Gli angeli personali di Brianna Carafa è una raccolta di racconti appena uscita per Cliquot, seguendo, a distanza di circa un anno, la riedizione del romanzo La vita involontaria. È una seconda vita quella che l’opera di Carafa sta vivendo, tanto auspicata da chi già aveva scoperto le vecchie edizioni dalla libreria di famiglia o le aveva acquistate nelle bancherelle dell’usato e poi lette con voracità. Pubblicata da Einaudi e in alcune riviste tra gli anni Settanta e Ottanta, Carafa è poi scivolata nel dimenticatoio dove ha trovato alloggio fino allo scorso anno, complice forse la sua prematura scomparsa, nel ’78,e complice senza dubbio anche il variabile insieme di fattori che non fa cambiare il risultato su molte grandi scrittrici italiane: la dimenticanza.

Gli angeli personali
stupisce e incanta per le traiettorie che la narrazione fa, per il cauto ma deciso sbilanciamento del punto di vista rispetto ai romanzi, per l’ironia e la nitidezza del narrato, per l’innamorato disincanto su cose e persone.

I romanzi, La vita involontaria appunto da poco ripubblicato da Cliquot e Il ponte del deserto rintracciabile nell’edizione del 1978, narrano le vicende di due protagonisti, Paolo Pintus e Roberto Berla, impegnati a sopravvivere, a crescere e a diventare adulti cercando di venire a patti con le proiezioni che la società ha su di loro e ciò che loro sono e vogliono. La riflessione che scaturisce da questi due romanzi è su che cosa determini ciò che ognuno è al netto di nulla, addirittura mettendoci come lordo tutto ciò che rientra nella condizione umana: cosa siamo e cosa vorremmo essere dentro una comunità che ci ha fatto tutti i conti in tasca senza mai aver visto le nostre tasche, in una società che indica e decide, rinchiude e recinta in un ruolo, a prescindere dal soggetto.

Negli otto racconti, di cui uno inedito e gli altri usciti nelle riviste “Paragone Letteratura” e “Botteghe scure”, Brianna Carafa vira moltissimo la sua attenzione su protagonisti per lo più già adulti che abitano la loro vita anche alla luce di ciò che sono stati. Il cono di osservazione cambia: nei romanzi metteva sotto la lente di ingrandimento il divenire di un personaggio, qui sono personaggi che a un certo punto si guardo indietro. Molto nitido lo sguardo della scrittrice, è la focalizzazione di chi si volta a guardare il proprio passato e a dividerne i segmenti importanti per poi ricostruirli, per dargli un senso ampio, un significato nel tutto.

Questi magnifici otto racconti sono ritratti della memoria, squarci nel presente in cui il passato si inserisce e vi si adagia comodamente, finestre su un tempo e uno spazio che possiedono molto di quello che è il tempo e lo spazio di tutti noi: è Carafa che punta la macchina da presa della sua scrittura sui ricordi. Sono la rievocazione della nonna, nel primo racconto “Ritratto di straniera”, un luogo dell’infanzia, “Il giardino perduto”, in cui spicca la figura del padre, lei bambina alle prese con una persona incaricata dalla famiglia a crescerla, “La governante”, una compagna di classe, “Elodia”, un amico piuttosto anomalo, “Altrove”, le poche e intense pagine dedicate a un altro amico, “Il sordo”, la questua del questuante forse morto, “La porta di carta” e “L’autobus” in cui il protagonista sembra vicino parente dei personaggi dei due romanzi, Paolo Pintus e Roberto Berla.

Non sono racconti nostalgici, sono anzi crudi spaccati sulla vita trascorsa dove non trapela la commozione del tempo passato ma piuttosto uno sguardo freddo e lungo, acuto e spesso tagliente. Alcuni protagonisti, come la nonna nel primo racconto, sono personaggi veri e propri, con una dimensionalità tale che ci si aspetterebbe di vederli girare per casa nostra da quanto sono vivi sulla carta, altri sono veri propri camei, come quello della figura del padre che compare in più di un racconto, tratteggiato con tale arguzia e minuzia da farne un gioiello incastonato in poche righe: “Cosicché conduceva una vita mondana, o quasi, seppur con qualche accorgimento: innanzitutto, per esempio, negava di condurla. Frequentava anche persone più serie e dimesse delle sue conoscenze abituali, in massima parte professori di matematica, poiché mio padre amava con molta intensità la matematica per una sorta di polemica verso le emozioni in generale”.

La scrittura, da sempre curatissima in Carafa, in questi racconti si amalgama con un effetto stupefacente al suo disegno in copertina e ai quattro suoi disegni all’interno del libro, nei quali, a ben guardare con l’occhio dell’immaginazione, si possono veder passeggiare i suoi personaggi e le sue personagge, quasi scenografia perfetta di ognuno di loro, quasi paesaggio delle sue poesie.

 

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a.toscano@minima.it

Anna Toscano vive a Venezia, insegna presso l’Università Ca’ Foscari e collabora con altre università. Un’ampia parte del suo lavoro è dedicato allo studio di autrici donne, da cui nascono articoli, libri, incontri, spettacoli, corsi, conferenze, curatele, tra cui Il calendario non mi segue. Goliarda Sapienza e Con amore e con amicizia, Lisetta Carmi, Electa 2023 e le antologie Chiamami col mio nome. Antologia poetica di donne vol. I e vol. II. Molto l’impegno per la sua città, sia partecipando a trasmissioni radio e tv, sia attraverso la scrittura e la fotografia, ultimi: 111 luoghi di Venezia che devi proprio scoprire, con G. Montieri, 2023 e in The Passenger Venezia, 2023. Fa parte del direttivo della Società Italiana delle Letterate e del direttivo scientifico di Balthazar Journal; molte collaborazioni con testate e riviste, tra le altre minima&moralia, Doppiozero, Leggendaria, Artribune, Il Sole24 Ore. La sua sesta e ultima raccolta di poesie è Al buffet con la morte, 2018; liriche, racconti e saggi sono rintracciabili in riviste e antologie. Suoi scatti fotografici sono apparsi in guide, giornali, manifesti, copertine di libri, mostre personali e collettive. Varie le esperienze radiofoniche e teatrali. www.annatoscano.eu

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