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di Gisella Blanco

Il libro come mappa di collegamento fra luoghi e società

“Dove poterlo ritrovare,/un mondo altrove, oltre//carte e atlanti,/dove tutto è tessuto a sé//e di se stesso, come un nido,/un tratteggio di fili d’erba?” ha scritto Seamus Heaney in Catena umana (Trad. di Luca Guerneri, Mondadori 2021). Ad agosto ricorrerà il decennale dalla morte del grande poeta irlandese. Ed è proprio questa atavica urgenza di rintracciare un tragitto esistenziale – e non solo empirico – che ha spinto l’uomo a ideare mappe sempre diverse, da completare, da articolare, cui partecipare attivamente, in ciascuna delle quali è possibile scoprire complesse connessioni tra regioni, fenomeni, fatti, individui: le mappe spiegano, uniscono, concorrono a creare una comunità. Una narrazione legata alla collettività inerisce al senso civico e all’impegno civile, ma anche alle storie personali che si intrecciano le une alle altre, al tempo e al territorio in cui si svolge la vita.

Nel suggestivo centro storico di Rio nell’Elba, da martedì 18 luglio è andata in scena la nona edizione di Elba Book, che ha scelto proprio Mappe come tema. Una manifestazione che qualifica Rio nell’Elba come punto di riferimento culturale per tutta l’isola, e non solo. Da quest’anno, si è data voce e concretezza al progetto di creare ponti fra territori diversi e distanti ma che si possono mettere in relazione. Così è avvenuto con “I fumi della fornace”, il Festival marchigiano che si è gemellato con Elba Book, e la performance di Giorgiomaria Cornelio, Valentina e Lucamatteo Rossi, basata sul valore della rifondazione semantica dei luoghi. La distanza solo apparente, geografica, culturale e storica, tra Rio nell’Elba e Valla Cascia trova connessione attraverso il gesto poetico e culturale, non necessariamente monumentale ma radicale, effettivo ed efficace. Se il versante orientale dell’Elba ha subito l’abbandono delle miniere ferrose, la provincia di Macerata sconta la dismissione dell’imponente fornace di mattoni. Entrambe le realtà sono accomunate dall’urgenza di colmare un’identità industriale perduta e rimediare a diversi dissesti ambientali proprio a partire dal gesto artistico che è un movimento operoso, creativo di reti tra realtà, percorsi, storie, strategie e narrazioni contemporanee. Il gesto artistico è, in ultima istanza, ora più che mai, una attuale fucina di alternative ideologiche e culturali in un frangente storico dominato dal cinismo e dal senso di abbandono.

Lora Larra. Quando la contestazione non è solo estetica.

Nasce da queste premesse il laboratorio “Mappe per manifestare con creatività. L’immaginazione al potere”, che quest’anno Elba Book ha voluto portare avanti con due classi dell’ISIS Raffaello Foresi di Portoferraio, coinvolte in una riflessione sull’utilizzo della creatività e del lavoro di gruppo per la produzione di contenuti utili su tematiche di rilevanza individuale e sociale, riguardanti anche il territorio di abitazione. Un iter culminato in una tavola rotonda durante l’Elba Book Festival, organizzata dagli studenti stessi.

Il progetto è nato grazie alla casa editrice Edicola, intorno al libro A sud dell’Alameda. Diario di un’occupazione di Lola Larra e Vicente Reinamontes – Premio Andersen 2019. Una storia ispirata ai fatti e ai protagonisti della Rivoluzione dei Pinguini, movimento studentesco cileno che viene raccontato utilizzando il linguaggio del romanzo e della graphic novel.

Dalla lettura del volume è emerso un percorso di scrittura e di creazione di contenuti multimediali a partire dalle problematiche evidenziate dai ragazzi, con l’obiettivo di sviluppare una visione diversa sulla realtà, lavorando sul linguaggio e recuperando il valore letterario, grafico e comunicativo dei vari strumenti a disposizione (slogan, immagini, simboli, manifesti, canzoni, video) che possono essere utilizzati per comunicare con efficacia senza diminuire né la creatività né l’immediatezza espositiva.

Durante uno degli appuntamenti, gli studenti hanno incontrato online l’autrice Lola Larra, e con lei si sono confrontati sui temi scelti e sulle varie forme di linguaggio utili alle loro forme di protesta. Può stupire gli osservatori più generalisti – oppure confermare le opinioni meno ciniche rispetto alle nuove generazioni – il dato di fatto che gli studenti abbiano scelto di protestare per tematiche legate all’ospedale elbano, ai trasporti e al funzionamento del dissalatore. Hanno fatto proprie delle istanze civili, ampiamente plurali, piaccia o no la definizione.

Il quesito che emerge immediatamente è se la rappresentazione letteraria di una protesta possa dare vita a una protesta reale. È verosimilmente lecito, seppur controverso, ritenere che tutta la letteratura può configurarsi come letteratura di protesta?

Secondo moltissimi autori di ogni tempo, la letteratura è sempre un atto di ribellione. Si scrive per opporsi a ciò che non si accetta, o non si comprende, o che si conosce fino alla noia e si vuole trasformare in qualcosa di nuovo, di diverso, di altro dal sé. Una protesta letteraria, secondo Larra, può ispirare rivendicazioni concrete, attuali e attuabili, pur rimanendo una protesta nel linguaggio. C’è sempre molta connessione tra realtà e letteratura, sia nello stile che nel contenuto, che sia palese o sotterranea, nascosta.

Larra, nel 2006, durante la “rivoluzione pinguina”, aveva visitato alcune scuole occupate dagli studenti. Alcuni ragazzi appena adolescenti stavano impartendo una vera e propria lezione di civiltà agli adulti, reclamando una valida educazione ai diritti sociali, per via di una serie di ingiuste circostanze che si verificavano in Cile, ereditate dalla dittatura.

Lo scenario dell’occupazione era molto letterario: uno spazio chiuso, abitato solo da ragazzi, senza la presenza di adulti. Sarebbe possibile ipotizzare, con queste premesse, una migliore formazione dell’aggregato sociale da parte di quei ragazzi, in termini di educazione e civiltà o, al contrario, si manifesterebbe la prevalenza del caos e della decadenza come accade nella realtà? Ogni civiltà, d’altronde, è stata giovane.

Il ricordo di Kundera e l’atto traduttivo

Immancabile il ricordo di Milan Kundera, da poco estinto, da parte di Ilde Carmignani.

Come accade con le opere immortali, una frase de L’insostenibile leggerezza dell’essere è rimasta iconica: “Se l’amore deve essere indimenticabile, fin dal primo istante devono posarsi su di esso le coincidenze, come uccelli sulle spalle di Francesco d’Assisi”. Il mondo può ancora apparire come una costellazione di segni da ricercare, e da cogliere.

Si narra, più o meno fedelmente alla realtà, che quando Milan Kundera stava presentando il suo ultimo libro in un’affollata conferenza stampa, un giornalista gli chiese: «Maestro, come mai ha improvvisamente deciso di cambiare stile?». Lo scrittore, laconico, rispose: «Non ho cambiato stile, ho cambiato traduttore». La fedeltà al testo, d’altronde, è una sottile e potente sinergia tra la parola e il senso, tra l’origine del discorso e la sua – sempre nuova, sempre diversa – destinazione culturale, linguistica, filologica, filosofica, perfino al di là della sua pur necessaria storicizzazione. Non a caso, il programma di Elba Book è entrato nel vivo con l’assegnazione del premio “Lorenzo Claris Appiani” per la traduzione letteraria, dedicato quest’anno alla lingua spagnola e assegnato a Francesca Lazzarato per la traduzione del romanzo Le cugine, edito da SUR, della scrittrice argentina Aurora Venturini. Una menzione d’onore è stata assegnata a Valerio Nardoni per la traduzione poetica di La voce a te dovuta di Pedro Salinas (Passigli).

La critica contemporanea

Il nostro tempo rivela la necessità di ricomporre contraddizioni legate a un allontanamento progressivo dalla democrazia intesa come partecipazione attiva. Pietro Cataldi e Tomaso Montanari hanno messo in evidenza come arte e letteratura possano rappresentare un modo per ritrovare armonia fra la dimensione sociale e quella personale, come i capolavori del nostro tempo necessitino dello stupore di individui, di occhi, di corpi in grado di occupare lo spazio civico e di fruire del patrimonio culturale. La storia, intesa come una presenza potenziata di passato e presente, crea contesto: se decontestualizzate o ridotte a puro intrattenimento, le testimonianze della cultura perdono il loro valore e la loro portata universale.

Si può concludere questo percorso, forse perfino provocatoriamente, con un estratto del saggio Esame di coscienza di un letterato del critico Renato Serra (Mincione edizioni, con una introduzione di Dario Pontuale), il cui valore si può riferire ad ogni dinamica sociale: “La letteratura non cambia. Potrà avere qualche interruzione, qualche pausa, nell’ordine temporale: ma come conquista spirituale, come esigenza e coscienza intima, essa resta al punto a cui l’aveva condotta il lavoro delle ultime generazioni; e qualunque parte ne sopravviva, di lì soltanto riprenderà, continuerà di lì. È inutile aspettare delle trasformazioni o dei rinnovamenti dalla guerra, che è altra cosa”. Il concetto di mappa legato alla letteratura è proprio quel tracciato costellato da molte tappe e innumerevoli genius loci il cui potenziale si esalta con l’accostamento delle singole esperienze e la capacità di trarne evoluzioni collettive.

 

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Autore

gblanco@minima.it

Gisella Blanco vive a Roma. Collabora con Il Foglio. Scrive per la rivista Leggere Tutti cartacea e on line, per Atelier Poesia cartaceo e on line, per Liguria Day, per Poesia di Luigia Sorrentino, per Smerilliana. Ha seguito la comunicazione della Fiera del Libro di Iglesias, del Premio Nazionale Elio Pagliarani, Elba Book e del TeverEstate per il Cibaldone Culture Festival. È giurata nel Premio Internazionale Città di Sassari per la sezione Poesia.

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