti in un’antologia. Ritengo, poi, che le condizioni di vita sempre più precarie non lo mettessero nel mood migliore per dedicarsi con la giusta dedizione alla scrittura.

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HPL strinse una fittissima rete epistolare con una serie di aspiranti scrittrici e scrittori: Robert Bloch, Fritz Leiber, Zealia Bishop, Clark Ashton Smith. Grazie a questa attività conoscerà non soltanto la sua futura moglie, Sonia Green, ma anche Robert Hayward Barlow, l’uomo che divenne il suo esecutore testamentario. Assieme all’attività di revisore di manoscritti, che andò intensificandosi a causa di necessità economiche sempre più pressanti, tutti questi rapporti – prevalentemente epistolari – furono portati avanti sempre sulla base della cordialità e della correttezza, oppure ci furono anche degli episodi spiacevoli?

Cosa ci dice ST Joshi a questo proposito?
Si è arrabbiato mai, HPL?

R: Lovecraft era un gentiluomo e questo suo sentire si manifestava nel modo in cui si poneva nei confronti degli altri. Ma era anche un uomo profondamente convinto della propria filosofia e delle proprie idee politiche (entrambi questi aspetti si modificheranno ed evolveranno nel corso degli anni).

Queste considerazioni molto radicate spuntavano continuamente negli scambi di lettere con i suoi corrispondenti. Per esempio, lo scontro “politico” tra Lovecraft e Robert E. Howard portò a toni così accesi che i due uomini, piuttosto che minare la loro amicizia, a un certo punto smisero quasi del tutto di affrontare la questione.

Un altro esempio, nel terzo volume della biografia, riguarda la pubblicazione su Weird Tales nel novembre del 1930 di uno scadente racconto di Katharine Metcalf Roof (A Million Years After) che ebbe anche l’onore della copertina. Lovecraft si arrabbiò quando lo lesse (la trama partiva da vecchie uova di dinosauro che si schiudevano) perché, per anni, aveva assillato Frank Belknap Long affinché scrivesse una storia basata su questa idea. E forse la sua arrabbiatura lo portò, subito dopo, a scrivere Le Montagne della Follia.

Ma quelli appena citati sono casi rari. Lovecraft rimase sempre un uomo molto affabile e anche troppo corretto.

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Tra il 1840 e il 1920 arrivarono negli USA 37 milioni di individui.

Nel 1920 entrò in vigore il Volstead Act, la legge che di fatto regolava il proibizionismo. Andrew Volstead, il senatore repubblicano che promosse il decreto, dichiarò: «I quartieri umili presto apparterranno al passato. Le prigioni e i riformatori resteranno vuoti. Tutti gli uomini cammineranno di nuovo eretti, tutte le donne sorrideranno e tutti i bambini rideranno. Le porte dell’inferno si sono chiuse per sempre.» Al contrario, la società assistette alla nascita rapidissima del mercato nero e a un aumento spaventoso della criminalità.

Come se non bastasse, il 29 ottobre del 1929 ebbe inizio la Grande Depressione.

Durante i quarantasette anni trascorsi da HPL su questa terra, dietro al tavolo ovale della Casa Bianca si alternarono sette Presidenti repubblicani e tre Presidenti democratici; compreso l’ultimo, Franklin Delano Roosevelt, l’uomo del New Deal.

In tutto questo, dove si collocava HPL?
Quali sono state le condizioni sociali che più hanno segnato le sue posizioni politiche?

R: La risposta sarebbe lunga e complessa perché riguarderebbe l’intero percorso filosofico e politico di Lovecraft, dalla giovinezza fino alla morte.

In sintesi estremamente breve, HPL si spostò da un forte conservatorismo politico verso concezioni politiche ed economiche di chiara matrice socialista, passando, nel mezzo, per un’infatuazione nei confronti di Mussolini e Hitler.

Il pensiero globale di Lovecraft subì una profonda evoluzione perché HPL si ritrovò a testimoniare la profonda rivoluzione globale geopolitica ed economica nel passaggio dal mondo Ottocentesco a quello che sarebbe stato il Ventesimo secolo.

Dalla biografia di Joshi, in questa profonda trasformazione del suo pensiero si notano due cose che rimarranno praticamente inalterate. Lovecraft fu sempre un fiero paladino dell’astinenza da alcol (sebbene anche lui si rendesse conto, alla fine, che il Proibizionismo non poteva funzionare) e restò sempre un convinto razzista. Forse, in quest’ultimo caso, una parte della responsabilità andrebbe cercata nei testi da lui letti in cui la superiorità dei bianchi veniva spiegata in maniera scientifica (testi le cui basi scientifiche, vale la pena sottolinearlo, erano completamente prive di senso). Ma non lo sapremo mai e, alla fine, anche se questo suo aspetto è detestabile, dovremo giudicare Lovecraft solo in base alla sua opera.

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Stephen King bacchetta HPL a proposito dei dialoghi. All’interno di On writing, dove il Re dell’Horror racconta quali sono gli strumenti che uno scrittore deve tenere nella propria cassetta degli attrezzi, King scrive: «[HPL] era geniale quando si trattava di raccontare il macabro, ma come scrittore di dialoghi era uno strazio. Doveva saperlo, perché dei milioni di parole che scrisse, meno di cinquemila sono quelle dedicate al dialogo.» Le ultime parole che vengono pronunciate da Ammi Pierce, il personaggio protagonista de “Il colore venuto dallo spazio”, portano King, esasperato, a esclamare: «Ragazzi, la gente non parla in questo modo, nemmeno in punto di morte.»

Fatta eccezione per l’autore di ShiningIT, Cose preziose e Misery (tra gli altri), quali sono gli scrittori e le scrittrici che hanno fatto meglio (o peggio) i conti con l’ereditarietà letteraria di HPL?
Qualche anno fa circolava tantissimo il nome di Thomas Ligotti…

R: Faccio molta fatica a darti una risposta. Per quanto mi riguarda, ho smesso di leggere gli autori contemporanei, o moderni, semplicemente perché mi annoiano e non vi ritrovo le stesse atmosfere degli autori del passato. Per cui, se mi chiedi chi possano essere gli eredi di Lovecraft, la risposta che mi viene spontanea è: nessuno. E nessuno sarà mai un secondo Lovecraft.

Per quanto riguarda King, magari è vero che una persona in carne e ossa non parlerebbe come un personaggio di Lovecraft, ma è altrettanto vero che per scrivere una storia efficace forse basterebbe il 70% di parole in meno di quelle che Stephen King usa per scrivere i suoi romanzi. Ma la verità è che quando si scrive, o si crea, non esistono regole, per cui uno scrittore può – deve – far parlare il suo personaggio come vuole o usare il numero di parole che ritiene necessario.

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Ma cosa c’è – cosa c’è che continua a essere trovato – nelle storie di questo scrittore vissuto quasi un secolo fa?

Nella prefazione pubblicata di recente da Einaudi a I taccuini di Randolph Carter, un’antologia delle storie di HPL appartenenti al cosiddetto Ciclo dei sogni, Marco Peano cita Michel Houellebecq quando, in H.P. Lovecraft, Contro il mondo, contro la vita, dice: «L’opera di Lovecraft è paragonabile a una gigantesca macchina per sognare, una macchina di grandezza ed efficacia inaudite.» Partendo da questa considerazione, Peano prosegue: «Se l’esistenza è stata impossibile per Lovecraft, la capacità di immaginare gli ha permesso di trovare un significato temporaneo alla fitta rete di simboli ed elementi – per lui privi di senso – che incontrò lungo il suo percorso.» E conclude: «Non venne salvato dalla scrittura, ma la sua scrittura non smette di salvare chi lo legge.»

A cosa attribuisci questo potere?
E cosa pensi che un immaginario come quello di HPL possa indicare in una fase storica delicata come quella che stiamo vivendo?

R: La filosofia e i concetti che stanno alla base della narrativa di Lovecraft sono universali, ancestrali, mediati e plasmati dalla visione del Solitario di Providence. È per questo motivo che scavano nel profondo, più o meno consapevolmente, e lasciano il segno. Poi, si possono accogliere, accettare o rifiutare, ma non mancano di scavare un profondo solco nell’anima, scuotere e sferzare, per i loro temi, le atmosfere, le angosce che generano.

Proprio per quanto detto, l’immaginario di HPL in questa fase storica resta valido ed efficace. Non smetterà mai di funzionare, come se la macchina descritta da Houellebecq avesse carburante infinito o fosse dotata di moto perpetuo. Il passo successivo sta sempre a noi: entrare in contatto con questo enorme patrimonio di visioni, idee, stimoli, fascinazioni, prospettive, e ricavarne la nostra particolare eredità. La cancel culture non si può opporre a questo tipo di processo, visto che, più che altro, serve solo a far rumore e a incrementare gli atteggiamenti di censura e cecità intellettuale. Sparirà dopo aver fatto danni, e probabilmente sarà rimpiazzata da qualcosa di peggiore. Ma la visione di Lovecraft le sopravvivrà per andare ad affascinare anche le generazioni future.

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Ringraziando tutte le persone della Providence Press che hanno portato qui in Italia Io sono Providence di ST Joshi, ti chiedo quali sono i piani futuri della casa editrice.
Se ho letto bene, ci sarà un secondo volume di racconti scritti da Robert E. Howard dedicati al marinaio attaccabrighe Steve Costigan. Inoltre, state preparando una coppia di volumi dedicati ai lavori di Algernon Blackwood. Ultimamente, però, avete portato all’attenzione del pubblico nostrano un’autrice, Elia W. Peattie, con un’antologia, intitolata La forma della paura, che inaugura la collana Women in Weird. Era ora! Splendido.

Che ne dici di farci sapere qualcosa in più?

R: Si può dire che abbiamo diversi progetti in lavorazione e li amiamo tutti. A gennaio sono uscite due antologie di Algernon Blackwood (La Casa Vuota e altre storie e Il Wendigo e altre storie) e sicuramente vedrete altro del grande Maestro britanno il prossimo anno.
A marzo abbiamo pubblicato il delizioso Nove Fantasmi di R.H Malden, che riprende la grande tradizione inglese della ghost story.
A settembre 2022 uscirà il secondo volume di Steve Costigan che si intitolerà Marinai, Donne e Guai e, dopo qualche mese ci sarà il terzo e conclusivo volume di El Borak. Adoriamo Robert E. Howard e, in un modo o nell’altro, cercheremo di proporre tutti gli inediti che ci sarà possibile tradurre.
Prima o poi spunterà un nuovo volume dedicato ai Detective dell’Occulto, mentre per la collana Women in Weird non abbiamo ancora deciso chi seguirà Elia W. Peattie, semplicemente perché le possibilità di scelta sono numerose.
Altre storie che riteniamo interessanti, ma delle quali non c’è modo di fare un’antologia, le pubblicheremo sulla nostra rivista Providence Tales.
L’altra novità del 2022 è che faremo soltanto edizioni limitate visti soprattutto gli aumenti dei costi di stampa. Ed è estremamente probabile che ci saranno aumenti sul prezzo di copertina in un futuro non troppo lontano.
Per chiudere, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno lavorato su Io Sono Providence: il curatore Giacomo Ortolani, le traduttrici Elena Cervi, Erica Schifano e Lara Baldini, il revisore dei testi Teodoro Farinaccio, il curatore della bibliografia italiana Pietro Guarriello, e infine Francesco Brandoli e Andrea Gibertoni per tutto il supporto. Il ringraziamento più grande va a Derrick Hussey e Giuseppe Lippi, che hanno creduto in noi, e a tutti i lettori che stanno apprezzando quest’opera nata dalla passione e dalla ricerca di S.T. Joshi.
E grazie anche a te, Francesco, e a tutti voi che ci avete concesso questo spazio.

 

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Autore

francescogallo@minimaetmoralia.it

Francesco Gallo è nato a Napoli nel 1981. Ha scritto racconti per LINUS e Nuovi Argomenti e articoli per Rivista Studio. Tiene un blog, corsi di narrazione, e, assieme alla moglie Domitilla Pirro, cura il progetto delle Merende Selvagge.

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