Pubblichiamo, ringraziando autore ed editore, un estratto da “La filosofia di Super Mario Bros.” di Matteo Bittanti, uscito per Mimesis.

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Un salto. Un suono metallico. La prima moneta raccolta.

Così comincia Super Mario Bros.: con un gesto elementare che diventa cultura.

Non è solo un videogioco. È un congegno simbolico che nel 1985 prende possesso del televisore, come in Poltergeist. Da quel momento la cultura scorre in orizzontale, come lo schermo: avanti, sempre avanti. Si cade, si ricomincia. Mario insegna una logica dell’azione che cambia riflessi, aspettative, desideri. Altro che pas- satempo: è un manuale operativo mascherato da intrattenimento.

Questo libro non è un’agiografia: non santifica Mario né lo riduce a feticcio. Lo usa come lente riflettente e deformante per osservare quarant’anni di mutazioni politiche e tecnologiche, estetiche e sociali.

A questo proposito, torna utile una battuta attribuita a Riccardo Albini, quasi certamente apocrifa: “Scrivere di videogiochi è come giocare di filosofia”. Per orientare questa indagine adottiamo un modello preso in prestito dal game design: MDA, acronimo di Mechanics, Dynamics, Aesthetics. È lo strumen- to con cui sviluppatori e studiosi spiegano come funziona un videogioco1. Le meccaniche sono regole e comandi, la gram- matica minima che stabilisce ciò che si può fare. Le dinamiche sono ciò che accade quando quelle regole incontrano chi gioca: strategie, appropriazioni, usi collettivi. Le estetiche sono l’e- sperienza sensibile e culturale che ne deriva: emozioni, imma- ginari, istituzionalizzazioni.

In queste pagine, MDA diventa GVA perché le sigle ci man- dano in sollucchero. GVA sta per Gioco, Video, Arte. Non un maquillage terminologico, ma un ponte concettuale che sposta l’attenzione dal codice all’ambiente, dal livello all’ecosistema. “Gioco” esplora le meccaniche e le ripercussioni di Mario, anche quelle che non ti aspetti; “Video” osserva la propagazione nei media e nei linguaggi; “Arte” (in)segue gli esiti estetici, quando l’idraulico entra in galleria e comincia ad arrampicarsi sulle scul- ture. La logica resta quella del design, ma applicata alla cultura: dal fare al sentire, e viceversa.

In questo modo Mario smette di essere un personaggio e di- venta un prisma. La meccanica del salto anticipa l’ideologia della performance. La dinamica della ripetizione racconta la precarietà del presente. L’estetica della nostalgia digitale ci mostra come guardiamo al passato per decifrare l’hic et nunc. Mario è un pre- testo per comprendere il mondo che abitiamo: un linguaggio che trapassa media, contesti, istituzioni.

La filosofia di Super Mario Bros. funziona così: prende un’a- zione elementare – premere Start – e la rilegge alla luce dei suoi effetti diretti e indiretti, previsti e imprevisti. Ogni game over è un invito a riprovare. Ogni bandiera abbassata non è un trionfo, ma una pausa. È la dimostrazione che la cultura contemporanea si impara giocando, e la si capisce davvero solo quando qualcosa, improvvisamente, smette di funzionare.

La domanda è inevitabile: se Mario è tutto e tutto è Mario, quan- to di ciò che viviamo oggi è già stato programmato in quel primo salto del 1985?

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  1. R. Hunicke, M. LeBlanc, R. Zubek, MDA: A Formal Approach to Game Design and Game Research, in “Proceedings of the AAAI Workshop”, vol. 4, n, 1, 2004. ↩︎
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