di Chiara Mogetti
Il Festival Periferico, giunto alla sua tredicesima edizione, torna ad animare Modena. Apre le danze il collettivo Cheap, il progetto bolognese di street poster art che dal 15 ottobre ha invaso le strade della città emiliana con RECLAIM, campagna di affissione in due atti guidata dall’obiettivo di interrogare e riappropriarsi degli spazi pubblici.
Sessanta manifesti originali di grande formato saranno affissi lungo i viali della città dall’inizio alla fine del festival, per accompagnare gli appuntamenti di Periferico 2021. Il primo atto della campagna rende nota una serie di interrogativi che provano a stanare altrettante mancanze, delle cittadine e dei cittadini, di una comunità che va ben oltre i confini della città. Si cercherà di dare una risposta a queste domande con il secondo atto, nel mese di novembre.
Reclamare uno spazio significa rivendicare la propria presenza, la propria appartenenza, la possibilità di dialogare con coloro che lo attraversano. In un momento in cui si va inasprendo il conflitto simbolico per le strade e nelle piazze, in cui alla rimessa in discussione dei simboli e delle icone in cui si identifica la collettività si accompagna un backlash aggressivo, soprattutto da parte di importanti rappresentanti del mondo della cultura, si fa urgente la necessità di ragionare insieme su come davvero vogliamo abitare le nostre città. RECLAIM rappresenta un caso esemplare di messa in pratica del dibattito.
RECLAIM nasce dell’incontro di Cheap con Collettivo Amigdala e Non una di meno Modena.
Potete raccontarci cosa vi ha ispirato nella scelta della street poster art come forma espressiva e di lotta? E come sono nati da una parte il vostro progetto e, dall’altra, la sinergia con il Collettivo Amigdala, Non Una Di Meno Modena e il Festival Periferico che ha dato vita a RECLAIM?
Abbiamo scelto la street poster art, la tecnica del paste up, il formato del poster e più in generale la carta perché è un materiale altamente instabile che ben rappresenta il carattere effimerodell’arte urbana, qualcosa che ha letteralmente le ore contate: abbiamo sposato questa linea antimonumentale e ci troviamo a nostro agio con l’idea di contemporaneo come temporaneo.
Il progetto RECLAIM che portiamo in strada a Modena per Periferico è uno spin off di un’affissione già realizzata a Bologna.
Tra Dicembre 2019 e Gennaio 2020, abbiamo realizzato un progetto con una doppia affissione: in un primo tempo, abbiamo installato nelle strade di Bologna dei poster che proponevano delle domande – A chi appartiene il tuo tempo?, Chi decide del tuo corpo?, Cosa fai dei tuoi privilegi?, Hai diritto alla tua città?, Torni mai a casa da sola di notte?; nella seconda fase, sulle stesse bacheche sono comparsi manifesti che contenevano messaggi esortativi in risposta a quelle stesse domande, RECLAIM your time, your body, your power, our city, our night.
Avevamo già deciso che RECLAIM sarebbe stato il concept del 2020 perché la rivendicazione del proprio tempo, del proprio corpo, della propria capacità di realizzare un cambiamento della città e di altri spazi come pure della notte, erano rivendicazioni che sentivamo di dover agire.
Per quanto ci riguarda, lo status quo precedente alla pandemia era già da mettere in discussione: il testo della call for artists lanciata con lo stesso titolo, RECLAIM, invitava letteralmente a “rivendicare qualcosa che ti è stato tolto. Precluso. Qualcosa che è tuo. Sulla base di un diritto. O di un desiderio.”
Nessuna di noi immaginava che nel giro di poco la dimensione di ciò che ci sarebbe stato precluso avrebbe subito un’espansione esponenziale – esponenziale, proprio come la diffusione del virus.
Oggi torniamo in strada a Modena con quei poster a cui se ne sono aggiunti altri: la nostra riflessione continua a tematizzare lo spazio pubblico, la città e le cittadinanze, in un delicato equilibrio tra cura e conflitto.
Negli ultimi anni si è parlato molto di spazio pubblico e dell’arte che in esso viene posizionata. Molto dibattito si è concentrato sull’opportunità o meno di rimuovere o segnare ulteriormente (per esempio attraverso iniziative come quella che ha visto una statua di Montanelli imbrattata di vernice) statue e altre rappresentazioni quantomeno controverse. Come vi collocate rispetto a questo tema?
Le secchiate di vernice con cui è stato fatto dripping estremo sulla statua di Montanelli sono il gesto più sano a cui possiamo pensare: in una paese in cui non è ancora chiaro che non è possibile dedicare una statua ad un suprematista bianco, fascista e stupratore recidivo, quelle secchiate di vernice servono a ricordare a tutt* che il cambio di paradigma a cui stiamo assistendo – e che alcune di noi stanno agendo – non è solo un trend. I canoni dei linguaggi visivi, della celebrazione di valori sottesi nell’arte pubblica, della rappresentazione dei corpi e dei desideri sono messi quotidianamente in discussione ovunque: questa discussione sta producendo un cambiamento e non una cancellazione, oltre a nutrire una serie di prese di posizione critiche in grado di riposizionare i criteri con cui leggere il visivo e le figurazioni culturali attorno a noi.
Si tratta di un processo politico, sociale e artistico che troviamo straordinario e al quale desideriamo partecipare col nostro lavoro rilanciando: non possiamo limitarci ad agire conflitto nei confronti dei simboli del privilegio e dell’oppressione, dobbiamo essere in grado di produrre un immaginario e dei segni che raccontino una liberazione da quel privilegio e da quell’oppressione.
Molto spesso le donne e persone appartenenti a diverse minoranze devono confrontarsi con numerosi rischi nell’attraversamento dei luoghi pubblici, evidenziando come questi spazi non siano affatto neutri. In che modo direste che lo spazio interagisce con i corpi e le soggettività? Un cambiamento di prospettiva nella pianificazione urbana potrebbe rispondere a queste difficoltà?
Esattamente come le nostre società, le città in cui viviamo riproducono meccanismi di esclusione e privilegio, sulla base del genere, della razza e della classe.
Un esempio paradigmatico di come spazi e tempi di vita possano essere violentemente preclusi a partire dal genere è il rapporto che le donne hanno con la città nella notte.
Ci sembra evidente che un cambiamento sia necessario anche in una prospettiva di pianificazione urbana: noi non siamo delle urbaniste ma ci occupiamo di ingaggiare un conflitto per produrre un cambiamento su un altro livello, quello del simbolico che celebriamo e proiettiamo nello spazio pubblico.
A chi vi rivolgete principalmente con il vostro lavoro? Avete in mente un target ideale? E quali sono gli obiettivi che vi prefissate di raggiungere?
Il nostro lavoro entra direttamente in relazione con chi abita lo spazio pubblico, con chi lo attraversa e con chi in esso performa e proietta una cittadinanza. La strada resta uno spazio incredibile di libertà proprio perché è il primo spazio di cittadinanza concreta di cui abbiamo esperienza.
Il dialogo che costruiamo nelle città che riusciamo ad infestare di poster è rivolto a chiunque lo vogliamo accettare.
Minima&moralia è una rivista online nata nel 2009. Nel nostro spazio indipendente coesistono letteratura, teatro, arti, politica, interventi su esteri e ambiente
