Pubblichiamo, ringraziando autore ed editore, cinque poesie dalla raccolta “Khalvat” di Lorenzo Foltran, pubblicata da Graphe.it.
di Lorenzo Foltran
La goccia che si staglia sulla foglia
contiene in essa ciò che la circonda.
Seguiamo i corsi d’acqua tra i cipressi,
alternando i silenzi alle parole.
Appartate, al sicuro dal deserto
e dai commerci delle carovane,
le nostre ombre riposano sui prati.
Quando ci avviciniamo troppo al muro
si destano, si siedono, ci guardano.
Con un gesto consigliano di stare
lontani dai confini del giardino,
di ritornare al centro, alla fontana,
luogo dove il divino si rivela.
Perfetta simmetria del quadrilatero.
–
Tentacolo, mollusco, calamaro
nascosto nel cemento brutalista
del consolato, della prefettura,
conchiglia vuota delle istituzioni.
Ricurvo e molle, mostra le propaggini
solo su appuntamento, agli sportelli.
Si passano le carte dietro il vetro
i polipi, scrutando i documenti,
in silenzio, e alla prima rimostranza,
senza appello, respingono la pratica.
La nazionalità non è un diritto.
Sul foglio la ventosa lascia un filo
di bava sul cognome scritto in rosso,
veleno che ha il colore dell’inchiostro.
–
La pubblica memoria segue a ruota
la curva segmentata tra le crisi
che cambieranno il mondo e le riprese
che, fortunatamente, riguadagnano
i livelli e gli stili di precrisi.
Allacciate le borse e le cinture,
ci si butta in discesa per lo slancio,
si accumula energia e si risale,
si riassesta il prodotto interno lordo,
concentrando in un punto le risorse.
Un dubbio: non sarebbe forse più utile
un programma informatico-politico
per deframmentizzare la parabola,
la funzione mnemonica perduta?
–
Nella circonferenza senza tregua,
cerco lungo il perimetro tracciato
dal compasso la strada per il centro,
per il significato dello scavo.
Dissimulato dietro gli archi a volta,
immagino un’uscita ad ogni curva.
Il perno della mina sempre a punta
è un ago di metallo che pugnala.
L’agrimensore regola, misura,
ripristina e rettifica i confini,
vende gli appezzamenti di terreno.
Nel futuro quartiere degli affari
è previsto un giardino che giustifichi
l’asimmetrica altezza dei palazzi.
–
Volgo le spalle al muro senza porta.
Ho atteso invano che qualcuno aprisse.
Resto, anche se ho le carte, potenziale.
Ma non si tratta d’esser nella lista,
di mostrare la tessera o l’invito.
Non si sale dal basso fino in cima.
Nella fortezza si entra, ma dall’alto.
Ho scavato, ho graffiato la parete,
ho inciso nella calce per lasciare,
accartocciato, il foglio tra i mattoni
per quando della rocca nel deserto
non resterà altro che un muro del pianto.
Minima&moralia è una rivista online nata nel 2009. Nel nostro spazio indipendente coesistono letteratura, teatro, arti, politica, interventi su esteri e ambiente
