Questo racconto è apparso nell’antologia 24ore, Romanzi.It Edizioni, pubblicata nel 2023.
Prima della sveglia sente il cazzo indurirsi e sa che Roberta se lo aspetta, perché spesso allunga la mano e dice buongiorno con quella voce specifica, significa ciao a te e anche a lui; le liturgie della relazione gli sono care, ma a volte – magari proprio oggi – lui vorrebbe una vena diversa, diversa come è difficile dirlo, ma diversa, per una sorta di risentimento inspiegabile, poniamo il caso che lui non avesse avuto l’erezione per preoccupazioni o altro, si sarebbe sentito in difficoltà rispetto a quello specifico buongiorno, sospirato e carico di aspettative; comunque stamattina lui l’erezione l’aveva avuta prima del solito, già da venti minuti ragiona sulle ombre della stanza aspettandosi da un momento all’altro l’increspatura del lenzuolo e il contatto della mano che gli risale la coscia. Suona la sveglia, lui si allunga, tra le opzioni ritarda o interrompi sceglie interrompi e forse era stato il ragionare e l’aspettare o la sensazione di vita già vissuta, perché quando Roberta sussurra buongiorno Guido si sfila, sottraendosi alle coperte, si alza e va alla finestra.
Che hai? Tutto bene?
Sì, tutto bene. Buongiorno.
Per un attimo osserva un ragazzo che ferma il motorino in doppia fila, lo blocca sul cavalletto, recupera qualcosa da una borsa, casco arancione, giubbotto nero.
Cosa guardi?
Le descrive la scena, il ragazzo ha appena infilato un volantino sotto il tergicristallo della loro auto, un foglietto rosso e giallo, sono buoni sconto cose del genere, scommette che si tratta del circo. Guido segue il motorino scomparire. L’intera fila di auto è marchiata, guarda il foglietto sgualcito sulla loro Yaris bianca, potrebbero almeno infilarli con un po’ di cura, e in ogni caso si chiede chi davvero decida di prendere un pomeriggio di ferie, organizzare i bambini e da Porta Genova andare, mettiamo il caso, a Segrate solo perché ha trovato il buono sconto sul cruscotto, intende dire in che modo un buono sconto di quanto, due euro? può influenzare davvero una decisione d’acquisto così complessa.
Cosa significa la nostra auto?
Roberta si tira su con la schiena appoggiata sulla testiera del letto, ripete la domanda, cosa significa che dalla finestra riesce a scorgere la loro auto? vuole tornarci sopra immediatamente e soffocare sul nascere il momento di silenzio che si era creato. Guido le spiega che la sera prima, di ritorno dal lavoro, era passato lungo la via. Come se non lo sapesse: è inutile cercare parcheggio in zona, eppure l’aveva fatto, poteva suonare esagerato ma in effetti era stato una specie di presentimento e aveva trovato parcheggio proprio lì sotto, sì, incredibile! era il primo ad ammetterlo, eppure quella che ora indica con la mano è la loro Yaris bianca, sorride, gli è appena venuta un’idea, cioè lui non andrà al lavoro oggi, vuole l’auto parcheggiata sotto casa per almeno 24 ore, vuole anche lui fare come gli altri, perché è chiaro che se non si trova mai un buco libero significa solo una cosa: la gente lascia ferma l’auto per giorni e settimane, ecco, perché no, comperare una seconda auto e quella lasciarla lì per sempre, così, per il gusto di occupare il posto, più tardi scenderà a prendere il volantino per ricordo. Roberta ride alle sue spalle.
Davvero ti prendi ferie?
Sicuro.
Non ti pare esagerato?
Guido sposta l’attenzione sull’albero dall’altra parte della strada, è un bell’albero, ha una sua personalità, d’altra parte ogni luogo ha qualcosa di valido sapendolo trovare. Non è che voglia tenerla all’oscuro, solo preferisce mantenere le proporzioni tra ciò che gli passa per la mente e ciò che dice a voce, perché sa che certe cose a esternarle perdono sfumature, il senso generale si sfilaccia e poi no, l’altro si sentirebbe in dovere di rassicurazioni o di parafrasare il contenuto; peggio ricondurrebbe tutto alla sfera razionale, magari utilizzando un termine di paragone. Guido ora non vuole ragionamenti psicanalitici e mentre sta alla finestra sa che se le parlasse in quella penombra mattutina, tra i primi rumori felpati del condominio, nelle posizioni reciproche lui in piedi e lei ancora nel caldo delle coperte, qualcosa del suo discorso andrebbe perso, gli parrebbe di sprecare un’occasione. Roberta si stiracchia con grazia.
Lo scriviamo sul calendario: 25 febbraio 2021.
Sì, le date sono importanti.
Che hai, sembri strano.
Il punto è che ha l’impressione di aver deviato il corso degli eventi umani, mentre la sua vita e la vita di tutti scivola sotto i piedi. Questo è ciò che avrebbe voluto dire, ma non lo dice, gli sembra giusto attenersi ai fatti. Infila i pantaloni neri della tuta e le racconta che la sera prima vedendo il posto vuoto gli era presa un’inquietudine allo stomaco per il fatto che era toccato a lui proprio a lui. Lì per lì si era guardato intorno a controllare. Cosa avrebbe fatto lei al suo posto? capita di vedere un buco e scoprire che qualcuno sta già facendo retromarcia per infilarsi dentro, insomma c’era andato
cauto all’inizio per evitare delusioni. Il posto era libero e lui era riuscito a trattenersi, mantenere la lucidità durante la manovra per non rovinare il momento strisciando l’auto a fianco. Ma una volta spento il motore gli era salita un’euforia, un calore, devono sentirsi così i soldati dei documentari, quando escono dalla trincea e si buttano verso la morte, la stessa delirante sensazione di onnipotenza e si era messo a gridare battendo sul volante, forte, scuotendo il corpo e l’auto, finché la vergogna per sé stesso l’aveva calmato.
Perché ieri sera non me l’hai detto?
Non ci ho pensato.
A cena.
Non lo so.
Abbiamo aperto il Franciacorta, bottiglia da trenta euro.
Hai ragione.
Ti ho chiesto a cosa brindiamo tu hai detto niente, così.
Era una cosa mia.
Giù in strada un uomo cammina spedito verso una donna che cammina verso di lui, la strada è zuppa di foglie marcie, tra poco avranno un volto l’uno per l’altro e Guido aspetta di vedere cosa accade, potrebbero urtarsi o baciarsi o passare oltre con lo sguardo marciapiede, forse posare lo sguardo su di loro può alterare lo svilupparsi del momento e quante volte non sappiamo di essere osservati dalle finestre dei palazzi, sono domande che lo trascinano altrove, da sempre convive con la sua acuta percezione delle cose. Indugiare nei pensieri è un tempo che si concede mentre sa che la discussione è rimasta sospesa e infatti Roberta si raddrizza meglio seduta, si sporge in avanti e chiede in che senso fosse una cosa sua, in che senso? Guido infila la maglia della tuta. In quella domanda una richiesta diversa, a cui è difficile sottrarsi, ma ha bisogno di organizzare il discorso per perdere meno sfumature possibili e le spiega che la sera prima appena sceso dall’auto aveva visto avvicinarsi una signora su una Panda, una signora anziana che dal finestrino abbassato gli aveva chiesto scusi sta uscendo? una situazione del tutto usuale, ma lui si era sentito smarrito, perché la signora di sicuro avrebbe avuto più diritto a un posto vicino a casa e per infinitesimo aveva considerato la possibilità di lasciarle il posto e non per gentilezza, no, per un gesto di pura follia, di sconcertante disprezzo verso la fortuna che gli era capitata, in un certo senso per il semplice fatto di poterlo fare. Roberta ora mostra un’espressione interlocutoria, piega il collo in avanti, alza il mento.
Questo cosa c’entra?
Guido precisa che tutto questo lo ha capito in seguito, s’intende. Le cose, mentre capitano, capitano e basta; tuttavia, fin da subito l’aveva intuito come momento decisivo e le domanda se anche a lei sia mai successa una cosa simile, cioè una specie di scostamento del tempo, il sussulto del tram che riparte o una cosa del genere; la prega di portare pazienza, anche lui si rende conto che non si sta spiegando a dovere, ciò che intende dire è che attorno alle coincidenze – un gatto che attraversa la strada o un libro che cade da solo – la vita che uno vive senza rifletterci di colpo si fa reale e complessa; e cresce una determinazione che prima non si aveva, meglio, non si sapeva di avere.
Al punto, vieni al punto.
Guido le descrive i movimenti reciproci dei soggetti in gioco, che lei dalla sua posizione non può vedere, ma sotto casa due auto accodate camminano piano, è evidente che stanno cercando parcheggio, il punto è: se proprio ora qualcuno uscisse lasciando il posto a uno dei due, quella persona sentirebbe che si tratta di lui, lui solo, della sua vita, ora o mai più, un’epifania, gli arriverebbe un pensiero che sistema ogni cosa e sentirebbe di aver capito qualcosa di sé o del rapporto col padre o del suo modo di amare. Ciò che Guido vuole dire, mentre Roberta contrae la faccia e comincia ad aggrapparsi alle coperte è che anche la signora della Panda avrebbe provato uno di questi momenti cruciali se lui avesse deciso di lasciarle il posto – cosa che poi non è stata – e allora è vero che tutto è collegato a tutto e l’unica cosa che ognuno di noi può fare è approfittare di ciò che ci viene concesso, in altre parole farne tesoro. Roberta abbraccia le gambe piegate; le trema il labbro superiore.
Guido mi stai lasciando?
Roberta stringe la faccia, tanto da sentire un dolore in mezzo alla fronte. Ripete la domanda con spavento e una posa rigida con cui si prepara a sprizzare rancore, almeno questo pare chiaro a Guido che osservandola sospira, perché non è riuscito a spiegare le sfumature della questione, si rammarica per lo spreco e d’altra parte è sempre così quando ci sono due soggetti coinvolti, per quella irrimediabile incomunicabilità tra esseri umani, ma questo lui non lo dice, accetta il silenzio che ora contiene i dodici anni della loro relazione e anzi si propone d’ora in poi non dire più nulla, ogni parola cadrebbe in un vortice di incomprensioni, incomprensioni a cascata, incomprensioni causa-effetto, meglio attenersi al modo usuale di affrontare questo tipo di situazioni, cioè secondo i ruoli definiti di partner alienante e alienato, sostenendo senza replica i veleni, i drammi, il livore, limitandosi alle considerazioni logistiche e di ordine pratico. Un cuscino scagliato ai suoi piedi e lui lo lascia dov’è caduto, comunica la richiesta di restare in casa ancora ventiquattro ore, raccoglierà giusto le cose indispensabili approfittando del fatto che l’auto è parcheggiata di sotto. Roberta grida con lacrime di frustrazione e implora e scalcia, questa è la prima delle inevitabili fasi a cui seguiranno le altre, ovvio, siamo esseri umani, anche Guido sente il morso della tristezza e la stretta in gola e tutto il resto, e per liberarsi dalla sensazione prova il metodo più semplice, cioè quello di inghiottire, ma non basta. Distoglie lo sguardo. Fuori il mondo procede, la normalità è uno spettacolo intatto: la gente cammina in strada con i loro cani e i loro figli, avanti e indietro dal lavoro, dall’amante, dalla palestra, dentro e fuori le loro vite in una percentuale di realtà tra il cinque e il dieci per cento. Una Volvo grigia procede lentissima, Guido può seguire la scena dall’alto; vede accendersi la freccia a destra, tipico di quando si crede di aver trovato un posto, tra qualche secondo vedrà la Smart che occupa già il parcheggio e infatti è così, la freccia a destra smette di lampeggiare, la macchina tira dritto.
Francesca Zanette scrive e fotografa. La zona di confine tra parola e immagine è il territorio su cui indagano alcuni dei suoi progetti, ricerca che ha alimentato una serie di sue mostre recenti. Ha pubblicato racconti su riviste letterarie e in antologie, scrive di fotografia e letteratura su minima&moralia e Doppiozero. È autrice del romanzo 𝐷𝑜𝑣𝑒 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑐𝑜𝑠𝑎 𝑚𝑎𝑛𝑐𝑎, ed. Readerforblind, 2022.
