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di Valentino Ligorio*

La licenza per il pubblico spettacolo arriva dopo quasi tre anni di lavoro, a marzo 2021. In piena zona rossa. La fatica, l’attesa, e poi niente, bisogna aspettare e sudare ancora. Intanto il teatro è aperto: in senso lato, immaginario. Inventato.

Ma andiamo con ordine. Siamo a San Vito dei Normanni, provincia di Brindisi, a pochi passi dal capoluogo di provincia e dall’Adriatico delle Bandiere Blu dell’Alto Salento. Un posto piccolo quanto bello, svuotato dall’emigrazione, in cui da qualche anno manca un cinema-teatro.

Il primo esperimento è del 2015: un gruppo di associazioni si mette insieme per prendere in gestione la sala del vecchio Melacca. Non funziona. Intanto dall’altra parte di San Vito, sulla strada che porta a Brindisi, c’è l’ExFadda, il laboratorio urbano ristrutturato con fondi regionali. È un ex stabilimento enologico, un tempo si chiamava Dentice di Frasso e in città lo conoscono tutti, tanto nella sua vecchia vita che nella nuova. Qui, con la gestione di Roberto Covolo, dal 2010 si fa innovazione sociale, cultura, cooperazione, ospitando diverse sperimentazioni, anche nazionali. Nuove pratiche di inclusione e cittadinanza attiva, legate a filo doppio con quella splendida stagione di politiche giovanili inaugurata con Bollenti Spiriti dal compianto assessore regionale Guglielmo Minervini.

Il fatto è che l’ExFadda ha una struttura gemella, un secondo corpo di fabbrica ristrutturato dal GAL Alto Salento per diventare un centro d’informazione turistica, ma ancora in disuso. Una sala di circa 700 metri quadri, con capriate in legno alte 17 metri e seri problemi d’acustica e di allestimento. Appena lo vedo, penso che sì, qui va fatto un teatro. Qui, non altrove.

L’idea, poi formalizzata e strutturata in profondità, diventa quella di co-gestire uno spazio destinato al pubblico spettacolo con alcune delle associazioni nate all’ExFadda. Con loro ci aggiudichiamo un primo finanziamento da Fondazione Unipolis, partecipando al bando Culturability 2018. Da grande sarò un teatro, così si chiama il progetto. Vogliamo costruire il primo teatro del sud Italia interamente pensato e messo in piedi dalla comunità locale di artisti, operatori culturali, formatori, attivisti e cittadini. C’è da diventare adulti, insomma, possibilmente insieme agli altri.

È allora che iniziamo a sudare. Sudare da queste parti è una condizione dell’anima, forse, più che questione di pori, pelle, tessuti. Perciò non ci pensiamo più di tanto. Iniziamo a lavorare senza sosta alla costruzione fisica dello spazio, ma anche a quella comunitaria. Il corpo di un cinema-teatro è un corpo innanzitutto culturale e sociale. Facciamo incontri con associazioni e gruppi locali, telefonate ad amici e colleghi da Bari a Milano a Lecce, cerchiamo l’incontro e l’incastro con l’ExFadda e la sua rete di attività e relazioni.

Al gruppo iniziale si uniscono altre persone da tutta la provincia. La banda è folta, battagliera, determinata. La parte di co-progettazione è quella più lunga, dura due anni e vede insieme a noi architetti, studenti dei politecnici di Bari e Torino e dell’Università di Napoli, attori e registi della tradizione vernacolare brindisina, professionisti dello spettacolo dal vivo.

Poi arriva il nome. TEX, il Teatro dell’ExFadda. Ogni volta che lo pronunciamo, Pino – un attore di San Vito con la faccia che è tutt’uno con la maschera da caratterista navigato – tira fuori l’indice e il pollice, e rivoltella alla mano fa: “TEX? Ah, comu a Tex Willer!”. Ed è vero: dentro quel nome, tutto maiuscolo, ci sta il richiamo alla prossimità con le pratiche di ExFadda ma anche il Willer dei fumetti, la frontiera di cose non ancora immaginate in cui sconfinare sempre al galoppo, in cerca d’avventura.

Pian piano lo spazio prende forma. Alcuni cinema e teatri pugliesi ci donano quinte, sedute e altri pezzi fisici della loro esperienza, mentre con i fonici e gli ingegneri di Hackustica, una società nata in seno a ExFadda, lavoriamo sulla correzione dell’ambiente sonoro utilizzando materiali di risulta. Andiamo avanti con il palco, il ring, gli impianti luci, audio e video, montando tutto da noi.

A febbraio 2020 arriva la gestione diretta dello spazio. E insieme a questa anche il Covid. A giugno avremmo dovuto inaugurare il TEX con una programmazione condivisa con gruppi e associazioni. Un calendario di spettacoli già fissato, organizzato e finanziato da mesi. Sudiamo ancora.

Pensamenti, ripensamenti. Come se ti dicessero che adulto non lo puoi diventare mai, specie se lavori col cinema e col teatro. Che non ne vale la pena, perché è cultura ma non lavoro. Che te lo sei sognato, e poi infatti arriva l’incubo della pandemia a ricordarti che… Ma in fondo non si tratta di aprire un teatro in tempi di pandemia. Se parliamo di teatro, è sempre tempo di. Di qualcosa che molto spesso va storto, o che è nato storto. E non si tratta nemmeno di raddrizzarlo: si tratta di farlo. Il teatro è sempre in crisi, nasce da una crisi che è anteriore a tutte le crisi. Dalla caduta che genera racconto, condivisione, politica. Sì, anche politica.

E allora? Continuiamo. Decidiamo che non si fa teatro per il teatro né cinema per il cinema. Si fa per noi e per gli altri. Per chi ci vuole stare. Non per riposizionarsi in un settore in attesa della ripartenza, ma per sconfessare il ritorno a una normalità che il TEX, nel bene e nel male, non ha mai conosciuto. È nato fragile ma nuovo, questo teatro.

Tra giugno e luglio 2020, quando le restrizioni si allentano e si suda davvero, facciamo delle assemblee pubbliche nel giardino tra il laboratorio urbano e il TEX. Richiamiamo tutti in campo. Quelli che ci hanno creduto, quelli che ci vogliono credere, quelli che ancora non ci possono credere. Ad agosto Cattive Produzioni, altra società nata all’ExFadda, organizza Ciné, il cinema all’aperto nel giardino. Le sedie tutte occupate, il grande telo bianco che fa da schermo che svolazza per lo scirocco.

Lo spazio non è mai vuoto, insomma. Come il silenzio quando sali sul palco a inizio spettacolo: se ascolti bene, quel vuoto è denso di sussurri, sbadigli, sospiri, voci che si schiariscono in ultima fila. Gli attori lo sanno bene: sono suoni fisici, materici, ti sfiorano alla velocità della luce come tanti coltelli affilati. Lo spettacolo, per chi è sul palco, inizia davvero quando afferri una di quelle lame, la guardi bene e capisci che non è abbastanza affilata da conficcarsi nella tua carne, da ferirti davvero.

Oggi se guardo giù dal palco verso la platea da 200 posti non ho bisogno di immaginare un teatro pieno, non devo immaginare voci, sussurri, lame, niente. Perché l’ho già visto pieno, il TEX. L’ho visto pieno con le prime riaperture di queste settimane, quando abbiamo ospitato residenze per bambini e i genitori c’erano tutti per lo spettacolo finale. L’ho visto pieno di attori e tecnici quando siamo andati in scena in streaming l’inverno scorso. L’ho visto pieno con i primi esperimenti di cinema indoor e concerti, con i musicisti che sarebbero rimasti sul palco fino a notte fonda per quanto gli era mancato suonare dal vivo. Ma l’ho visto pieno già prima, in questi tre anni, mentre aspettavamo la licenza per un teatro che non avremmo potuto comunque aprire, pieno di persone che stavano lì nello sforzo orgogliosamente patafisico di lavorare a una cosa che poteva anche non nascere mai se non come ossessione nella testa mia e in quella del mio socio Vincenzo Gagliani.

Oggi il TEX è aperto. Sostenuto anche dal Programma Straordinario della Regione Puglia, è inserito, con il Comune di San Vito dei Normanni, nel circuito del Teatro Pubblico Pugliese. E dialoga e stringe alleanze con compagnie teatrali di Puglia e Basilicata. Ospita artisti in residenza, workshop, programma spettacoli, ne produce di suoi. Indaga i confini tra arti, spettacolo, socialità, promozione del territorio, cittadinanza attiva. A volte poi torna in streaming, altre è un discorso sempre aperto, improvvisato in giardino, tra un caffè e l’altro. Altre ancora, quando fa troppo caldo, il TEX se ne va in spiaggia a fare il primo bagno di stagione.

Siamo diventati adulti? Non lo so. Forse potevamo sudare e soffrire meglio di così, ma di più non siamo stati capaci.

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*Valentino Ligorio è attore e operatore culturale. Insieme al percussionista Vincenzo Gagliani è project manager del TEX, il Teatro dell’ExFadda.

(In copertina: foto di Daniele Balestreri)

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