
Rendere accessibile la filosofia “alta” ed elevare la cultura di massa alla dignità del pensiero filosofico: questo l’obiettivo con cui, dieci anni fa, da Civitanova Marche, prendeva avvio un nuovo movimento culturale. Un’operazione concettuale che, grazie al Festival Popsophia, ha permesso di capire, senza imbarazzi, compromessi o ipocrisie, il pensiero filosofico nelle serie tv, nei fumetti, nella musica, nella moda… Dopo un decennio, oggi, quello stesso festival è passato da essere contenitore a contenuto, creando un vero e proprio format che unisce linguaggi e temi, innovando la definizione stessa di festival. Di questi ultimi dieci anni e di filosofia legata ai fenomeni di massa, si parlerà a Civitanova Marche dal 29 luglio al 1° agosto: delle quattro serate proposte dal festival Popsophia, tre – sotto il nome Rocksophia – saranno interamente dedicate alla musica. In compagnia dei più noti protagonisti della cultura italiana, si analizzerà il cambiamento, la crisi e la rinascita che sta nelle opere di giganti come David Bowie, Jim Morrison e Franco Battiato.
Sull’autore de La voce del padrone, sulla sua filosofia e spiritualità, interverrà Noemi Serracini che, in vista della sua partecipazione al festival domenica 1 agosto, introduce il tema in esclusiva per Minima et Moralia.
di Noemi Serracini
Se, come scrive Platone nel Cratilo, il corpo è custodia ma anche prigione dell’anima, è necessaria un’esperienza di liberazione.
Questa esperienza per Franco Battiato è rappresentata dalla musica. Proprio al suo potere liberatorio si legano molti aspetti della ricerca spirituale che in lui convergono nelle composizioni musicali.
«Non ero ancora nato che già sentivo il cuore […] mi trascinavo adagio dentro il corpo umano, giù per le vene verso il mio destino» canta in Fetus, brano dell’omonimo album di debutto con il quale pone subito al centro corpo e sentire.
Il corpo stesso, anche attraverso una forma di danza che Battiato ha praticato in molti video ed esibizioni, si fa strumento di ricerca verso una continua trascendenza.
Per essere spirituali, per dare dunque spazio alla propria interiorità e avere il desiderio di sentire lo spirito, bisogna essere anche dei ricercatori, quindi disposti a sperimentare.
Battiato è stato un grande ricercatore e sperimentatore musicale e spirituale, capace di passare dall’avanguardia musicale alla meditazione come forma di purificazione e strumento per conoscere sé stessi.
Ha sperimentato stati di «connessione dall’alto» (come li ha definiti lui stesso) talmente profondi da portarlo alla composizione di brani intensi ed evocativi come Prospettiva Nevski.
Quella che altri chiamano ispirazione in Battiato corrisponde a qualcosa di più ancestrale e profondo, che paradossalmente lo ha indotto a considerare queste creazioni come non sue, provenienti da alt(r)e sfere.
Ricerca spirituale significa anche scoprirsi liberi di indagare nel mistero della vita e dunque della morte. Varcare la porta dello spavento supremo è il fine ultimo di ogni esistenza. «Chi non sa perché muore, non sa perché vive. Chi non sa cos’è la morte, non sa cos’è la vita» scrive il teologo e docente Vito Mancuso ne L’anima e il suo destino.
Proprio in questa direzione si è orientata gran parte della poetica di Battiato: una meditazione sull’impermanenza e sulla morte.
La musica è stata estensione e parte integrante della sua spiritualità. Quando parla de Le nostre anime lo racconta come un brano che vuole lasciare il Pianeta Terra «per arrivare da altre parti», in mondi lontanissimi. Questo è ciò che gli accadeva anche quando meditava: raggiungere l’altrove, dove la consapevolezza che niente è come sembra diventa strumento di analisi della realtà, e permette di avvicinarsi a quella verità che ci pone dinnanzi al nostro essere piccoli rispetto a ciò che ci circonda.
«Quando vedo l’insignificante spazio che occupo rispetto all’immensità dello spazio che mi ignora io mi atterrisco», ha affermato Manlio Sgalambro, scrittore, poeta, filosofo, coautore di Battiato dalla metà degli anni Novanta, a partire da L’ombrello e la macchina da cucire (1995).
In questo atterrimento si dissipa il nostro ego e si colloca il dubbio: sull’aldilà, su ciò che siamo, su ciò che rappresentiamo e anche dal dubbio nasce la filosofia, che ha il compito di indagare sul senso dell’esistenza.
Battiato ha messo la sua conoscenza ed esperienza al servizio di questa indagine attraverso la musica. La sua opera si estende sull’infinita dimensione dell’essere, a cui si può ascendere solo con un’attitudine spirituale, che in lui si è manifestata nella pratica della meditazione.
L’artista si svegliava tra le 3.30 e le 4.00 del mattino per meditare e attendere l’alba. Domare la mente è l’esercizio più difficile, ma ciò a cui tendere. Nello spazio infinitesimale che esiste tra un pensiero e l’altro risiede lo stato di consapevolezza senza pensieri, nel quale si vive la magia del presente, il qui e ora.
Uno stato che Franco Battiato conosceva e perseguiva da quando negli anni Settanta si era accostato al misticismo indiano, per poi avvicinarsi al sufismo, a Gurdjieff e al buddhismo. Senza tralasciare, nei suoi studi e nelle sue ricerche, i mistici cristiani o la passione per i Padri del deserto.
La musica dà forma all’esplorazione interiore e Battiato diventa la voce di un sapere, di una conoscenza tutta da scoprire, evocativa, fatta di infiniti varchi e attraversamenti. Contaminazioni di luoghi, linguaggi e temi nei quali soggiace un’epifania di fondo: «Niente è come sembra niente è come appare. Perché niente è reale».
Una verità cantata e vissuta dall’artista, che emerge nella coscienza di chi medita e di chi, come lui, sa che per sentire il suono del mondo bisogna saper ascoltare il silenzio.
Minima&moralia è una rivista online nata nel 2009. Nel nostro spazio indipendente coesistono letteratura, teatro, arti, politica, interventi su esteri e ambiente