di Carola Susani

questo pezzo è uscito su «Gli Altri» la settimana scorsa.

Vorrei donare a Sergio Marchionne una macchina a pedali collegata a una turbina. Un auto di colore azzurro cielo, luccicante, capace di produrre energia se la pedali. Il dono vuole essere un piccolo, umile promemoria della condizione attuale. Mi piacerebbe che lui pure, come tanti, prendesse coscienza del fatto che è finito il tempo di produrre e comprare auto a benzina. Spingere un mercato così insano, mantenere in piedi un circolo vizioso di falsi bisogni, inquinamento, immobilità forzata dentro ai gas di scarico, non è una necessità, non è destino. È un danno per il genere umano. Bisogna saper guardare più lontano. Sarebbe bello anche provare ad andare più lontano, ma non è un posto in cui si arriva in auto. Forse ci si può andare pedalando. Quella che offro è un auto a pedali piccola, forse un po’ scomoda, le gambe ci entrano dentro a malapena, ma è un bel mezzo, piace ai bambini e forse può insegnare qualche cosa. Pedalandola, sono certa, Marchionne sarà in grado di ricordare se mai l’avesse scordato, che l’energia in ultima istanza viene dal corpo.

E forse così riscoprirà con le sue membra cos’è lo sforzo che fa un corpo che lavora. Potrà poi rendersi conto che chi pedala da solo difficilmente produrrà energia per qualcosa di grande. Da soli, si può tutt’al più fare esercizi come in palestra, faticare per mantenersi in forma, il più possibile uguali a una immagine artefatta di se stessi, un cerchio chiuso. Se poi si pedala contro gli altri, cercando di imporre tempi e modi, si sta fermi. Bisogna imparare a pedalare insieme. Soltanto insieme si produce energia a sufficienza per affrontare i bisogni veri e umani. Pedalando insieme ne verrà l’energia per fare il pane, per suonare come insegnano i Tètes de bois che con il palco a pedali producono l’energia per i concerti mettendo insieme l’energia di molte biciclette. Pedalare può essere bello, ma costa fatica, perciò spesso ci dovrà fermare. Si dovrà scendere dall’auto, sgranchirsi, fare qualcosa di diverso. Ognuno saprà cosa vuol fare quando non pedala, e anche Marchionne avrà i suoi desideri. Al corpo e alla mente dovranno essere riconosciuti i suoi bisogni, inevitabilmente. Ma quello che più conta è lo scopo per cui si pedala. La condizione attuale ha abituato molti, la maggior parte, a faticare senza darsi respiro, vedendo diminuire giorno dopo giorno i diritti (che anche quando ancora ci sono svolgono il misero ruolo di ore d’aria) inseguendo la mera sopravvivenza, passivamente, senza uno scopo degno, mentre chi comanda a sua volta non ha uno scopo se non quello di mantenere in vita un cerchio insano, in cui chi ha denaro si arricchisce, chi ha potere ne acquista, chi non ha né denaro né potere, è sopraffatto, e intanto il mondo si affossa, senza nessuno che abbia tempo e testa per farsene carico.

Non si può produrre senza respiro, senza diritti, ma anche è disperante produrre SUV, o altri oggetti inutili e dannosi, da vendere e comprare. È disperante che il lavoro consista nel fare a spalle basse la propria piccola parte per accelerare la rovina del genere umano. Finché non si ripensano gli scopi, non solo il lavoro di chi fatica con il corpo, ma anche il lavoro di chi comanda è un lavoro passivo, miserabile, da schiavi o da kapò. E va sempre, con rispetto, salutato chi lo boicotta, manifestando una istintiva resistenza al peggio. Certo, molti si sono tirati fuori e hanno ricominciato seminando, facendo oggetti utili, aggiustando. Indicano una direzione, la stessa mi pare che vado indicando con quella macchinina a pedali che adesso è lì, luccicante sull’asfalto. Non è con rabbia, né con risentimento che offro questo mio piccolo dono a Sergio Marchionne. Marchionne, figlio di un abruzzese e di una istriana, emigrato in Canada con la famiglia, rappresenta con una compiutezza speciale il ceto civile, quella piccola e media borghesia italiana straziata dall’ultima guerra, convinta che farcela all’interno degli equilibri di questo mondo si può, che se ce l’hanno fatta loro ce la può fare chiunque, dentro queste regole del gioco. Non ho verso di lui risentimenti, ma mi piacerebbe che con quella macchinina si spingesse qui e là per il mondo, giungesse magari fino al campo attrezzato di Salone, e ci passasse qualche mese, un anno sabbatico, che provasse a concepire prospettive diverse, forse di nascosto già intuite, forse veramente inesplorate. È un augurio per il nuovo anno che estendo a tutti i figli e i nipoti di quella piccola e media borghesia italiana da cui ancora oggi capita venga estratto il nostro ceto dirigente.

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2 commenti

  1. Marchionne s’è formato alla cultura della crescita e ci crede profondamente. Qui si propone un’alternativa epocale che per essere compresa fino in fondo necessita di filosofie di vita che cambino il registro delle valutazioni e mettano al centro la stessa sopravvivenza umana. Qui non si propone semplicemente il “nuovo” ma l’unico modello di convivenza civile possibile, di produzione e consumo compatibili con l’ecostistema. Poi c’è il “vecchio”, convivenza che definire incivile non è esagerazione ma doveroso perchè chi continua a sostenerlo illudendo i popoli che sia l’unico mezzo per uscire da questa crisi, deve assumersi la responsabilità di consegnare a guerre sanguinarie intere popolazioni a causa della progressiv esaurimento di risorse energetiche, alimentari, e territoriali, estinzione della bio-diversità con tragiche ricadute.

    L’aspetto economico-finanziario è solo l’abbaglio più banale di questa crisi sistemica, venduta dalla connivenza, ignoranza ed incoscienza del sistema informativo quale contingenza, malessere ciclico dal cui si verrà fuori come è sempre stato.

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Autore

nicolalagioia@alice.it

Nicola Lagioia (Bari 1973), ha pubblicato i romanzi Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare se stessi) (vincitore Premio lo Straniero), Occidente per principianti (vincitore premio Scanno, finalista premio Napoli), Riportando tutto a casa (vincitore premio Viareggio-Rčpaci, vincitore premio Vittorini, vincitore premio Volponi, vincitore premio SIAE-Sindacato scrittori) e La ferocia (vincitore del Premio Mondello e del Premio Strega 2015). È una delle voci di Pagina 3, la rassegna stampa culturale di Radio3. Nel 2016 è stato nominato direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino.

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