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«Ogniqualvolta pensavo all’inverno, me lo figuravo come una notte lunga e oscura, come l’appartamento di Madame Manaal, o i miei occhi quando li chiudo contro la luce».

Sono donne, sono uomini, ma donne soprattutto, nate con un destino indirizzato dagli usi, tradizioni familiari, religiose. Sono donne piene di grazia, di ironia, di tormenti. Sono egiziane, palestinesi, americane, australiane. Sono ribelli, mai dome, sono disposte alla lotta e alla ricerca del sogno. Sanno ridere, sanno rialzarsi. Sono ragazze, sono bambine, sono anziane, sono tutte attraversate da un desiderio trasformare in sogno ogni piccolo (o grande) incubo. Sono pronte a sottrarsi, a fare a meno di qualcosa, ma non a rinunciare. Non hanno paura di cercare la felicità. Non hanno paura di dire no. Sono musulmane, sono cristiane, sono atee. Sono divertenti, sono romantiche. Sono incazzate, sono tradite, sono ripudiate, sono solitarie, sono deluse. Sono migliori degli uomini con cui hanno a che fare, anche di quelli che le amano o che le hanno amate. Stanno a New York ma sono costrette a misurarsi con il ricordo, con la memoria, con Il Cairo, con Alessandria, con madri morte molto tempo prima, con ceneri di padri da disperdere, con nuove ferite. Sono vive, sono personagge, sono protagoniste dei miracolosi racconti di Randa Jarrar, contenuti in Io, lui e Muhammad Ali, da poco pubblicato daRacconti edizioni con la traduzione di Giorgia Sallusti.

”Gesù ama i palestinesi” ha detto Dorothy. La tavolata è ammutolita. Noi siamo il tipo di musulmani che prega per le agevolazioni fiscali (Baba), i giochi del Nintendo DS (Jaseem), i libri anatomici del colorare (Waseem), la fica (Abe), e per una coscienza libera da ogni senso di colpa che mi permetta di andare via da questa cazzo di casa (Vostra Devota). L’unica cosa che ci ferma dall’essere completamente atei è che nessuno di noi ha mai mangiato maiale. Siamo legati a Dio dall’assenza di grasso suino

Qamar sale sul tetto quando ha soltanto nove anni, ci sta il tempo necessario affinché la luna si avvicini, lei la vuole, e tenterà di acciuffarla per tutta la vita. Sarà ballerina, sarà acrobata senza protezione del circo di Alessandria, sarà promessa in sposa, sarà desiderata, sarà tesa verso il suo sogno, sarà condotta verso la luna. Due amiche si ritrovano dopo anni, una non si è mai spostata dalla costa egiziana, zona in cui i genitori affittano stanze per l’estate, ai ricchi villeggianti. L’altra è ricca, ha classe, torna per le vacanze. Tutte e due sono sole, hanno una figlia, fuggono le convezioni ma ne sono circondate, al centro i loro desideri, ciò che sono diventate, o che diventeranno.

A New York una ragazza aspetta un figlio, il compagno è sempre sbronzo, il padre – secondo l’uso – l’ha ripudiata, ma lei combatte, parla con la madre di nascosto, lotta per questo figlio che verrà, è piena di vita, piena di New York, è giovane e determinata, è luminosa. Un’altra, per i suoi studi, diventa assistente di una studiosa affermata, la segue, impara ma la detesta, attraverso il lavoro della vecchia professoressa capisce che la libertà sta altrove, oltre gli appunti da riordinare per la capa, ma nelle cose che dovrà scrivere. Una fotografia che non si trova, in cui dovrebbe esserci la protagonista di un racconto, suo padre e Muhammad Ali, intanto il padre è morto e ha chiesto che le sue ceneri dall’America vengano disperse vicino alle Piramidi in Egitto.

Poi altre storie, uomini che si ubriacano e giocano a carte, bambini che giocano, donne che chiacchierano su divani improvvisati, tutto questo nelle notti di Gaza, nei disastri di Gaza. L’incredibile famiglia di uno dei racconti più belli e dissacranti Viaggiatori accidentali. Le due sorelle che investono una bambina e mentre la soccorrono, la assistono, ricordano e capiscono meglio la fortuna che hanno. C’è sempre chi ha meno possibilità, meno speranze. E poi futuri possibili, l’America che accoglie, figli che crescono, combattono, padri che non capiscono e poi capiscono, madri antiche, madri moderne, madri morte e perciò vive per sempre. Tutto questo insieme è pura gioia di lettura, puro privilegio, puro divertimento.

Quando ti ripudiano, tua madre diventa la tua amante segreta, ti chiama dalle cabine telefoniche, ti viene a trovare a orari strani e per brevi ritagli di tempo. E il tuo vero amante si trasforma in tua madre, che deve accudirti ora che lei se ne è andata. È dura abituarsi, e oltretutto il mio cosiddetto amante è ubriaco e non particolarmente materno

Randa Jarrar scrive con l’accelerazione tipica dei giovani autori nordamericani, è tagliente e divertente, ha quell’ironia cattiva che consente di commentare con una battuta anche una situazione drammatica, ma il passo della commedia le consente di sospendere la realtà e di attraversarla con flash luminosi che hanno un buon sapore.

Jarrar è nata a Chicago, sua madre è egiziana, suo padre è palestinese, ora vive in California. Anche la sua biografia comanda ne determina la scrittura. Il passo dei racconti è moderno, eppure compare quando occorre quel color miele che è tipico della letteratura araba. Dentro questa mescolanza stanno le idee della scrittrice, la sua voglia di dipingere la modernità, di sfottere le assurde tradizioni, lasciando emergere chi non è protagonista, relegato ai margini delle famiglie o della società. Sa essere dolce e cattiva, come quando – in una delle storie – una bambina rapita finisce per trovarsi meglio con chi l’ha portata via rispetto alla famiglia d’origine, ma si trova bene in una strana comunità, come se avesse bisogno comunque di gerarchie, di regole. Randa Jarrar mette tutto in discussione, velo e guantoni hanno lo stesso peso, e si reggono in perfetto equilibrio. Chi è davvero felice? Chi ne ha diritto? Chi ricama la propria storia da sola? Chi sbatte la porta? Chi si ripara dal vento? Chi sorride? Chi salta verso la luna?

 

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Autore

giannimontieri@minimaetmoralia.it

Gianni Montieri, è nato a Giugliano in provincia di Napoli. Scrive per Doppiozero, minima&moralia, Esquire Italia, Huffpost e il manifesto, tra le altre. Prova a incrociare la letteratura con lo sport per L’ultimo uomo, Rivista Undici. I suoi libri di poesia più recenti sono Ampi margini (2022) e Le cose imperfette, editi da Liberaria. Ha pubblicato per 66thand2nd due titoli Il Napoli e la terza stagioneAndrés Iniesta, come una danza. Vive a Venezia. Altre info qui: https://giannimontieri.wordpress.com/biografia/

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