Questo pezzo è stato pubblicato all’interno della rubrica “inpratica” su Artribune.
La vita gemma e sfavilla e spumeggia. “Lemon / She’s gonna makeyoucry / She’s gonna makeyouwhisper…”; “…and I feel / likeI’mslowlyslowlyslowlyslipping under”.
29 maggio. Palermo, piazza Politeama (ore 7,30). Mentre Terry Riley e Don Cherry suonano la loro musica celestiale nelle cuffie (Köln, February 23, 1975), grazie per essere vivo e in forma in questa mattina nella splendida città, grazie per una seconda giovinezza inaspettata, grazie persino per i lavori in corso (fastidiosissimi) al di là della barriera, proprio di fronte ai tavolini del bar – una linea di metropolitana che sarà forse pronta quando sarò nonno – sbriglia la mente e la penna, vediamo che succede, così, senza previsioni e preconcetti – improvvisiamo come questi due che suonano (alza il volume) – DOGMAN che domina riflessioni e discorsi in questi giorni e settimane, che si è saputo imporre come punto di riferimento (molto più di LORO) – intanto il disco è finito, durava quaranta minuti, adesso è iniziato quello degli Screaming Trees (abbassa il volume) – le due voci della vedova Schifani, quella dell’Autorità e quella della Verità, in contrasto tra di loro, mentre il prete odioso le TOGLIE il microfono quando sta parlando lo Spirito Autentico (di cui egli dovrebbe, in teoria, essere servitore) e non la Retorica, male oscuro dell’Italia da secoli, male pernicioso dell’Italia controriformista e bigotta e ipocrita – la commozione mia e di Francesco mentre riguardiamo su YouTube il video di quella messa, rievocando i noi stessi tredicenni del maggio 1992, chi eravamo, dove eravamo, e il fatto che eravamo troppo piccoli per controllare quegli eventi così grandi ma non per esserne influenzati e determinati – interferenze sul televisore della villa a Borgo Pineto, è luglio dello stesso anno e sono sul patio con mia madre e dopo il pezzo di autostrada, è saltata in aria una via e mezza palazzina – la scena ripresa più tardi, nel pomeriggio di fine maggio 2018, con tinte acide warholiane su un potente frammento di carretto siciliano dai Laboratorio Saccardi, e prima molto prima che Vincenzo mi dica che quella è via D’Amelio io lo so perché questa scena è incistata nel mio cervello e in quello di milioni di miei coetanei, una ripresa televisiva più vera del vero che aspetta da ventisei anni di esplodere nuovamente e culturalmente, di esplodere una seconda volta e STAVOLTA per la vita, non per la morte, di esplodere nella comprensione e nella consapevolezza, non più nell’oblìo e nella rimozione e nell’omertà, di esplodere nel cambiamento e nell’evoluzione e nella trasformazione di un posto che non ne può davvero più.
In questo appartamento-studio, mentre parlo con Alessandro al telefono sul balcone e mentre indago le relazioni profonde che si creano tra gli elementi dipinti e poi ripresi in altri quadri (o direttamente sul muro), gli intrecci e i cortocircuiti che si costruiscono e che si riproducono in questo spazio esistenziale, le metafisiche dell’abbandono e il pittore spaziale che dipinge il meteorite stando SUL e NEL meteorite, le risate e la “paura della pittura” (e Trombadori visto a Roma con Francesco in un’altra bellissima giornata: grazie per tutte le opere favolose viste in questi mesi: Fontana Golub Tacchi Turner Garrone Carpignano Bulgini Allora &Calzadilla Roxy in the Box Savinio Casorati Martini Mafai Pirandello), mentre fotografo Francesco e Giuseppe seduto sul divano, e contemplo l’ambiente gioiosamente esoterico, esuberante e selvaggio – così diverso dalle mestizie milanesi… –, un punk italiano nutrito di de Chirico e di ansie meridiane, mentre Maria Giulia entra e ammira le Lilies, ecco, io ho trentanove anni, ascolto gli Screaming Trees come quando ne avevo quattordici e, dopo un sacco di tempo, sono stanco, stanchissimo ma contento.
“Il fisico l’ha snello e gentile, vispo si muove e non sa, non vede, non distingue, la piccola testa uguale a un frantume di specchio, ed è commosso di felicità quando trafelato mi arriva con la bottiglia” (Mario Tobino, Le libere donne di Magliano [1953], Mondadori 2010, p. 73).
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31 maggio (in volo per Torino). La costa adriatica vista dall’alto, le città e i paesi e le spiagge – i moli – riconoscere punti e linee, aeropittura + connessioni, collegamenti come fili – Cottarelli è entrato al Quirinale con zaino e trolley, è uscito poi senza nulla di fatto – questo è un tempo che sgomitola e ingarbuglia di nuovo le matasse, sempre più veloce, sempre più forte – contraddizione e smentita costante – situazione caotica, imprevedibile – “fronti temporaleschi di reti di informazioni attraversano come un mare increspato il tessuto della terra” (Bruce Sterling).
Christian Caliandro (1979) è storico, critico d’arte contemporanea e curatore. Insegna presso l’Accademia di Belle Arti di Foggia. Tra i suoi libri: La trasformazione delle immagini. L’inizio del postmoderno tra arte, cinema e teoria, 1977-‘83 (Mondadori Electa 2008), Italia Reloaded. Ripartire con la cultura (Il Mulino 2011, con Pier Luigi Sacco), Italia Revolution. Rinascere con la cultura (Bompiani 2013), Italia Evolution. Crescere con la cultura (Meltemi 2018), Tracce di identità dell’arte italiana. Opere dal patrimonio del Gruppo Unipol (Silvana Editoriale 2018), manuale Storie dell’arte contemporanea (Mondadori Education 2021) e L’arte rotta (Castelvecchi 2022). Dirige la collana “Fuoriuscita” per l’editore Castelvecchi. Dal 2004 al 2011 ha diretto le rubriche inteoria e essai su “Exibart”; dal 2011 cura la rubrica inpratica su “Artribune”. Collabora inoltre con “minimaetmoralia” e “che-Fare”, e dal 2017 dirige insieme a Angela D’Urso La Chimera–Scuola d’arte contemporanea per bambini presso TEX, ExFadda, San Vito dei Normanni (BR). Ha curato numerose mostre personali e collettive in spazi pubblici e privati, tra cui: The Idea of Realism/L’idea del Realismo, American Academy in Rome, Roma (2013); Concrete Ghost/Fantasma Concreto, American Academy in Rome, Roma (2014); Amalassunta Collaudi, Museo Licini, Ascoli Piceno (2014); Sironi-Burri: un dialogo italiano (1940-1958), CUBO-Centro Unipol Bologna (2015); Cristiano De Gaetano: Speed of Life, Fondazione Museo Pino Pascali, Polignano a Mare (2017); Now Here Is Nowhere. Six Artists from the American Academy in Rome, Istituto Italiano di Cultura, New York (2017); le quattro edizioni de La notte di quiete, ArtVerona, Verona, quartiere Veronetta (2016-2019); le sei edizioni del progetto Opera Viva Barriera di Milano, Flashback, Torino (2016-2021); il progetto Artista di Quartiere, Torino (2020); Z/000 GENERATION. Artisti pugliesi 2000>2020, AncheCinema, Bari (2020); Fragile, galleria Monitor, Roma (2021); Cantieri Montelupo, programma di residenze artistiche, Museo della Ceramica, Montelupo Fiorentino (2021).
