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Il tropicalismo non è stato importante solo per la sua musica ma, come ormai tutti sanno, anche per le sue posizioni estetiche e politiche.

Fu proprio il grande Augusto de Campos in Balanço da Bossa e Outras Bossas a scrivere che il tropicalismo era il movimento di avanguardia più potente della fine degli anni ‘60 e a ritenere centrale il ruolo di Caetano Veloso come artista performativo che puntava a un rinnovamento della musica popolare.

Innovazione basata su un desiderio antropofagico di ingurgitare tutto e restituirlo attraverso una nuova estetica ibrida, vitale, fisica e libera che andava a contrastare la visione mortifera e schiavista della destra autoritaria del Brasile.

Un momento altissimo per l’arte brasiliana che colse a volo l’opportunità storica e provò a colonizzare il futuro restando coi piedi ancorati al presente. Tutto questo lo si poteva fare solo attraverso il linguaggio delle arti, l’allegoria e la lingua.

Ed è proprio in questo spazio affettivo, morale e politico che si rifugia il Caetano Veloso di “Meu Coco”, il capolavoro del quasi ottantenne bahiano che trasforma il lutto in lotta per andare avanti, il dolore in gioia e in un “autoacalanto”, una ninna nanna che Veloso canta fra sé e sé (così come fa il nipotino, figlio di Tom Veloso).

Dodici canzoni popolari a cui Caetano si stava dedicando da tempo, precisamente dalla fine del 2019 (ma il disco è stato registrato nei primi mesi del 2021), che sono una lettura critica del Brasile contemporaneo e del meticciato culturale inteso come ponte tra un Occidente frammentato e un Oriente ormai globalizzato.

Tra queste trovano spazio due sue belle canzoni cantate precedentemente da Maria Bethania (Noite de Cristal, nel 1988) e da Céu (Pardo del 2020).

Ecco, quindi, Meu Coco, brano d’apertura sofisticato, fortemente incentrato sulle percussioni di Marcio Victor e avvolto dai maestosi arrangiamenti di fiati di Thiago Amud. Canzone caleidoscopica e poliritmica, dove trovano spazio nel “coco” (non il “cocco” ma la testa, come suggerisce la copertina) di Caetano tutti i suoi riferimenti, i temi cari al tropicalismo e versi di sue canzoni.

Cyclamen do Líbano è un personale omaggio di Jaques Morelenbaum, che dirige a arrangia gli archi, al compositore austriaco Webern. E dagli archi orientaleggianti e mistici si passa ad Anjos Tronchos (il nuovo Fora da Ordem di Caetano), che passa in rassegna i mali degli algoritmi che decidono della nostra vita, e al funky-rap di Nao vou deixar che dà all’ascoltatore la sensazione di trovarsi di fronte a un oggetto davvero misterioso ma tremendamente reale.

E ancora una volta il colto, raffinato e popolare Caetano Veloso mostra il suo albero genealogico musicale e la sua storia fatta di “lotta, gioia, dolore e molta gloria”, come spiega in Nao vou deixar.

Veloso è, per dirla con Cacciari, un “viandante senza nostalgia di casa”, che guarda al futuro con ottimismo. Proprio per questo il “nonno nervoso, testardo e furbo”, così come si autodefinisce Veloso, vuole dialogare con le future generazioni che guideranno il Brasile (in Enzo Gabriel ma anche in Autoacalanto) e con chi sta creando una nuova scena musicale brasiliana (in Sem Samba Nao Da).

A loro chiede di rivolgere uno sguardo al passato, di ascoltare chi ha dato loro la possibilità di creare questi nuovi suoni, per poter procedere nella direzione giusta. E quanti musicisti ottantenni, oggi, hanno la capacità di sfornare simili capolavori e a parlare alle nuove generazioni in questo modo? Pochi, anzi pochissimi. Forse solo il Bob Dylan di Rough and Rowdy Days. Anche, e soprattutto, per questo motivo è giunto il momento di considerare Caetano Veloso come uno dei più grandi e influenti artisti del Novecento e smetterla di ridurlo a un fenomeno brasiliano.

 

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Autore

f.bove@minima.it

Francesco Bove ha pubblicato nel 2019, per Arcana, “Joao Gilberto – Un impossibile ritratto d’artista”, il primo libro italiano sul padre della Bossa Nova. Ha scritto, inoltre, per webzine musicali come “Mescalina” e “Indieforbunnies”, per testate come “Flanerì” e “KLP Teatro” e ha creato nel 2017 “L’Armadillo Furioso”, un blog culturale che si occupa principalmente di teatro, cinema, libri e fumetti.

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