Pubblichiamo un estratto dal libro Italian Psycho di Corrado De Rosa, uscito per minimum fax. L’autore sarà ospite di Fahrenheit questo pomeriggio alle 16.
di Corrado De Rosa
Jurij Vladimirovic Mal’cev è un filologo laureato all’università di Leningrado. Ha accolto le delegazioni italiane in visita nell’Unione Sovietica, ha fatto da cicerone a Eduardo De Filippo e Giulietta Masina, ha tradotto Alberto Moravia e Cesare Zavattini.
Il 5 febbraio 1968, scrive una lettera di protesta al Segretario generale delle Nazioni Unite: gli è stato negato il visto di uscita dall’URSS di cui non condivide l’ideologia ufficiale.
Tre mesi dopo quella lettera, il tenente Kulicnikov, un delegato della polizia di Mosca, lo raggiunge a casa e lo minaccia: «Devi trovarti un lavoro fisso o andrai al confino».
Mal’cev fa lezioni di italiano. Guadagna poco, sta pensando che dovrebbe trovarsi un lavoro più sicuro ma risponde: «Mi state imponendo un obbligo che serve solo a punire chi esprime il suo dissenso».
Kulicnikov insiste: «Fra qualche giorno verranno a prenderti per portarti in ospedale. Ti terranno in osservazione e stabiliranno la tua idoneità al lavoro». Poi lo guarda e aggiunge: «Sei stato curato in un ospedale psichiatrico?».
Malc’ev non ha mai visto un medico: «Sono in buona salute.
Non andrò in ospedale scortato da un poliziotto».
«Ti ci porteranno con la forza», il burocrate Kulicnikov gli recita il decreto emesso contro chi conduce una vita antisociale.
Pochi mesi dopo, Mal’cev è convocato al commissariato militare. Lo aspettano un neuropatologo e due psichiatri: «Perché
vuoi il visto di uscita? Perché a trentasette anni non sei ancora sposato? Perché nonostante i tuoi studi lavori come portalettere al Telegrafo centrale?»
Mal’cev chiede che rapporto abbiano queste domande con la sua salute.
Dopo la visita, un ufficiale lo conduce dal commissario che deve parlargli: «Ti voglio utilizzare come traduttore, ma per questo devi essere visitato».
In quel momento entra una squadra di infermieri e Mal’cev viene portato al settore 5 dell’ospedale psichiatrico Kashchenko.
È pazzo Mal’cev che si oppone a un’ideologia di regime?
Alex DeLarge di Arancia meccanica stupra, aggredisce un senzatetto ubriaco, svaligia case di persone inoffensive. Randle Patrick McMurphy di Qualcuno volò sul nido del cuculo è un violento, gioca d’azzardo, delinque e lo fa in modo consapevole.
Sono malati, Alex e Randle?
I fisici è un’opera teatrale di Friedrich Dürrenmatt ambientata in una clinica per pazienti psichiatrici. Möbius è un fisico che ha scoperto «il sistema di tutte le invenzioni possibili».
Per evitare che i suoi studi finiscano in mano ad altri, si fa internare fingendosi pazzo. Nella struttura sono ricoverate due persone che si credono Newton ed Einstein e che hanno ucciso due infermiere. Sono stati internati anche loro, ma sono due agenti segreti, uno americano e l’altro comunista. Simulano di essere matti perché devono impossessarsi della formula di Möbius. L’unica che riuscirà a ottenerla è Mathilde von Zahnd, la proprietaria della clinica, che vuole assoggettare il mondo con quella scoperta.
Nel mondo, reale, di Mal’cev, sei pazzo se non sei omologato.
Nel mondo, immaginario, di Dürrenmatt c’è lo scontro dicotomico fra umorismo e pessimismo, fra fisica e psicologia, si crea no armi per avere la pace, si studiano ordigni per salvare l’umanità. Möbius dice: «Il miglior modo per cancellare il passato è
comportarsi da pazzi». Alex è un cattivo che sembra pazzo. Randle si finge pazzo, cerca di stravolgere la routine dell’ospedale psichiatrico in cui si è fatto rinchiudere e finisce lobotomizzato.
Ci sono pagine della storia italiana che sanno di teatro dell’assurdo e che si sono confrontate troppe volte con le ambiguità della psichiatria. Sciogliere la matassa in cui si aggrovigliano follia, impunità, violenza e altri luoghi comuni sulla psicopatologia potrà contribuire, almeno un po’, a ridurre l’astigmatismo con cui vengono lette queste pagine e a restituire un tassello di dignità, un altro ancora dopo la chiusura dei manicomi e le battaglie contro il pregiudizio nei confronti dei pazienti, a chi soffre davvero di un disturbo mentale.
Minima&moralia è una rivista online nata nel 2009. Nel nostro spazio indipendente coesistono letteratura, teatro, arti, politica, interventi su esteri e ambiente

Grazie per questa piacevole ed interessante pubblicazione!
Credo sia un bellissimo libro ma vorrei fare un appunto: l’autore è uno psichiatra e qui narra le vicende di uno studioso che contrasta un regime ottuso w violento che gli oppone tra le altre cose la sua presunta asocialità. Chiedo: ma tra le categoria eziologiche della nostra psichiatria che si svolge principalmente in strutture pubbliche abitate da personaggi non dissimili a quei mostri che hanno visitato, ma vorrei dire violentato, lo studioso, in questa nostra psichiatria l’ essere asociale non ha la stessa valenza nel giudizio? Quale socialità propone la nostra società? Se non qualcosa di più negativo e angoscioso del sintomo citato? Sono stanco dello stupido stereotipo del medico russo o tedesco orientale o similare che con la sua modalità tra il poliziesco e il corrotto morale perseguita il dissidente, schifoso come quanto e spesso succede in tanti paesi, tra cui l’Italia, che vanta civiltà e solidarietà di cui non si vedono molte tracce…rimane comunque un libro che comprerò