Nel racconto “Il misterioso caso dei furti al Megatherium”, di Sydney Castle Roberts, compare un appassionato di libri che divide i pezzi della sua collezione in categorie bizzarre: “una sezione raccoglieva le copie con dedica degli autori, un’altra le copie in bozza rilegate in quello che i librai chiamano «tela da legatoria», un’altra ancora conteneva copie da recensione”. Ogni pezzo, spiega questo singolare personaggio, «ha un’associazione con l’autore unica».

Per chi è sempre alla ricerca di pubblicazioni a loro modo uniche, anche il libro in cui è contenuto questo racconto può risultare molto interessante. Il fatto che si tratti di una raccolta di racconti lo colloca già in una nicchia, ma se poi si aggiunge che: è una raccolta di racconti gialli, e più precisamente una raccolta di racconti gialli a tema letterario, e per meglio dire una raccolta di racconti gialli a tema letterario scritti da autori inglesi, e ancor più nello specifico una raccolta di racconti gialli a tema letterario scritti da autori inglesi “tra gli anni Trenta e gli anni Settanta del Novecento”, come si legge nella nota dell’editore; allora si capisce come “Delitti in libreria”, portato in Italia da Blackie Edizioni nella traduzione di Jacopo A. Rossetti, difficilmente avrebbe potuto mantenere anche quanto sembra promettere il titolo.

In realtà, infatti, tra i sedici racconti proposti non ce n’è nemmeno uno che narri d’un delitto commesso all’interno di una libreria; il titolo dato in origine alla selezione curata da Martin Edwards era decisamente più generico: “Murder by the book. Mysteries for Bibliophines”. Si tratta, in prevalenza, di gialli che hanno per protagonisti scrittori (criterio abbastanza insoddisfacente, soprattutto nei casi in cui la professione non risulta poi così rilevante), o nei quali un libro finisce per svolgere un ruolo di primaria importanza (caso già molto più promettente).

Come spesso succede in operazioni simili e ad esempio, per restare nel catalogo Blackie, come accadeva nella raccolta “Storie che mia madre non mi raccontò mai” curata da Alfred Hitchcock, che a dispetto del selezionatore partiva dal crime ma sconfinava spesso nell’horror, la qualità è anche qui altalenante. Stupisce in questo caso la scelta di posizionare in apertura, uno di seguito all’altro, quattro tra i racconti più deboli del lotto; ma dal quinto in avanti ci si può mettere alla beata caccia della classica gemma inclusa in ogni raccolta di questo tipo, che qui probabilmente è “Un uomo e sua suocera” di Roy Vickers, non a caso uno dei testi più lunghi.

Il problema fondamentale dei racconti meno riusciti appare proprio la brevità: un giallo ha bisogno, per funzionare, di impiegare tutto lo spazio necessario alla caratterizzazione tanto del detective quanto dell’assassino o dei sospettati, e allo spargimento di false piste con le quali giocare col lettore, e intanto all’abile nascondimento degli indizi decisivi che porteranno alla soluzione del caso; e magari poi a qualche divagazione, giusto per dissimulare la presenza di tale struttura. È quasi impensabile racchiudere tutto ciò nel giro di poche pagine.

Emerge però anche una strana qualità da questo ritmo veloce con cui, un racconto dopo l’altro, si susseguono qui molteplici figure di scrittori, di scrittori detective e di scrittori assassini e di scrittori assassinati; fa tornare alla mente una cosa molto vera che disse Deleuze a proposito della letteratura: «Come regola generale, i fantasmi trattano l’indeterminato solo come maschera di un personale o di un possessivo: “un bambino viene picchiato” fa presto a trasformarsi in “mio padre mi ha picchiato”. Ma la letteratura segue la via opposta, e si pone solo scoprendo sotto le persone apparenti la potenza di un impersonale che non è affatto una generalità, ma una singolarità al livello più alto: un uomo, una donna, una bestia, un ventre, un bambino…».

Ecco, i vari scrittori che appaiono in questi racconti, variamente rappresentati, ciascuno col suo carattere e col proprio modo di condurre le indagini, finiscono con l’apparire anche come una singolarità al livello più alto, uno scrittore di volta in volta preso ad affrontare problemi e dilemmi tipici del mestiere: il rapporto con i personaggi, con la finzione, con i lettori, con l’editore. In questo senso, “Sappiamo che sei occupato a scrivere…” di Edmund Crispin (di cui sempre Blackie ha da poco proposto il romanzo “Il negozio fantasma”, e di cui molto venne pubblicato nei “Classici del Giallo Mondadori”), su un autore che in pratica uccide perché non ne può più d’essere interrotto mentre prova a scrivere, è uno dei racconti più emblematici e godibili della raccolta.

C’è infine un’altra nicchia nella quale potrebbe essere collocato “Delitti in libreria”: è uno di quei libri che portano da altre parti. Non c’è un solo autore, qui, che non abbia all’attivo almeno uno tra un altro racconto famoso da recuperare in una diversa raccolta, un romanzo dal più ampio respiro, un adattamento per la televisione o un coinvolgimento in un circolo come il Detection Club. Basterà seguire le schede introduttive preparate da Martin Edwards per riscoprire il fascino dell’intertestualità, finendo regolarmente ben lontani da dove si era partiti. In questi tempi che premiano molto (in senso figurato ma anche letterale, dal Pulitzer del 2019 allo Strega Europeo di quest’anno) i romanzi fiume, le saghe, l’autofiction, e in generale le forme chiuse, è un piccolo atto di resistenza.

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Autore

g.nicoli@minima.it

Gilles Nicoli è nato a Roma sette giorni prima che Julio Cortázar morisse a Parigi. Scrive soprattutto di libri, cinema e videogiochi.

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