Pubblichiamo, ringraziando editore e autrice, l’incipit del romanzo “Il cerchio perfetto” di Claudia Petrucci, pubblicato da Sellerio.
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1986
La sera della festa, intorno a lei gli amici bevono, ballano, si divertono. Lidia sta seduta a terra, affonda le dita nel tappeto, e pensa ai documenti. I suoi amici non sanno niente, non hanno idea di quel che lui ha fatto. Nelle pagine che le ha spedito ha lasciato scritta la ri nuncia alla proprietà – la sua firma è un appunto veloce ripetuto a margine; lo ha immaginato guardare, toccare la penna, impugnarla. Lidia non è più capace di pensare ciò che lui ha pensato. Così lui è precipitato lontano. Lidia ha bevuto molto.
La casa è progettata perché il sole, prima di procedere nella sua corsa discendente, cada a picco dal lucernario. La colonna di luce attraversa tre piani senza ostacoli, fino al buco circolare che occupa il cuore della casa: quattro dita d’acqua a riempire la vasca d’argento. Guardandola adesso, abbastanza a lungo, il ricordo del primo giorno…
Lidia si alza in piedi, il corpo le sta crollando di dosso, a ogni movimento un pezzo si stacca e la sua testa galleggia. Balla, vuole essere contenta solo per cinque minuti – quella mattina, adesso molto lontana, lui ha detto «aspetta, guarda qui», guarda qui, Lidia, tra un minuto il giorno sorgerà qui dentro, più forte, più meraviglioso di qualunque altro giorno lo abbia preceduto. Al centro della vasca sta la pietra d’angolo. È una pupilla rotonda e scura, il dettaglio gradevole che tutti guardano senza notare. Il nero assoluto del marmo è l’anima dell’occhio che sempre osserva. Lì sotto, sepolto nella pietra, c’è il loro segreto, e Lidia non ha nessuno a cui raccontarlo.
Sfugge all’abbraccio alcolico di due amiche, una le accarezza i capelli, ha un ombrellino verde infilato nella scollatura. «Metti insieme due mezzi materiali trasparenti, aria e acqua, ed ecco qui», aveva detto lui, indicando i riflessi. Aveva parlato piano, due mezzi materiali trasparenti. Lidia passa una mano sulla pancia nel punto in cui si sente scomparire.
La fine di tutto è arrivata in fretta, e Lidia ha capito troppo tardi di non aver calcolato il rischio, ha commesso una leggerezza, come direbbe sua madre. Ma l’amore non è proprio questo, non è annullare anni di diseducazione dell’istinto, sbucciare un frutto maturo fino al nocciolo e ricominciare da capo? Chiude gli occhi, la stanza gira.
Raggiunge il tavolo, lo pensa dimenticarla. Strappa svogliata una pagina del contratto, tira in diagonale fino a spezzare la sua firma in due. Il rumore le fa venire da ridere.
In cucina recupera un blister di compresse piegato a metà, ne ingoia un’altra, ora la musica è fortissima, chiameranno la polizia, che importa – non importa, si divertirà tantissimo. La nausea. Sale le scale che avvolgono l’interno della villa in una spira, al secondo piano Lidia barcolla verso la balaustra, le scappa di nuovo da ridere.
Al terzo piano, Lidia si affaccia alla ringhiera che lui ha fatto costruire, un legno di pregio, si aggrappa al corrimano e guarda giù. La pietra d’angolo la fissa, la chiama, a Lidia gira la testa. Si sporge per errore e, all’improvviso, la metà di lei che sta per cadere è più pesante di quella ferma a terra. Riempie otto metri senza urlare.
Ricorderanno di lei che è stata speciale e delicata, piena di buone maniere e di riconoscenza – qualità utili a un matrimonio felice. Diranno che la rottura del fidanzamento è stato un incidente di percorso causato dal lutto recente; la malattia di suo padre, da quell’ultimo giorno in ospedale Lidia si è fatta irrequieta: è da lì che è venuta la morte? Insieme a lei se ne andranno la verità, la ragione, ventidue anni conclusi in un «tragico incidente».
Quanto era bella Lidia, che fine disgraziata. Che casa stupenda, commenteranno, che scala ripida, e tutti penseranno Lidia cadere dalla ringhiera, ma nessuno riuscirà a immaginarla: che suono produce una ragazza tanto leggera quando si spezza?
Lidia non fa in tempo a chiudere gli occhi. Centra la vasca in pieno, il collo piegato in un angolo e lo sguardo fisso alla porta: starà a guardare, dalla sua tempia scorrerà un fiume silenzioso di sangue; starà ad aspettare, l’ultimo giorno è anche il primo, con un po’ di pazienza il tempo si piegherà su se stesso e lui entrerà da quella porta. Sarà bello come quando l’ha conosciuto, in anticipo sul suo tocco Lidia immaginerà il peso delle mani, lui ne allungherà una e dirà il suo nome, e poi demolirà tutto.
Lidia aspetterà per tutta la notte, la sua bocca si farà blu e l’acqua nera, aspetterà quarantadue anni, per sempre giovane, e alla fine lui tornerà. «Lo sai cos’è una pietra d’angolo, Lidia?», dirà. «La pietra d’angolo, o pietra angolare, è la pietra che sostiene l’intero edificio. Noi oggi la celebriamo. La pietra d’angolo è il fonda mento». Il fondamento batterà nel suo corpo morto come un cuore nuovo.
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