Qualche giorno fa, passando da Roma Termini, ho colto con la coda dell’occhio qualcosa che ha richiesto attenzione immediata: una scritta “PSYCHEDELIC PARTY”, col tipico sfondo bianco-nero “optical” della vecchia scuola free tekno, occupava un enorme cartello appeso al soffitto della stazione. Purtroppo, ho scoperto qualche secondo dopo, mentre la osservavo a bocca aperta e notavo che in mezzo c’era la foto di una signorina che non aveva troppo l’aria della raver, era soltanto la réclame di una linea di cosmetici. La cosa, tuttavia, dà da pensare: quando avviene una simile appropriazione di immaginario da parte della pubblicità, vuol dire che tale immaginario è stato ritenuto fertile: che qualcosa di sotterraneo ha acquisito – o riacquisito – un significato mainstream. Siamo forse prossimi al ritorno sulla scena culturale e scientifica degli psichedelici? Le premesse ci sono. Per cominciare, c’è un dibattito sulla canapa fattosi affatto diverso: già dalla battaglia per la Proposition 19 californiana qualcosa era cambiato nel modo di parlare di tale sostanza, e adesso, con la legalizzazione in Washington e Colorado – certo, ci sono stati anche l’Uruguay e le depenalizzazioni di Portogallo, Croazia e Repubblica Ceca, ma sono ancora soltanto gli slittamenti culturali americani ad avere la forza di farsi globali in breve tempo – anche gli abituali megafoni del potere non sembrano più avere la forza di parlarne con la stessa sicumera di un tempo; che il proibizionismo, poi, sia stato un fallimento, è ormai un dato acquisito, al punto che lo fanno proprio anche Wall Street Journal e Economist. È dunque solo naturale se, sollevandosi il velo di esagerazioni sulla canapa, la cosa si espande alle sostanze che più con essa hanno in comune una quantità di cattiva stampa spropositata rispetto ai fatti. Inoltre, dopo quarantacinque anni di propaganda ostile, non solo girano nel circuito dei festival film “favorevoli” alla psichedelia come DMT: the Spirit Molecule di Mitch Shultz (2010), Dirty Pictures di Étienne Sauret (2010), Magic Trip, Ken Kesey’s Search for a Kool Place di Alex Gibney & Alison Ellwood (2011) e The Substance: Albert Hofmann’s LSD di Martin Witz (2011), ma tornano anche a presentarsi al grandissimo pubblico rappresentazioni di utilizzo di psichedelici non terroristiche. Ecco che nella quinta stagione di Mad Men, il buon Roger Sterling assume LSD a una serata casalinga (presente Timothy Leary, il ricercatore di Harvard divenuto profeta lisergico) e se la cava con qualche ora di buffi svarioni e un momento di confronto col suo “Don Draper interiore”; ecco Ashton Kutcher che svagella in un campo di grano, nei panni di uno Steve Jobs allegramente gonfio di acido, in una scena del film jOBS, che verrà presentato il prossimo 27 gennaio al Sundance; ecco Oliver Sacks, il neurologo più famoso tra i non neurologi, che lo scorso 12 novembre racconta al Telegraph le proprie esperienze psichedeliche e il ruolo che hanno avuto nei suoi studi; ecco il Guardian che fa propria una linea editoriale del tutto pro-psichedelici, sia sul piano culturale che su quello medico, con innumerevoli pezzi (alcuni esempi: 1. 2. 3. 4. 5.); ecco che il crescente turismo psichedelico nei luoghi dell’ayahuasca – la bevanda amazzonica a base di DMT, già cercata da Burroughs e Ginsberg – viene trattato da NYT e Washington Post in modo non problematico; ecco addirittura Oprah Winfrey che dedica un articolo del proprio magazine alla sperimentazione di MDMA nella cura del Disturbo post-traumatico da stress.
Le vere ragioni di questo cambiamento sono però diverse da quella necessità di contestazione radicale – al punto di cercare un punto di vista diverso su tutto – che portò alla prima rivoluzione psichedelica; sono più prosaiche e assieme più sottili: la chiave della faccenda – anche più del ritorno di interesse per le sostanze di sintesi originato, tra la metà degli anni ’90 e i primi anni zero, dal contemporaneo sviluppo, e successiva commistione, di club culture e rave culture – sta in Internet. Se già un sito come Erowid ha cambiato da solo – e nel modo più semplice: con la forza dei dati, non mediati da letture isteriche o moralistiche – il modo di fare informazione intorno alle sostanze psicoattive, oggi anche il più sprovveduto dei ragazzotti può ricavare dalla mera lettura di Wikipedia, pur con tutti i suoi limiti, più dati sugli psichedelici e la loro storia di quanti ne potessimo cavar fuori noi, da adolescenti, in mille scavi tra mercatini freak e librerie dell’usato: fino a qualche anno fa, infatti, chi avesse voluto trovare informazioni sul tema, al di fuori dell’isteria dei canali informativi tradizionali, doveva ricorrere a oscure pubblicazioni controculturali (che in Italia si riducevano, oltre alla rivista ALTROVE, ai due “millelire” editi da Stampa Alternativa, Viaggi acidi, dove Pino Corrias intervistava l’inventore dell’acido lisergico Albert Hofmann, e I miei incontri con Leary, Jünger, Vogt, Huxley, nel quale lo stesso Hofmann raccontava il suo rapporto con questi quattro appassionati della sua molecola, suggerendo a noi, ragazzini affamati di mitologie, che dietro la storia dell’LSD non ci fosse soltanto una manica di capelloni spostati). Qualcuno dirà: bene, brava la Rete, ma l’Italia di oggi è comunque peggiore e più arretrata di quella di quindici anni fa. E qui volevo arrivare: il bello di vivere in un paese culturalmente bloccato è che la libreria continua a essere il luogo dove si possono trovare i segni della contemporaneità: se, fatto salvo qualche slide dal Burning Man nella colonnina destra di Repubblica – spazio che assegna l’etichetta “ludico”, quando va bene, a ogni cosa ivi collocata – il piccolo rinascimento psichedelico in atto a livello globale sta passando per lo più inosservato sui nostri media, in libreria è diverso: ecco che proprio nell’anno appena trascorso, Fandango decide di aprire la propria collana “Vite”, dedicata alle biografie, con quella di Leary firmata da Robert Greenfield: una scelta forte, certo non ovvia per il pubblico italiano (ma il direttore di collana Edoardo Nesi non è insensibile all’argomento: aveva già avuto il merito di ricordare le origini psichedeliche del movimento di contestazione americano anni ’60 in un articolo del 4 settembre scorso, che aveva tuttavia il demerito di parlar bene del libro di Veltroni); ecco che i protagonisti di Nessuno è indispensabile, romanzo di Peppe Fiore da poco uscito per Einaudi e senz’altro tra i più significativi del 2012, trovano soltanto nella trascendenza acida la possibilità di una, pur grottesca, redenzione; ecco riaffacciarsi tra gli scaffali Matteo Guarnaccia, già autore del valido Psichedelica (Shake 2010), con l’assai lisergico almanacco Il Barbarossa, firmato assieme a Giancarlo “Elfo” Ascari, e appena uscito per Rizzoli: e gli almanacchi, si sa, prima di essere diari, sono sempre raccolte di presagi.

Condividi

27 commenti

  1. ben vengano le sostanze psichedeliche, oggi piú che mai necessarie! In una societá decadente che deve rinnovarsi assolutamente se non vuole implodere! Le masse devono ritrovare il contatto con la loro essenza se vogliamo trascendere il senso della vita che non é solo produrre e consumare! e certe sostanze aiutano tantissimo! Quello che peró deve cambiare é l’approccio ovviamente, non di solo sballo che é una distorsione dell’effetto nocivo del consumismo selvaggio! E qui si fa difficile purtroppo l’accettazione dalla maggior parte dell’opinione pubblica ma bisogna insistere e superare lo scoglio, e come spiega bene l’articolo, se alla lunga certi costumi vengono accettati dalla maggior parte della comunitá allora si che si avrebbero degli effetti positivi e costruttivi sulla societá! Forza con un nuovo 68, continuiamo li dove s’interruppe drasticamente dai perbenisti, borghesi benpensanti ,bigotti baciapile e similari! (certo sono parecchi
    )

  2. in Italia il ’68 l’LSD se lo perse quasi completamente… ci pensò il ’77, ma durò troppo poco…

  3. Grande articolo, Vanni. Io avrei parlato anche di più dell’Ayahuasca, il suo avvento negli ultimi anni ha fatto breccia in una parte non piccola del mondo culturale USA, anche tra personaggi lontani dalla cultura psichedelica o dalla controcultura. Sui film, c’è anche il documentario “Albert Hofmann’s Potion”, non so se sia girato per i festival (è un po’ più artigianale di quelli che citi), e sui libri anche se tu ovviamente non potevi dirlo c’è anche un certo “Gli interessi in comune”…………..

  4. (grazie) Sì, è vero, c’è anche il film di Connie Littlefield (credo proprio che per festival abbia girato, invece: è stato prodotto col contributo del Canada National Film Board), non l’ho incluso perché essendo del 2002 ai suoi tempi era una mosca bianca, mentre dal 2010 esiste una vera e propria temperie – ma hai fatto bene a ricordarlo.

    A proposito, vale la pena ricordare che Dirty Pictures lo avevo dimenticato, ma me l’ha suggerito il (peraltro succitato) Peppe Fiore, giustamente indignato per la mancanza di riferimenti a Sasha Shulgin nel pezzo ;).

  5. Oh Vanni, c’è psychedelic reinassance anche in musica.
    Ad esempio questa è la nostra etichetta discografica, specializzata in Space – Stoner – Psychedelic – Progressive. Nostra dei Void Generator. Guarda la quantità di gruppi.
    http://www.phonosphera.com/
    Noi ultimamente stiamo sperimentando improvvisazioni di space rock, senti qua….
    https://soundcloud.com/phonosphera/void-generator-rehearsal-free
    Inoltre la scena romana è bella pregna. Penso ai veterani Black Land. Penso al grande Emanuele Toti Pinto, che sulla psichedelia di scuola USA ha rifondato una radio, TRS – The Radio Station (è venuto a mancare lo scorso 17 dicembre, R.I.P.).
    Un abbraccio musicofilo,
    Sonia Caporossi

  6. Ah, dimenticavo di segnalare il festival psichedelico italiano per eccellenza, ormai giunto alla terza edizione:
    http://www.acidfest.it/it
    Noi abbiamo partecipato alla prima edizione due anni fa.
    Quest’anno si farà a Mezzago, per due anni s’è fatto invece al Sinister Noise a Roma.
    Terrei a precisare che non ho mai assunto droghe psichedeliche in vita mia.
    A presto,
    Sonia Caporossi

  7. Diciamo “psychedelic rock”, per essere specifici, dai Sonia :). Un festival che poteva dirsi “psichedelico” (a parte il campeggio di Pistoia Blues nei primi anni 2000 ^_^) forse lo avevamo (il Sonica, pur con tutti i suoi difetti) e, un po’ come è avvenuto col Rototom emigrato in Spagna lo abbiamo scioccamente regalato al Montenegro…

  8. Esatto, parlavo di psychedelic rock. Alle radici.
    Ultimamente sto risquagliando nel lettore Reinassance dei Vanilla Fudge, tanto per dire. 🙂
    Sonia

  9. piccola integrazione bibliografica in margine all’ottimo articolo di Vanni Santoni: : “Il Dio degli acidi. Conversazion con Albert Hoffmann” (Bompiani, 2003), curato da Antonio Gnoli e dal compianto Franco Volpi.

  10. Articolo molto interessante. Azzardo un’ipotesi. Una volta disconnessi dal loro afflato contro-culturale le droghe, anche quelle forti, fanno poca paura. Se cosi’ fosse, si tratterebbe di uno degli ennesimi elementi della cultura protestataria dei sessanta/settanata che il capitalismo/ la cultura borghese cerca di recuperare a suo uso e consumo.

  11. Molto interessante. Sebbene lo percepissi in prima persona, non ero pienamente consapevole di questo “revival” e della rinascita di certi interessi. 🙂
    E molto interessanti anche i link… Da qualche parte devo avere ancora diversi numeri di ALTROVE, in compenso non sapevo nulla delle dichiarazioni di Sacks.

  12. Articolo molto interessante, direi una puntuale e veritiera fotografia della realtà. Speriamo che si possa proseguire in questa direzione, visto che, si sa, nel nostro Paese le rivoluzioni (o controrivoluzioni) culturali, o anche i più semplici cambiamenti, avvengono in maniera stanca e lenta rispetto ad altri posti.
    In ogni caso devo dir la verità: nel momento in cui il nostro ministro della salute Balduzzi, il mese scorso, riconosce le potenzialità farmacologiche dei cannabinoidi in ambito terapeutico, c’è di che essere ottimisti, almeno io lo sono.
    Per percorso formativo e studi, mi sono sempre interessato in particolar modo dal punto di vista demoetnoantropologico alle pratiche legate all’Ayahuasca delle popolazioni amazzoniche di Ecuador e Perù. Giusto per informazione,anche in Europa, presso determinate associazioni e gruppi, è possibile partecipare a sedute terapeutiche per uscire dalla dipendenza di alcol e droghe pesanti in cui viene utilizzata questa bevanda, e segnalo inoltre che è anche possibile ordinare online lo Yagè qui: http://www.zamnesia.it/165-ayahuasca .
    Per chi fosse interessato, invito a conoscerne di più su colui che, con i suoi studi, ha contribuito in maniera determinante al sostegno della cultura psichedelica, ovvero Terence McKenna: http://it.wikipedia.org/wiki/Terence_Mckenna

  13. La droga sostituisce la fantasia, la spiritualità e talvolta i valori tradizionali con i quali molti giovani non vogliono confrontarsi per paura di scoprire che voragine si è aperta al posto dei sentimenti. Sono una credente convinta e vi esorto a non “gettare la spugna” ma a pretendere, come nuove generazioni, quell’amore, quella dedizione che vi spetta da parte del mondo degli adulti che vi ha così delusi da farvi accettare tutti i “surrogati ” della vita, e la droga è il più potente. LEGGETE IL MIO AFORISMA: LE ILLUSIONI SONO LA COSA PIU’ BELLA CHE LA VITA CI HA DATO….ALMENO FINO A QUANDO NON CI ACCORGIAMO CHE E’ LA PEGGIORE!

  14. Cara singora Maria, leggendolo con attenzione si vedrà che lo scopo di questo articolo è proprio ricordare che le cosiddette sostanze psichedeliche non sono droghe, e far notare come anche molti mass-media se ne stiano accorgendo dopo molto tempo. Anzi, si stanno accorgendo (dopo 50 anni di cattivo giornalismo in merito) che potrebbero essere non solo efficaci medicine, ma anche strumenti per rendere alle persone proprio quella spiritualità in parte perduta, schiacciata dal consumismo e dai falsi idoli.

  15. La spiritualità non ha bisogno di sollecitazioni chimiche di nessun genere. E’ sufficiente la preghiera: un appello più che efficace alla nostra parte più nobile, il mezzo più antico per parlare con Dio….

  16. La mia droga è mio marito. Sarebbe letale, per me, rinunciare a lui, ma è un rischio che escludo. Solo la morte ci separerà.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Autore

vanni.santoni@gmail.com

Vanni Santoni (1978), dopo l'esordio con Personaggi precari ha pubblicato, tra gli altri, Gli interessi in comune (Feltrinelli 2008, Laterza 2019), Se fossi fuoco arderei Firenze (Laterza 2011), la saga di Terra ignota (Mondadori 2013-2017), Muro di casse (Laterza 2015), La stanza profonda (Laterza 2017, dozzina Premio Strega), I fratelli Michelangelo (Mondadori 2019), La verità su tutto (Mondadori 2022, Premio Viareggio selezione della giuria), Dilaga ovunque (Laterza 2023, Premio selezione Campiello). È fondatore del progetto SIC (In territorio nemico, minimum fax 2013); per minimum fax ha pubblicato anche Emma & Cleo (in L'età della febbre, 2015) e il saggio La scrittura non si insegna (2020). Scrive sul Corriere della Sera. Il suo ultimo romanzo è Il detective sonnambulo (Mondadori 2025).

Articoli correlati