Pubblichiamo, ringraziando l’editore, un estratto dal libro Carissimo Billy, dear Lucky – Lettere (1937-1947). Diario dell’amicizia tra la traduttrice segreta di Vittorini e uno sciupone della vita, uscito per 8tto edizioni. Il libro è il racconto epistolare del rapporto tra Guglielmo Bianchi e Lucia Rodocanachi. Lui vive tra Lavagna, Genova e Parigi, è un poeta e un artista “furibondo di gloria”, un dandy; lei, è scrittrice, traduttrice segreta di alcuni dei principali scrittori italiani, “motore di ispirazione creativa” di poeti come Eugenio Montale, Camillo Sbarbaro, Carlo Bo, Adriano Grande, Gianna Manzini, Henry Furst.
Lucia Rodocanachi a Guglielmo Bianchi
Arenzano 8 aprile 1938
Dear Billy,
il suo silenzio mi “intriga” e mi addolora molto naturalmente, non accuso che me stessa, ma ora mi considero abbastanza punita. Non sia crudele e mi scriva . Oggi, tenuto conto delle distanze, le faccio il mio protocollare invito per il lunedì di Pasqua con la relativa pasqualina, benché già sappia che lei lo declini avant lettre.
Ma berremo all’assente, certo. E poi è high time che lei venga, ormai faccio conto sulle sue apparizioni periodiche e non vorrei che confezionare il chocolate cake diventi un rito simbolico e che io perda ogni fede nel potere delle evocazioni.
Poi lei è l’unico amico con cui si possa discutere nel vero senso della parola: (è un complimento che le faccio e non indifferente) senza astio, ma con energia, rafforzando cioè le proprie opinioni ma rispettando quelle altrui.
Ho letto nel frattempo un altro volume di Erskine Caldwell, in americano questo, ricevendo la conferma del mio parere sulla traduzione, e godendo della scomparsa di questa barriera tra me e l’autore. Vorrei che alcune di quelle novelle fossero tradotte perché lei potesse leggerle, ammesso che, lei non sappia o non voglia fare lo sforzo di capirle così.
Siamo assorti in occupazioni arcadiche, curando rosai, e zappando le aiuole e seminando il gazon e piantando bulbi, e tutto è molto bello e fiorito ora, con nuvolette bianche di amarene e praticelli verdi, e le peonie di Keats in fiore , sebbene io rimpianga la primavera acerba.
Spero che lei abbia fatto, in omaggio a Proust, il pellegrinaggio ai meli fioriti di Normandia, e che abbia visto qualche siepe di aubepine.
Questa eternità ed universalità dei fiori mi commuove sempre e per questo non amo i tours de force dei floricoltori e preferisco a tutte le Nmes Brunners le rose di maggio, le rose tipo, o quei fiori che le vicende della moda hanno relegato ai giardini dei provinciali. Mi son fatta mandare dall’America dei manuali di botanica dove rifaccio i mazzi di Emily Dickinson e di Hawthorne, ma dove ritrovo anche i convolvoli e le poligale del nostro vecchio continente.
Oscar sta facendo una mostra da Vitelli (ve l’ha tenuta, dopo fulminea decisione, Cian, nonché con discreti risultati, chiusa) con buone ma non molte cose. Speriamo che gli appoggi ufficiali gli procurino maggiori e più duraturi vantaggi di quelle vendite, non molte, d’autorità, che non potranno mai sanare quella disperata situazione. Non so altre notizie genovesi che la possano interessare se non che Rosina con l’editore stette cinque minuti in raccoglimento sulla tomba del poeta (ed il poeta protestò nella tomba), e che M.M. siede in permanenza, come sempre, da Bardi, e che Carletto mise alla gogna sui pubblici fogli il povero Cian in pendant a Mura per di più, col solo vantaggio di non aver atteso più luttuose circostanze.
Io languo in solitudine e leggo libri ottocenteschi in 4 volumi, scrivo lettere e ne ricevo sempre meno di quante vorrei. Sarei stata molto fiera di tipperettare per lei. Hélas, Hélas perché si deve venir dispensati da tutti i compiti dell’amicizia? Sentendomi Marta, e indegna di più alti uffici, è a questi che mi sento destinata e portata.
Questo è certo, anche di fronte all’amicizia, un atteggiamento mediterraneo od orientale, forse anche un’incapacità ad astrarre; o è invece una tendenza a vedere il simbolo in ogni cosa mortale?
Soffro di tutte le malattie e di tutti gli scoraggiamenti della provincia, dell’immobilità, e dell’isolamento. Per fortuna li controllo ancora, ma ho terribili nostalgie di Rue de la Paix e di Piccadilly, per quanto apprezzi il canto della capinera e il verde tenero del fogliame primaverile. Non so se i pastori d’Arcadia fossero rosi dal desiderio dell’Acropoli o dell’Agorà mentre suonavano il flauto e la zampogna, o se cantando Clori pensassero a Frine. Certo è che Genova pacifica questi desideri cittadini, è un surrogato che sa di cicoria, quando si è in via Roma o Luccoli, e non è che a Prè o in Sottoripa o in più inusitati itinerari che sento l’aroma del Caffè.
Questa è la mia terza lettera, non vorrei tenere questa contabilità, ma spero che la coscienza le rimorda e la spinga a scrivere, ricordando la cartolina del 27 marzo e la lettera del 2 aprile.
Non mi spinga nei più profondi abissi del “minx”, questi sono i risultati del silenzio degli amici. E mi parli del caro Gozzano quanto più e quanto prima. E venga molto presto.
Lucia
Minima&moralia è una rivista online nata nel 2009. Nel nostro spazio indipendente coesistono letteratura, teatro, arti, politica, interventi su esteri e ambiente
