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Questo pezzo è uscito su Artribune.

di Christian Caliandro e Santa Nastro

Pittrice italiana, napoletana, a diciassette anni e mezzo si è trasferita in Germania con i genitori. Ha iniziato a dipingere nei suoi vent’anni, e da diciotto prova ad iscriversi all’Accademia di Stoccarda: non ce l’ha mai fatta, l’hanno sempre rifiutata.

Una volta arrivata nel suo nuovo Paese, voleva guadagnare (per poter tornare nella sua città, dai suoi amici): alla Camera del Lavoro le hanno detto che doveva fare la scuola di apprendistato, imparare un mestiere. Quali le alternative? Parrucchiera fioraia sarta: ha scelto la prima.

Sono trascorsi molti anni prima che riuscisse a integrarsi nella sua nuova città.

Il rifiuto dell’Accademia faceva male. E si chiedeva: perché? Che cosa mi manca? Che cosa devo fare per “bastare”? “Sono venticinque anni che dipingo, e tutto quello che so l’ho imparato da me – con libri, corsi. Poi, mi sono iscritta a una scuola libera di arte, un’accademia privata”: quattro anni è stata lì – e di recente, l’incontro con Christian Jankowski, che un anno e mezzo fa le chiede: che cosa fai per vivere?

E allora lei mette in fila tutti i mestieri che ha svolto, usufruendo della legge tedesca che permette di non pagare tasse per i lavori part-time retribuiti fino a 400 euro, 15 ore settimanali (i cosiddetti “minijob”). Nasce questa serie pittorica, 400-Euros Jobs, che conta finora dodici dipinti, uno per ogni mese. Al centro lei, Angela, con i suoi capelli biondi, in un contesto di volta in volta diverso: la fabbrica, il bar, il laboratorio tessile, le scale che sta pulendo.

È sempre lei, che si ritrae recuperando e ricostruendo materialmente in molti casi i ricordi del suo passato, riportandoli al presente: nel formato fisso, verticale, questa identità scorre, si ferma, lavora, riparte, svolge funzioni e mansioni – attraverso uno stile vigoroso, vibrante, forte, molto diverso anche da ciò che la circonda in questa mostra nel Löwenbräu Kunst, quasi incomparabile e incommensurabile in effetti rispetto ai linguaggi sofisticati e un po’ estenuati che vediamo e rivediamo nelle grandi mostre, nelle fiere, nelle biennali.

***

La domanda centrale, la scintilla che muove tutto, è quella di Jankowski: perché non dipingi te stessa mentre fai questi lavori? Da lì, parte la ricerca: Angela ritorna sui luoghi di lavoro che ha magari lasciato dieci, quindici anni fa, e chiede gentilmente di potersi rifotografare con quelle stesse divise, in quelle medesime pose.

C’è tutta l’ambizione della scoperta, di un mondo che si spalanca e che è in definitiva la propria vita, la propria esperienza: “Dipingiti mentre lavori, e sii più originale che puoi: il dipinto deve essere reale”. Scatta e fiorisce così uno strano rapporto tra memoria e presente, legati e spinti in avanti dai filamenti dell’identità; nuovi oggetti che ci dicono il mistero di ciò che può essere un’opera oggi, un’opera vera: un’opera cioè che ci parla, con il suo stare – con il suo essere “stato”, stato d’animo, disposizione, condizione – della possibilità di installarci a metà strada, di sospenderci tra precarietà e permanenza, tra mutamento e immobilità.

Emerge finalmente con naturalezza e spontaneità ciò che era sommerso, nascosto, perché troppo piccolo e invisibile fino a questo momento: il posto precario, temporaneo, le centinaia e migliaia di ore e di giornate occupate. La ricerca faticosa, appassionata di una verità, su se stessa e sul mondo che la circonda, è rappresentata proprio da quei mini-impieghi che hanno alimentato in tutti questi lunghi anni la sua attività di pittrice autodidatta: “Mentre dipingevo, mi chiedevo continuamente: Che cosa deve rispecchiare questo quadro? Quale deve essere il punto di riferimento?

Non è sorprendente che venga fuori, a un tratto, il nome di Caravaggio: una tradizione sopita ma non spenta, quella del realismo nell’arte italiana (un realismo non inteso come meccanica rappresentazione, ma come intimo e intenso coinvolgimento nei fatti dell’esistenza e nel loro scorrere, come riflessione a volte malinconica, a volte infiammata – ma sempre energica – sui frammenti del mondo e della storia che precipitano nella propria vita e in quella dei propri simili), riemerge a tratti come in questo caso. In un’arte antiretorica, che abbandona quella “immensa natura morta e niente più” che da sempre è l’espressione artistica e culturale italiana, per concentrarsi sulle “cose interiori e insignificanti apparentemente, che pure sono l’uomo” (Anna Maria Ortese, Piccolo e segreto, ne Le Piccole Persone, Adelphi 2016, pp. 52-53).

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Autore

christiancaliandro@minimaetmoralia.it

Christian Caliandro (1979) è storico, critico d’arte contemporanea e curatore. Insegna presso l’Accademia di Belle Arti di Foggia. Tra i suoi libri: La trasformazione delle immagini. L'inizio del postmoderno tra arte, cinema e teoria, 1977-‘83 (Mondadori Electa 2008), Italia Reloaded. Ripartire con la cultura (Il Mulino 2011, con Pier Luigi Sacco), Italia Revolution. Rinascere con la cultura (Bompiani 2013), Italia Evolution. Crescere con la cultura (Meltemi 2018), Tracce di identità dell’arte italiana. Opere dal patrimonio del Gruppo Unipol (Silvana Editoriale 2018), manuale Storie dell’arte contemporanea (Mondadori Education 2021) e L’arte rotta (Castelvecchi 2022). Dirige la collana “Fuoriuscita” per l’editore Castelvecchi. Dal 2004 al 2011 ha diretto le rubriche inteoria e essai su “Exibart”; dal 2011 cura la rubrica inpratica su “Artribune”. Collabora inoltre con “minimaetmoralia” e “che-Fare”, e dal 2017 dirige insieme a Angela D’Urso La Chimera–Scuola d’arte contemporanea per bambini presso TEX, ExFadda, San Vito dei Normanni (BR). Ha curato numerose mostre personali e collettive in spazi pubblici e privati, tra cui: The Idea of Realism/L’idea del Realismo, American Academy in Rome, Roma (2013); Concrete Ghost/Fantasma Concreto, American Academy in Rome, Roma (2014); Amalassunta Collaudi, Museo Licini, Ascoli Piceno (2014); Sironi-Burri: un dialogo italiano (1940-1958), CUBO-Centro Unipol Bologna (2015); Cristiano De Gaetano: Speed of Life, Fondazione Museo Pino Pascali, Polignano a Mare (2017); Now Here Is Nowhere. Six Artists from the American Academy in Rome, Istituto Italiano di Cultura, New York (2017); le quattro edizioni de La notte di quiete, ArtVerona, Verona, quartiere Veronetta (2016-2019); le sei edizioni del progetto Opera Viva Barriera di Milano, Flashback, Torino (2016-2021); il progetto Artista di Quartiere, Torino (2020); Z/000 GENERATION. Artisti pugliesi 2000>2020, AncheCinema, Bari (2020); Fragile, galleria Monitor, Roma (2021); Cantieri Montelupo, programma di residenze artistiche, Museo della Ceramica, Montelupo Fiorentino (2021). 

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