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Una settimana fa l’Espresso pubblicava, in un articolo a firma Piero Messina e Maurizio Zoppi,  la notizia di una intercettazione del 2013 tra il governatore della regione Sicilia Rosario Crocetta e il suo medico personale Matteo Tutino, in cui Tutino dice che bisognava far fare a Lucia Borsellino la stessa fine del padre Paolo e Crocetta non replicava nulla.

A distanza di una settimana non si sa se questa intercettazione esista (più di una procura – a partire da quella di Palermo – ha smentito, l’Espresso insiste), e – in caso – se sia tra le carte di un’indagine pubbliche e pubblicabili. Quello che esiste invece e che è diventato enorme è il cosiddetto caso Crocetta. Ossia l’idea che il governatore sia completamente screditato, e che la sua esperienza di governo sia finita: lui ovviamente si difende con tutto se stesso.

Contemporaneamente all’articolo dell’Espresso infatti sono venuti fuori infatti tutti insieme i malumori, le critiche, gli attacchi pesantissimi nei confronti di Rosario Crocetta. Sia da parte di politici della sua parte: assessori che si sono dimessi – tra cui Lucia Borsellino – e dirigenti del Partito democratico che hanno chiesto le sue di dimissioni. Sia da parte di giornalisti e commentatori.

Il più accesso di questi – una sorta di paladino antiCrocetta – è Pietrangelo Buttafuoco, che al governatore ha dedicato varie pagine del suo ultimo libro, Buttanissima Sicilia, e molti articoli in cui descrive il governatore come una sorta di satrapo corrotto: “Crocetta è stato un disastro alla prova del Governo, quanto a civilizzazione – anche grazie al suo medico personale – non gli si potrà negare un primato: avere consegnato coppole e lupare al sollazzo epicureo”.

Questo – già abbastanza tortuoso, mi rendo conto – è solo il livello essenziale della ricostruzione di una vicenda che ogni giorno, nel tentativo di sciogliersi, si annoda sempre di più. È di qualche giorno fa, per esempio, una ricostruzione di Fanpage dei diversi passaggi e motivi che avrebbero portato all’intercettazione fantasma e alla sua divulgazione. E sempre il 21 Crocetta ha dichiarato che chiederà milioni di risarcimento all’Espresso e Buttafuoco.

E l’esito non è per nulla scontato. Se fino a un certo momento il governatore sembrava aver accettato una resa a termine, impegnandosi a varare alcune riforme che gli sono a cuore, e poi a dimettersi per settembre, in una delle ultime agenzie ha cambiato idea: “Qualcuno ha capito male: non mi dimetto, manco per idea. Voglio capire se si dà più fiducia alle parole di un Tribunale e dei magistrati o agli eversori che vogliono far crollare la democrazia. Questa è la mia sfida, è venuto il momento di insorgere contro queste schifezze”.

Dall’altra parte, per esempio, il segretario siciliano del Pd, Fausto Raciti, in un’intervista su Radio Radicale, deve fare un grande sforzo di equilibrismo per affermare che i due piani non si toccano: per l’intercettazione dell’Espresso Crocetta fa bene a chiedere risarcimento all’Espresso, mentre da un punto di vista politico “il potere è stato gestito da una cerchia ristretta attorno al presidente e alla regione, nel nome di un’antimafia col randello, che si è rivelata essere nient’altro che un potere di spartizione”.

Il caso Crocetta insomma mostra – nei suoi risultati più disastrosi – un’ormai irrefutabile equivalenza per l’opinione pubblica tra piano giuridico, piano morale e piano politico. Diventato governatore grazie al suo afflato moralizzatore, discreditato per una presunta intercettazione ritenuta ignobile, ora Crocetta si erge nuovamente a cavaliere solitario contro complotti e poteri forti.

E non ci sarà modo per cui da questa storia se ne uscirà bene, soprattutto se c’è ancora chi pensa che al suo posto bisogna trovare una figura specchiata della società civile o “un presidente che faccia della moralità un vessillo”, stringendo più forte i nodi di questo doppio legame.

Questa è la vera questione politica nazionale: anche le notizie degli ultimi giorni delle dimissioni del vicesindaco di Roma, Luigi Nieri, e della sindaca di Molfetta, Paola Natalicchio, sono l’espressione della stessa duplice debolezza – due bravi amministratori che lasciano pressati da uno scontro politico che non diventa mai conflitto trasparente, e da un dissenso vischioso, alimentato dal cattivo giornalismo politico e dai campioni del moralismo automatico.

C’è da dire però che la Sicilia di questa malattia nazionale ha sviluppato un ceppo tutto suo. Ormai l’accusa peggiore che si lancia nell’agone politico dell’isola non è quella di essere mafioso, ma di essere “professionista dell’antimafia”. La definizione che Leonardo Sciascia coniò per chi lucrava una legittimità morale e politica da una retorica anticriminale è diventata, nelle parole di chi la utilizza oggi, un’autoparodia.

Se addirittura lo stesso Leoluca Orlando – che era uno di quelli che vent’anni fa venica ascritto al novero dei professionisti dell’antimafia – fa sue le critiche dello scrittore siciliano (“Sbagliava persone ma nel messaggio aveva ragione”), allora è chiaro che la sfida garantista e illuminista che Sciascia lanciava alla politica siciliana non ha trovato ancora chi l’accolga.

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6 commenti

  1. Tuttavia, quest’articolo ripete a parer mio l’errore che si è osservato fin ora in tutta la discussione pubblica sulla vicenda.
    I riflettori sono puntati su Crocetta, mentre con tutta evidenza essi andrebbero puntati sui giornalisti de “L’Espresso”.
    Mettiamo per pura ipotesi che qualcuno voleva fare fuori Crocetta. Quale migliore mezzo che dare a bere a un giornale ad alta tiratura che esiste la registrazione di un’intercettazione con quel contenuto lì?
    Che l’intercettazione non esista è oggi e fino ad evidenze contrarie, l’unica versione sostenibile in presenza di dichiarazioni esplciite da parte di ben due distinte procure di questo tenore.
    Quindi, il direttore de “L’Espresso” può dichiarare ciò che vuole, rimane il fatto che egli ha permesso che sul giornale che dirige apparisse l’ipotesi di un’intercettazione la cui esistenza viene smentita da tutto il mondo intero.
    Mi chiedo allora in che mondo viviamo se tale direttore può continuare ad esercitare la sua professione non essendo in grado di portare prove a supporto della sua tesi.
    Se questo comportamento non viene adeguatamente sanzionato, la diffusione di intercettazioni fantasiose diverrà una prassi sistematica, un mezzo fenomenale per distruggere carriere politiche, per vendette di ogni tipo.
    Insomma, la vicenda che coinvolge suo malgrado la Borsellino, è fino a prova contraria un trabocchetto per fare fuori Crocetta, ed invece si continua a blaterare sul fatto che non sia chiara. A me pare molto chiara, un giornale viene smentito e non è in grado di contrabbaattere alle accuse ed alle smentite se non ribadendo compulsivamente che l’intercettazione essite in quanto i suoi giornalisti l’hanno ascoltata.
    Che il direttore chieda scusa a Crocetta ed ammetta infine che si è fatto prendere in giro, diventando strumento passivo di una vergognosa vendetta.
    Devo aggiungere che la stessa Lucia Borsellino sembra avere assunto nella vicenda un atteggiamento errato, pesangtemente contraria a Crocetta, mentre la zia Rita giustamente chiede chiarezza e vuole sapere, e così dovremmo volere tutti, che si sappia chi abbia prodotto questo casino e con quali finalità ed interessi.
    certo, in via del tutto ipotetica, il primo sospetto è il segretario del PD, visto che in Sicilia i rapporti tra partito e Crocetta sono ridotti al lumicino e si capirebeb l’interesse del PD a farlo fuori rapidamente e per sempre.

    Detto ciò, e dopo che chi ha incautamente diffuso una precisa e gravissima accusa, la smentisca, solo allora è lecito affrontare gli aspetti propriamente politici cioncernenti Crocetta. Mescolare gli argomenti, non fa che assecondare il piano criminoso di utilizzare false intercettazioni per fini di vendetta politica.
    Chiudiamo quella vicenda, e soltanto dopo questo atto dovuto, sarà possibile prendere in considerazione meriti e demeriti della giunta Crocetta.

  2. Di sicuro se Crocetta avesse subito smentito fermamente il fatto anziché annunciare le proprie dimissioni la faccenda avrebbe avuto tutta un’altr’aria. Può molto darsi che l’intercettazione esista (o sia perlomeno esistita) ma che, essendo stata fatta senza autorizzazione, non risulti ufficialmente tra gli atti della procura, la quale afferma dunque il vero pur non dicendo la verità.
    Crocetta era probabilmente nervoso perché voci sull’intercettazione giravano anche prima dello scoop dell’Espresso, voci ovviamente messe in giro per farlo traballare emotivamente, per scavargli attorno il fossato dell’appestato.
    Il giornalista Messina può darsi che abbia un passato un po’ troppo intimo con i servizi, cosa che probabilmente ha allarmato ancor di più Crocetta.
    Del resto, ricordo un articolo di Bianconi sul Corriere, di tempo fa, in cui si faceva capire che alcune delle piste seguite dall’Antimafia palermitana derivassero da confessioni di “pentiti” imbeccati dai servizi segreti, in modo da creare un casino irrisolvibile.
    A proposito, del fatto che Ingroia sia (stato) un ottimo conoscente di Tutino ne vogliamo parlare?

  3. Preso atto che il PD è Forzaitalia senza le televisioni (però qualche giornale&settimanale sì) con qualche faccino “nuovo” a mo’ di prestanome, non sarebbe il caso di dare la Sicilia (i siciliani no, molti si salvano fuggendo, altri restano a fare i martiri e i rimanenti zitti e quieti, tanto c’è il solemare+pasta di mammà) per perduta e passare oltre?
    Tanto se Crocetta o Pincu Pallinu non hanno ammanicamenti paramafiogeni nella sanità (core business del malaffare pubblico di tutto il paese) al soglio presidenziale manco si affacciano. Se ci si affacciano, è perchè la dirittura morale per loro è giusto una sollazzevole locuzione; la coscienza sarà sempre a posto perchè essendone privi l’esercizio dell’amministrare viene più agevole e svelto. E da lì ogni male.
    D’altra parte neppure a diverse latitudini si sta meglio: il dottor Ambrosoli, una delle due o tre personalità politiche presenti sul suolo italico dotate sia di coscienza che di dirittura è stato contrapposto la senzacollo bausciatore del partito dei bifolchi e come si espresse la gente di Lombardia? Per l’ammanicato, naturalmente. Pensare che negli ultimi 25 anni era la prima volta nella quale votare uno o l’altro NON avrebbe significato la stessa cosa, e invece…
    Ciò detto, sullo stato del giornalismo italiano si dice da anni, e non è da oggi che il codice deontologico viene utilizzato come carta da cesso. Ogni paese, del resto, ha i giornalisti che merita.

  4. Crocetta non ha mai detto che si sarebbe dimesso in un mese; disse al Corriere che per fare le cose necessarie POTREBBE bastare un mese (quando mai?).

    Capisco l’educazione di Raimo, ma Leonardo Sciascia l’espressione professionisti dell’antimafia (secondo me aveva ragione lui) la coniò proprio contro Paolo Borsellino per via di un improprio avanzamento di carriera (alla fine di una durissima polemica Sciascia e Borsellino si chiarirono seduti amichevolmente al tavolo di ristorante, e fecero bene https://www.google.it/search?q=foto+borsellino+sciascia&espv=2&biw=1067&bih=527&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0CAYQ_AUoAWoVChMI1aGXqqr0xgIVQjsUCh39xw3X#imgrc=oT0CZqwI5Kzq_M%3A).

    Qui la faccenda è molto semplice, e la domanda è solo una: come mai il Presidente della Repubblica (lasciamo perdere Renzi, che in questo CONTESTO pesa meno del due di picche) ha subito solidarizzato con Lucia Borsellino, stigmatizzando indirettamente Crocetta, e ora che l’intercettazione sembra dubbia, se non falsa, non fa nessun gesto di scusa nei confronti del Crocetta stesso? Lo domando perché se dovesse emergere che l’intercettazione è falsa o manomessa ad arte da servizi o qualcosa di simile, potrebbero sussistere gli estremi per la messa sotto accusa del Presidente Mattarella. Scusa se è poco…

  5. Un’altra cosa volevo dire, assai polemicamente (si stava in pensiero…). Ora che la macchina del fango l’ha messa in moto il gruppo editoriale per cui scrive e di cui è il principale TESTIMONIAL, non ha nulla da dire l’opinionista di Amici di Maria Roberto Saviano?

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Autore

fandzu@gmail.com

Christian Raimo (1975) è nato a Roma, dove vive e insegna. Ha pubblicato per minimum fax le raccolte di racconti Latte (2001), Dov'eri tu quando le stelle del mattino gioivano in coro? (2004) e Le persone, soltanto le persone (2014). Insieme a Francesco Pacifico, Nicola Lagioia e Francesco Longo - sotto lo pseudonimo collettivo di Babette Factory - ha pubblicato il romanzo 2005 dopo Cristo (Einaudi Stile Libero, 2005). Ha anche scritto il libro per bambini La solita storia di animali? (Mup, 2006) illustrato dal collettivo Serpe in seno. È un redattore di minima&moralia e Internazionale. Nel 2012 ha pubblicato per Einaudi Il peso della grazia (Supercoralli) e nel 2015 Tranquillo prof, la richiamo io (L'Arcipelago). È fra gli autori di Figuracce (Einaudi Stile Libero 2014).

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