
I piccoli mostri appesi allo stendino di casa
si carbonizzano:
guardare tuo figlio che accosta le dita al forno,
tutto il tempo –
la tragedia che non esiste
nel mondo dei supereroi,
sotto il vischio
e appena prima
che tu nascessi.
(Facciamo che io ero Dio e tu eri il Big Bang).
La bellezza di salvare qualcuno: è la sola felicità.
Il telefono squilla facendo un rumore di palla
da softball.
Cariche esplosive piazzate su tutto
il corpo. Ne esplode una ogni volta
che (sono i bambini che urlano di là: la loro guerra
è più lunga di Verdun e Kosovo Polye
messe tutte insieme) ripensi a lei:
l’ossessione ha la sintonia della flebo.
Cosa fai per l’estate?
Metto a posto le mail.
Ne lascio una all’ingresso, due sul divano,
una in cucina, le altre nel frigo.
Se non hai niente da fare, vieni a trovarmi
presto. Prima che la polvere pirica
che ho inalato stanotte
faccia il suo effetto.
Qui all’ora di cena, le attrici svengono,
come in un teatro moscovita
riempito di gas narcotico.
Tramonti senza albe:
un film su cui puntelli con due chiodi
arrugginiti la pellicola nella bobina.
Un fermo immagine che è come
immortalare i morti.
La macchina, 95mila chilometri –
neanche tanti, va in pezzi,
il finestrino si scioglie,
è un cono gelato tenuto in mano
finché è tutto colato.
Io mi addormento, tu intanto stai attento
che tuo figlio non si ingoi i pennarelli.
Prendo un foglio, riempio una colonna di queste
🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 :-).
Con una gommapane poi assedio le faccine
dai contorni fino a lasciare un campo minato
di segni acefali – ) . ., con l’altra mano
scanso via tutti i trucioli come gabbiani morti.
È una semplice vacanza di trekking buto,
si tratta di avvicinarsi a te
che sei dall’altra parte del tavolo.
Le operazione migliori si fanno in ambulatorio,
puoi piazzare in angioplastica
all’interno del miocardio
un frutto mangiatutto
che elimina il diabete
e il pattume junghiano
di un’adolescenza vissuta
all’ombra del revival.
(Una goletta verde gira
per tutti gli album di ricordi,
piazza bandierine, controlla
la tenuta interstiziale
di certe cicatrici).
Qui il mare è fantastico,
appena metti il piede nell’acqua,
un mostro lo addenta,
finché pezzo a pezzo ti mangia
e ora tu sei il mostro
che va in cerca di altre prede.
Il gioco col mio strizzacervelli
è il paradosso del sorite:
quanto male ancora dovrò farmi
prima che le piaghe coinvolgano
tutto il corpo? Qual è il confine
tra donare il sangue e un’emorragia
perfettamente settimanale?
I gatti passano agosto nell’ombra:
si scelgono mesi prima una mattonella più fresca,
e decidono che la vita vale la pena
di essere vissuta. Anche se il mondo
dovesse crollare. Anche se gli scherzi
dovessero finire tutti male. (E i vetri,
basta toccarne con forza un angolo
per mandarli in frantumi). La corona
del sole è scolpita come una sezione
di un albero: una gola infiammata
nel momento esatto in cui il mangiafuoco
sceglie di sbagliare, lo fa apposta. Il numero
sfortunato. Un eritema solare che appare
ogni volta che accarezzi un bambino,
la sua testa troppo fragile, l’urlo acuto
di chi sa che come te, alla fine dei giochi,
è condannato a malattie genetiche
praticamente identiche.
La solitudine calcarea, così la chiamavi.
La molla del pedalò si è rotta,
l’inquadratura si allarga,
e intorno si vedono cadaveri galleggianti
con un sorriso stampato
come due occhi giganti
dipinti sulle palpebre
(sulle monete da cinquanta centesimi
appiccichi dei prezzi da un euro,
non so se ti è chiara la metafora,
ma è letteralmente quello che fai):
arriva una certa età in cui,
a scavare, l’unico aspetto affascinante
è un’ipocondria intermittente
che ti fa capire quanta infinita sia
la debolezza a cui aspiravi
senza dire nulla tra i quattordici
e i quindici anni, a perdere le domeniche
una per una, cercando di farti venire
la voce da adulto.
Mia madre mi ha detto che è arrivata
una cartolina da Paestum,
senza niente di scritto, nemmeno
una firma, se conosco qualcuno.
Fai un bel respiro, metti la testa
sott’acqua, e poi quando senti
che devi riemergere, lascia passare
qualche altro secondo: senti tutta l’acqua
che preme contro le lacrime.
E resta sempre così.
Christian Raimo (1975) è nato a Roma, dove vive e insegna. Ha pubblicato per minimum fax le raccolte di racconti Latte (2001), Dov’eri tu quando le stelle del mattino gioivano in coro? (2004) e Le persone, soltanto le persone (2014). Insieme a Francesco Pacifico, Nicola Lagioia e Francesco Longo – sotto lo pseudonimo collettivo di Babette Factory – ha pubblicato il romanzo 2005 dopo Cristo (Einaudi Stile Libero, 2005). Ha anche scritto il libro per bambini La solita storia di animali? (Mup, 2006) illustrato dal collettivo Serpe in seno. È un redattore di minima&moralia e Internazionale. Nel 2012 ha pubblicato per Einaudi Il peso della grazia (Supercoralli) e nel 2015 Tranquillo prof, la richiamo io (L’Arcipelago). È fra gli autori di Figuracce (Einaudi Stile Libero 2014).
Bella. Ma non è l’aggettivo giusto. Mi sono depresso un sacco. Depressiva. Ma bella. Ma da dove vengono fuori queste poesie? E romanzi? Racconti? Più niente? Il sito della Feltrinelli segnala da un sacco di tempo un tuo libro “Equilibrio di forze instabili”. Ma esiste? Esisterà? Cos’è?
http://www.youtube.com/watch?v=7dYMC0LkOSE
christian è decisamente conturbante. mai quanto gianfilippo.