
Questo articolo è uscito su Repubblica. Ringraziamo la testata e l’autore.
La domanda è: ci conviene mettere a biglietto tutto il «patrimonio storico e artistico della Nazione» (art. 9 Cost.)? È saggio far pagare chi desidera andare a deporre una rosa sulla tomba di Raffaello, o un pensiero su quella di Vittorio Emanuele II, entrambi sepolti nel Pantheon di Roma, che è contemporaneamente un monumento archeologico, una chiesa consacrata, un sacrario civile? La modernizzazione comporta necessariamente biglietterie all’ingresso di tutte le chiese storiche, dei conventi, delle biblioteche, degli archivi, degli ospedali monumentali, e domani magari alle porte di intere città, come Venezia?
I dubbi sono leciti. Perché così facendo rischieremmo di spingere ancor di più l’economia culturale verso la passività della rendita.
Forse sarebbe preferibile fare esattamente il contrario, rendendo gratuito l’accesso ai grandi musei statali.Nel 2013 il gettito di questi ultimi è stato pari a 125.826.333 euro, ma allo Stato ne sono arrivati 104.333.063 (la differenza è andata agli oligopolisti delle concessioni): che è il costo di un singolo bombardiere F35.
Il presidente del Consiglio ha giustamente detto di voler allineare la spesa militare e quella culturale: con meno di un terzo di quanto destinato all’assegno indiscriminato per il consumo culturale dei neodiciottenni, potremmo far entrare tutti gratis nei nostri musei. E l’economia indotta da un aumento del movimento dei cittadini verso il patrimonio darebbe frutti, anche fiscali, assai superiori al gettito dei biglietti.
Ma, soprattutto, nel nostro Paese come in nessun altro, il patrimonio culturale è fuso con lo spazio pubblico. Non c’è un vero confine tra il Pantheon e la sua piazza, ed è vitale che si possa continuare a varcare liberamente quella porta bronzea: anche solo per continuare a passeggiare al coperto, anche solo per cinque minuti. Dobbiamo poter respirare liberamente la nostra storia: non possiamo spezzare questa quotidiana intimità, diventando clienti anche nel cuore della nostra casa.
È difficile capirlo in un momento in cui l’unica bussola delle riforme dei Beni culturali, che si accavallano senza il tempo per valutarle, sembra l’espansione della valorizzazione, a spese della tutela e dell’educazione. Ma in gioco c’è l’idea stessa di cittadinanza: rendere più difficile l’accesso dei cittadini a un monumento identitario significa in qualche modo annullarne la forza.
Quando Urbano VIII Barberini portò via il bronzo dal tetto del Pantheon per farci cannoni (1625), disse che era «un tesoro nascosto, senza utile e senza uso». Il popolo di Roma, visceralmente legato al monumento, si oppose alla messa a reddito, esclamando che quel che non fecero i barbari, avevano fatto i Barberini. Credo che oggi ci convenga pensare non come il papa, ma come il popolo: che guardava più lontano.
Tomaso Montanari (1971), storico dell’arte, ha pubblicato per Einaudi i saggi A cosa serve Michelangelo e Il barocco; per Skira, il pamphlet La madre di Caravaggio è sempre incinta. È editorialista per la Repubblica. Con minimum fax ha pubblicato Le pietre e il popolo. Restituire ai cittadini l’arte e la storia delle città italiane (2013) e Istruzioni per l’uso del futuro. Il patrimonio culturale e la democrazia che verrà (2014).
Che dire? e quante sono le persone consapevoli della gravità del momento?
Per quanto mi riguarda mi sento ‘giurassica’, non posso appartenere a questi tempi di sconfitta della cultura e di perdita dei valori sanciti dalla nostra costituzione, che credevo, e quanto sbagliavo, inviolabili.
Concordo in linea di principio, però in alcune situazioni credo che sia un problema di non facile soluzione, anche perché viviamo in tempi di turismo di massa (italiano e straniero) e per me è giusto e importante che più persone possibile abbiano accesso alla Cultura.
Forse bisognerebbe creare un sistema di prenotazione (a pagamento) per tutti i luoghi sovraffollati, per permettere a chi non vuole/ non può esaurire le sue energie stando in piedi per ore in code d’attesa di accedere al monumento ancora nel pieno delle sue facoltà psico-fisiche, lasciando comunque l’ingresso gratuito (e a chi ha la resistenza, di farsi le sue code interminabili)?
Come guida turistica le famose domeniche gratuite ai musei statali mi paiono più che altro propaganda, secondo me era meglio mantenere le gratuita’ per gli over-65 o creare qc altro sistema per facilitare l’accesso di tutti alla Cultura.
E almeno per ora non mi pare che siano a vantaggio dei musei cd. “minori”, le code a Firenze davanti a Uffizi e Accademia mi sembrano roba da sado-maso :((( [a volte mi viene il dubbio che la gente vada a fare la coda per poter dire di averla fatta, e farlo vedere con qc selfie…, non tanto per il monumento e le opere che vi sono custodite… follia del consumismo 😡]
Quando ero bambina (ai tempi del Muro), i musei a Berlino Ovest erano gratuiti, i musei a Berlino Est (e in tutta la Ddr) invece costavano qc spicciolo, da tanto tempo si erano poi ‘adeguati’ anche a Berlino ovest.
Ho smesso da tempo ad andare a concerti gratuiti e credo che un costo simbolico di 1 max 5 € migliorerebbe l’attenzione e partecipazione del pubblico. Le cose che hanno valore possono anche essere pagate. Ma forse sbaglio.