
“E come ogni anno, prima del 25 aprile, il fascistume residuo di cui purtroppo il nostro paese non è ancora riuscito a liberarsi, tira fuori la testa e cerca un po’ di visibilità sulla pelle di chi è morto per liberare il nostro paese. È tipo una tassa, ormai.”.
Così, con consueta lucidità, Emiliano Rubbi ha ben sintetizzato la situazione, in un suo post pubblicato sul suo profilo Facebook.
Ci troviamo, ancora, una volta a dover lottare per ribadire l’ovvio: l’opposto di fascismo non è comunismo ma democrazia, dunque l’antifascismo non è una fissazione della sinistra ma la base stessa della nostra Repubblica. Tutto il resto è, se in malafede, propaganda fuori tempo massimo, se in buonafede, una grossolana incomprensione del concetto stesso di democrazia.
Per parlare di ciò, avrei potuto contattare alcuni dei nomi più celebri e attivi nel dibattito filosofico contemporaneo, con i quali ho avuto il piacere di collaborare recentemente, ma ho preferito compiere una scelta, forse, spiazzante ma sicuramente poco prevedibile e, per questo, probabilmente più stimolante: il mio interlocutore è Davide La Rosa, fumettista, scrittore e sceneggiatore, noto per l’umorismo surreale con cui decostruisce, in particolare, gli aspetti più contradittori delle religioni ufficiali (ricordiamo tra i suoi volumi più noti Dio, La Bibbia 2, Zombie Gay in Vaticano), spesso usando figure della letteratura come improbabili eroi di avventure parodistiche (Ugo Foscolo -indagatore dell’incubo, Giuseppe Parini -naufrago delle stelle, Leopardi & Ranieri – Veri detective).
Tre sono i motivi per cui ho ritenuto La Rosa un interlocutore interessante: prima di tutto, è un fumettista, ovvero un esponente di un settore artistico tuttora snobbato da una certa cultura autoproclamata “alta” (categoria inesistente, se non nella mente di chi crede di farne parte), nonostante abbia espresso alcuni degli autori più influenti nel dibattito culturale contemporaneo (pensiamo a Gipi e a Zerocalcare); è un autore in grado di comunicare concetti complessi attraverso un umorismo accattivante, quindi molto efficace come divulgatore tra le giovani generazioni; inoltre, per un motivo strettamente collegato al significato profondo del 25 aprile: in un ideale parlamento filosofico, probabilmente Davide e io siederemmo su scranni opposti, lui accanto gli atei, tra gli agnostici, io tra coloro che si identificano nella stessa parola ma senza “a” privativa.
Nelle sue strisce, infatti, La Rosa si è imposto come uno dei più brillanti esponenti contemporanei di una visione razionalista e scientista dell’esistenza, mentre chi scrive si nutre da decenni di Bruno, Blake e mistica orientale: proprio per questo è importante mostrare come anche due persone con Weltanschaaung praticamente opposte possano concordare perfettamente sull’opposizione culturale alla barbarie.
Un esempio del valore più profondo della Liberazione e della Costituzione che ne è scaturita: tutte le opinioni devono rispettate nella massima libertà, tranne quelle che minacciano quella stessa libertà.
Sembra così facile, Karl Popper lo aveva spiegato molto bene, eppure ci siamo ritrovati con Davide a doverlo ribadire, prendendo spunto da uno dei suoi libri più divertenti: Il Trio Occhialuto Antifascista (edito da Fumetti di Cane), una serie di strisce in cui ci sono tutte le caratteristiche, e i pregi, dello stile dell’autore, una serie di gag divertentissime, con gustosi riferimenti alla cultura pop, in cui il trio del titolo (composto da tre nomi storici della Prima Repubblica) ha lo scopo di combattere il più goffo e maldestro dei cattivi da fumetto, ovvero Benito Mussolini.
Come è nata l’idea di questo fumetto?
Il Trio Occhialuto Antifascista sono un gruppo di antifascisti che cercano, in tutti i modi, di impedire a Mussolini di riformare il partito fascista.Erano i protagonisti di una serie di strisce sul mio blog, anni fa. Quando iniziai a disegnarle sembravano fuori tempo, infatti qualcuno mi diceva: “Parli del pericolo fascista negli anni 2000? Sei fuori tempo massimo”. Io ho sempre pensato che il fascismo difficilmente morisse. Viene sconfitto ma si nasconde da qualche parte e aspetta il momento opportuno per ritornare fuori. E infatti mi sono trovato a riprendere quei personaggi, e le loro storie, proprio perché oggi, negli anni 20 degli anni 2000, il fascismo è tornato in maniera prepotente e subdola (il fascismo è sempre prepotente e subdolo).
Come hai scelto i tre protagonisti nella storia dell’antifascismo?
Non so perché io abbia scelto proprio loro. Sono andato di getto. Negli anni, però, mi sono fatto questa idea. Pertini l’ho scelto perché è Pertini, un grandissimo uomo e un grandissimo antifascista. Saragat perché non se lo ricorda mai nessuno (a parte la battuta di Abatantuano: “Vade retro Saragat”). Nenni credo per il fatto che sia pelato.
Nel libro giustamente mostri come, estendendo il concetto, qualsiasi forma di fanatismo possa essere sconfitta con i paradossi. Possiamo con la logica e l’ironia smontare la propaganda populista?
Mi piacerebbe dire “Sì, l’ironia è una grande arma in grado di distruggere anche una cosa orrenda come il populismo”. Ma la realtà è che, no, non credo si possa distruggere il populismo né con l’umorismo né con altro. È una cosa che fa leva sulla pancia della gente, tocca nostri sentimenti atavici. Va a toccare tutti, tutti quanti. Sta alle persone resistere al populismo. Sta alle persone prendere quelle cose che stanno in pancia e portarle al cervello, così da rendersi conto che dietro a quegli slogan non c’è nulla. Uno potrebbe dire “Allora serve la cultura”. Sì ma non ora. La cultura, quando il fascismo e il populismo sono emersi, non serve a niente. Se fai vedere la cultura a un fascista, quello, ti picchia (dandoti del “Professorone”) e dà fuoco ai tuoi libri. La cultura serve subito dopo che il fascismo viene sconfitto (perché tanto viene sempre sconfitto).
“Mussolini contro la bellezza”, titolo di un capitolo, potrebbe essere un saggio di futurismo antifascista. Senza nulla togliere al fiorire di certa architettura e a una estetica molto connotata nell’epoca fascista, come mai secondo te nella retorica mussoliniana c’era un gusto così pacchiano del grottesco?
Non ne ho la più pallida idea. Credo sia perché il pacchiano intimorisce ma anche un po’ attira. Tipo i dalmata in ceramica: sono brutti ma non puoi fare a meno di guardarli. E poi le cose di Marinetti sono lisergiche e ipnotiche. Sarà stato quello!
Molto divertente è la parte del libro con le recensioni entusiastiche sul libro di Mussolini. Chiaro è il riferimento a sconcertanti dinamiche attuali. Come credi si possa uscire dall’incanto di massa della propaganda neofascista, di cui i social sono il campo di battaglia ideale?
Quel capitolo (sono contento che ti sia piaciuto) nasce da una discussione che ebbi con alcune persone su Facebook. Era il giorno dopo l’atto vandalico alla statua di Indro Montanelli. Io feci un post per sottolineare che, in quella vicenda, la cosa scandalosa era il fatto che si fosse fatta la statua a uno come Montanelli che, per sua stessa ammissione, violentò una bambina di 12 anni in Africa. Apriti cielo. Un sacco di gente venne a commentare dicendo che “Montanelli è stato un grande giornalista e certe cose erano normali al suo tempo”. Io ero allibito. Uno, solo perché sa fare il giornalista (pure qui si potrebbe discutere ma andiamo avanti), puf, come per magia gli vengono perdonate atrocità. Ecco, per rispondere alla tua domanda, anche qui: credo che, attualmente, non ci sia modo di uscire da un certo tipo di propaganda. La massa crede in maniera cieca a quello che, gente come Salvini o Meloni, continuano a ripetere a ripetizione.
Potresti pensare che io sia pessimista e che mi stia arrendendo alla situazione. In effetti è già la seconda volta che rispondo a una tua domanda dicendo “Non c’è modo di uscirne”. Sono pessimista di natura, è vero… in realtà sono realista più che pessimista (il fatto è che la realtà, il più delle volte, è pessima).
Comunque.
Credo che in questo momento siamo in guerra. No, aspetta, cambio parola, “Guerra” è un termine che fomenta i fascisti. In questo momento siamo tra i marosi e bisogna fare resistenza e prepararci a quando le acque si calmeranno. Noi antifascisti dobbiamo opporci ai fascisti, ogni giorno, senza fargliene passare mezza.E quando finiranno le onde dovremmo fare in modo che non succeda più.
Nel risorgere inquietate di certe derive neofasciste, grandi responsabilità ha senza dubbio una sinistra divisa e inetta. Non sono certo il primo a evocare Weimar. come parallelo tragico di cui ora stiamo rivivendo, marxianamente, la replica farsesca. Nel fumetto c’è una divertente, e accurata, trasfigurazione di personaggi storici della sinistra, da Berlinguer a Renzi, passando per D’Alema. In cosa ha fallito la sinistra per te?
Che non è sinistra, è centro-sinistra. Il centro non può stare con la sinistra. La sinistra è progressista, il centro è fortemente conservatore. Come fanno a convivere? Non c’è una sinistra in Italia (o meglio, c’è, ma prende lo 0,niente% alle elezioni… so che esistono perché li voto). Il PD non è sinistra, non ha mai fatto nulla di sinistra. Fa campagna elettorale dicendo cose che suonano come “Se siete di sinistra votateci”. E cosa ha fatto di sinistra? Niente. L’unica cosa di sinistra che hanno provato ha fare è stata la legge Cirinnà ma gli è stata affossata da Lega e M5s. Così sono stati costretti a fare una roba monca con Alfano. Ora il PD governa con il M5S e non hanno ancora fatto nulla per eliminare i due “Decreti sicurezza di Salvini”. Decreti sottoscritti dal premier Conte, che ora governa con il PD. Di solito quando dico questo qualcuno dice: “E allora volevi un Governo Salvini-Meloni?”. No, ma non per questo mi devo far star bene il Governo PD-M5s. Se si smettesse di fare “Voto utile” magari si potrebbero avere più scelte quando si va a formare un nuovo governo.
“Il camerata oscuro” e “Al confino della realtà” sono brillanti non solo come calembour ma perché rivelano il sottostrato buffonesco e surreale delle diverse manifestazioni, o meglio camuffamenti del cosiddetto Fascismo Eterno, come lo chiamava Umberto Eco. Ci sono possibilità che, come nei quadri del videogioco da te immaginato, i fautori di questo tristo revival si suicidino, politicamente, da soli?
Sì. I capi populisti sono (e lo sono sempre stati) degli aggregatori: prendono quello che dice la massa e lo ripetono a oltranza. Se ho una certezza è che gli aggregatori, prima o poi, vengono sempre sopraffatti dagli aggregati. L’aggregatore si adegua sempre a quello che dice la massa. E la massa vuole sempre di più. Pensa di poter avere e fare tutto ciò che vuole e, prima o poi, arriveranno al punto che il proprio aggregatore non sarà più in grado di dargli ciò che vuole. A quel punto: o troveranno un altro aggregatore o avranno portato il Paese a un livello così basso che inizieranno a capire che si stanno facendo male da soli, smettendola di sbraitare come delle bestie.
Feroce è la critica a Mentana e alla sua apertura “democratica” a CasaPound. Forse è la parte in cui la satira è meno sottile e surreale e proprio esplicitamente critica.
Qual è la responsabilità dei media? Dico solo che dopo due anni di comprovate fake news quotidiane, Salvini è ancora invitato ogni giorno a pontificare ovunque in televisione.
Mentana, andando nella sede di CasaPound, ha fatto una cosa gravissima: li ha legittimati. E li ha legittimati non tanto perché ci è andato a parlare ma perché ha detto apertamente che quel partito (di chiaro stampa fascista) ha diritto di stare nel “Recinto democratico”. È una mossa irresponsabile che ha dato potere e credibilità ai fascisti.
Nella stessa parte del libro, contrapponi all’atteggiamento di Mentana il rigore dei Wu Ming (e di Luther Blissett), raffigurati come supereroi da cartone animato giapponese.
Quanto abbiamo bisogno ancora di figure simili?
Ne abbiamo bisogno più che mai. Ma ne avremo ancora di più bisogno fra un po’. Per via di quello che dicevo qualche domanda fa: a tempesta finita ci vorranno persone che spieghino bene perché il fascismo sia sbagliato e pericoloso e non, come dice Mentana, qualcosa da far stare in un “Recinto democratico”.
Ci sono altri intellettuali che stimi allo stesso modo e che credi svolgano una simile funzione di argine ideologico?
Darò una risposta fondamentalmente sbagliata: le ONG. È sbagliata perché le ONG non sono politica e non fanno nulla di politicamente ideologico. Le ONG fanno una cosa che dovrebbero fare tutti: salvano vite. E siamo talmente messi male, come ho già detto più volte in questa intervista, che la pietà umana è diventata un messaggio politico di sinistra. Dobbiamo tornare al punto in cui salvare gente in mezzo al mare sia una cosa scontata. Invece è diventata una cosa da “Zecca rossa buonista”.
Divago un attimo, scusa. Un’altra vittoria dei fascisti è il rendere politiche cose che non lo sono. L’antifascismo non è politica, così come non lo è la solidarietà. Invece, la dialettica populista, ha iniziato a dire che l’antifascismo è una cosa di sinistra. No, l’antifascismo dovrebbe essere di tutti (come l’antimafia… uno combatte la mafia, indipendentemente dalla fede politica. E, sì, il paragone regge: mafia e fascismo sono molto simili). Come dico sempre: rispetto a dieci di sinistra, uno di destra che si dice antifascista, è molto più utile alla causa antifascista.
Quindi le ONG fanno cose che sono diventati messaggi utili a sconfiggere il mostro fascista.
Nel libro ribadisci alcuni concetti fondamentali che in una democrazia dovrebbero essere ovvi, in quanto costitutivi (prima che costituzionali): “Il Fascismo non è un’opinione, ma un crimine”, “L’antifascismo non è una prerogativa di sinistra, ma di tutte le forze democratiche”, “Dire che l’antifascismo è fascismo equivale a dire che l’antimafia è mafia”. Altrove, fai dire a Mussolini cose purtroppo veritiere come “Nella testa delle persone i miei crimini stanno sparendo” e soprattutto gli fai recitare gli sciocchi slogan della destra salviniana (da “rosiconi” a “prima gli italiani”).
Anche davanti alle figuracce mondiali dei leader sovranisti di fronte al Corona Virus (Trump che sbaglia il discorso che doveva fare alla nazione dicendo il contrario, Bolsonaro che nega l’evidenza con spocchia tragicomica, Johnson addirittura in terapia intensiva dopo aver detto che il lockdown era inutile, lasciando perdere i dati sparati a caso e lo sciacallaggio elettorale dei “patrioti” Salvini e Meloni), anche quando la loro arrogante ignoranza ha un impatto devastante sulla salute delle persone, comunque, i loro seguaci li sostengono. Mi rivolgo al La Rosa razionalista agnostico: cosa rimane da tentare, un esorcismo? Appare evidente che si tratti di una possessione collettiva…
Vero. Ma è tutta gente che, per farsi eleggere, asseconda la parte atavica della massa. E la parte atavica della razza umana è uguale a ogni latitudine. A me, nato e cresciuto a Como (terra di leghisti), c’è una frase che mi mette sempre il panico, questa: “Il nostro partito va sul territorio, fra la gente e facciamo quello che la gente ci chiede”. La politica deve ascoltare la gente, è vero, ma non deve fare tutto quello che la gente gli chiede. Altrimenti non è politica ma populismo.
Adriano Ercolani è nato a Roma il 15 giugno 1979. Appena ventenne, ha avuto il piacere di collaborare con Giovanni Casoli nell’antologia Novecento Letterario Italiano e Europeo. Si occupo di arte e cultura, in varie forme dalla letteratura alla musica classica e contemporanea, dal cinema ai fumetti, dalla filosofia occidentale a quella orientale. Tra i suoi Lari, indicherei Dante, Mozart, William Blake, Bob Dylan, Charles Baudelaire, Carmelo Bene, Andrej Tarkovskij e G.K. Chesterton. È vicepresidente dell’associazione di volontariato InnerPeace, che diffonde gratuitamente la meditazione, come messaggio di pace, nelle scuole e nei campi profughi di tutto il mondo, dalla Giordania al Benin, dal Libano a Scampia.
Nel suo blog spezzandolemanettedellamente riversa furiosamente più di vent’anni di ricerca intellettuale. Tra le sue collaborazioni: Linkiesta, la Repubblica, Repubblica-XL, Fumettologica e ilfattoquotidiano.it.
In fondo anche le democrazie si nutrono di “piccoli fascismi”. Nel fascismo c’è un solo dittatore, nella democrazia ci sono tanti piccoli dittatori “nominati” dal sistema democratico. E non ci sarà mai vera democrazia senza giustizia sociale. Il marciume democratico è una realtà.