Sugli scaffali delle librerie dal 29 aprile troverete Cenere di Grazia Deledda, edito da Utopia, con un’introduzione di Michela Murgia e un’illustrazione di Marta Signori in copertina. Si tratta del primo tassello di un progetto di recupero delle opere della Deledda (Premio Nobel per la letteratura nel 1926), ma anche dell’ottavo libro nel catalogo della giovane casa editrice.
“Utopia è una casa editrice europea di lingua italiana fondata a Milano nel gennaio del 2020.” Si apre così la descrizione nel loro sito, ed è proprio da qui che voglio iniziare l’intervista con l’editor Gerardo Masuccio, il caporedattore Zeno Toppan e l’art director Giovanni Cavalleri.
Esiste oggi un canone letterario europeo? Dei valori identitari comuni nel modo di raccontare storie in Italia come in Germania o in Svezia?
(Gerardo). Esiste un immaginario letterario comune, sì. Ci sono molte differenze tra uno scrittore siciliano e un romanziere islandese, senza dubbio. Non fosse altro che per la lingua e i costumi. Entrambi, però, affondano le proprie radici in un canone condiviso, da Omero a Dante, da Cervantes a Kafka. Li vedo, perciò, lì: l’uno legge Laxness a Palermo, l’altro Pirandello a Reykjavík. E, senza saperlo, percorrono lo stesso sentiero.
Domanda di rito: come nasce Utopia? Provo ad arricchirla un po’: una parola piuttosto abusata per provare a descrivere la realtà in cui da ormai un anno viviamo è distopia, com’è stato il primo anno di Utopia in questo contesto, tra lockdown e zone rosse?
(Gerardo). Utopia nasce un anno fa e deve il nome a un’ambizione anacronistica: dedicarsi alla letteratura di qualità, senza compromessi, tra recuperi di grandi autori del passato e uno scouting attento sulla contemporaneità. La pandemia ha reso tutto più complesso, ma la sfida era ardua già all’inizio. Il consenso dei lettori ha reso sempre più concreto il progetto.
(Zeno). Le chiusure hanno eliminato uno spazio che riteniamo fondamentale per fare editoria e quindi cultura: la presenza sul territorio, l’incontro con i lettori, lo scambio virale di idee e passioni. Appena sarà possibile vorremmo inaugurare nuovi format di incontro, non solo presentazioni di libri, ma luoghi ed eventi che riportino la letteratura (oggi perlopiù vissuta ed esperita a livello individuale, se non solipsista) a una dimensione sociale e di scambio.
Si sente spesso che l’Italia è un paese in cui si legge poco, credete anche voi che sia così? Cosa potrebbe imparare la nostra editoria da quella degli altri paesi europei?
(Gerardo). Penso che oggi si legga tantissimo, molto di più di quanto non sia mai accaduto nella storia. Il tasso di alfabetizzazione è elevato; la rete porta la parola sugli schermi dei cellulari ogni minuto. Ognuno di noi legge in continuazione. È la letteratura a essere in difficoltà. Non è più una forma di intrattenimento competitiva; richiede concentrazione e introspezione in una civiltà di consumi e semplificazioni. E forse, in fondo, è meglio evadere leggendo i post di un social che concentrarsi su certi libri, spesso molto venduti, ma in cui non riconosco alcun valore artistico. Non è un problema solo italiano, riguarda anche le aree linguistiche maggiori.
(Zeno). Io sono meno critico nei confronti della lettura di consumo, anche perché è attraverso quella che i giovani si avvicinano alla lettura. Gerardo è sempre alla ricerca del genio, di quel raro estro letterario che sopravviva allo scorrere della storia, anche nei secoli. In realtà io trovo molta tecnica e molto studio anche nel pop, un’attenzione particolare al lettore che è di solito, però, inversamente proporzionale all’utilizzo di una lingua evocativa e metaforica e alle introspezioni antropologiche che caratterizzano la letteratura più pura. Vedo invece molti tentativi di sperimentazione letteraria che non diventano letteratura perché solipsisti ed egoriferiti. Bisogna trovare un bilanciamento tra il semplice e il complesso, l’universale e l’egoriferito. In fin dei conti la letteratura migliore ha sempre connotati ossimorici.
Il vostro catalogo si è già fatto notare parecchio (penso in particolare a Economia dell’imperduto di Anne Carson, ma anche a Gente nel tempo di Massimo Bontempelli), qual è il criterio per la scelta dei vostri autori?
(Gerardo). La qualità letteraria, senza discriminazioni ideologiche. Penso che, finché ci sarà un uomo in grado di leggere, in libri come Gente nel tempo ed Economia dell’imperduto quell’uomo troverà spunti di riflessione su se stesso, sul mondo, sul mistero di vivere. La letteratura, se è tale, non conosce perimetri e scadenze. Il resto dura il tempo di una vita.
(Zeno). Gerardo è sempre alla ricerca di ciò che un giorno diventerà imperduto (per citare Anne Carson). Ogni libro è un azzardo, un investimento: si tenta di portare in Italia quegli autori che stanno esplodendo all’estero ma che non avevano ancora trovato, qui, un loro spazio editoriale. Per un editore appena nato, è fondamentale riuscire a comunicare le proprie scelte, motivarle ai lettori mostrando loro che esiste una visione e un disegno. Questo è un progetto a cui tutti collaboriamo e che si concretizza perlopiù sulle nostre pagine social, la cui gestione è in mano a Mattia Tortelli. Vogliamo arrivare a un punto in cui un’agguerrita schiera di lettori si fiderà talmente tanto delle nostre proposte da comprare tutti o quasi tutti i titoli in catalogo. Pubblicando circa dieci libri l’anno, non è una una sfida irraggiungibile. E qualche cuore lo abbiamo già conquistato.
Come si articolerà il progetto di recupero delle opere di Grazia Deledda? E quali saranno le altre novità del vostro catalogo per il prossimo futuro?
(Gerardo). Si inizia con Cenere. È Michela Murgia a scegliere i titoli, ma l’idea di fondo è recuperare le opere che più sono state trascurate negli ultimi decenni. Grazia Deledda deve stare in libreria, non è ammissibile il contrario. Quanto al resto, nei prossimi mesi si spazia: dal portoghese all’arabo, dal primo novecento al presente, ancora tra saggi e romanzi.
(Zeno). Pubblicheremo molti autori in odore di premi letterari di calibro internazionale da ogni parte del mondo. Nel 2022 pubblicheremo la seconda scrittrice africana del nostro catalogo: Utopia ha un debole per le voci che vengono da lontano e che sanno dipingere paesaggi letterari diversi rispetto a quelli cui siamo abituati.
Qual è il libro di Utopia a cui sei più legato e a quale lettore lo consiglieresti?
(Gerardo). Non ho preferenze, non potrei. Ognuno è una parte essenziale di me, a ognuno associo un momento della mia vita. Li consiglio tutti, però, a chi nel leggere prova a cercare se stesso, a porsi nuove domande. Chi vuole evadere da sé, chi cerca risposte, invece, può leggere altro.
(Zeno). Sto lavorando in questi giorni sul testo tradotto di un autore spagnolo che pubblicheremo nel 2022. Sono rimasto sconvolto dalla sua scrittura. Lo consiglierei in anticipo, ma non posso ancora fare nomi. Per quanto riguarda i titoli già pubblicati: Eva dalle sue rovine per chi vuole gettare uno sguardo su realtà lontane e che non vogliamo vedere. Se la morte ti ha tolto qualcosa, tu restituiscilo, lo suggerirei a tutti. Essendo quel libro un distillato di puro dolore, e un inno alla vita tramite la morte, è un buon allenamento psicologico all’esistere: ha il merito di farci sentire fortunati per non aver vissuto quello che ha vissuto l’autrice.
(Giovanni). Tra tutti, sono particolarmente affezionato a Se la morte ti ha tolto qualcosa, tu restituiscilo, per due ragioni. Perché è un testo struggente che ha messo alla prova la redazione e farà lo stesso con i lettori, un libro catartico che crea una connessione speciale tra autrice e lettore. E poi per la copertina, per la quale abbiamo scelto un’opera di Josef Albers, artista a cui sono molto legato.
Quando avete annunciato la pubblicazione di Cenere mi ha catturato subito l’illustrazione di Marta Signori, continuerete a collaborare con lei e/o con altri artisti per le vostre copertine?
(Giovanni). Sì, lavoreremo insieme a Marta Signori su tutte le copertine della serie dedicata a Grazia Deledda. Come fatto per Cenere, l’intenzione è quella di allontanarsi dall’iconografia classica che è normalmente accostata ai libri di Deledda e cercare piuttosto di tradurne le atmosfere psicologiche ed emotive. Nella maggior parte dei casi utilizziamo opere già realizzate, altre volte, come nel caso di Marta Signori, commissioniamo lavori originali.
Il progetto grafico di Utopia è davvero bello e riconoscibile, che visione c’è dietro?
(Giovanni). L’Utopia è un mondo perfetto che non si può raggiungere, un orizzonte, un asintoto, un modello ideale irriproducibile in natura. L’impostazione della griglia di copertina riprende questo concetto: si fonda su proporzioni auree, un rapporto matematico che può essere tradotto fisicamente solo con un’approssimazione.
Francesco Ventrella è nato a Modugno nel 1991, è cresciuto a Ravenna e attualmente vive e lavora a Milano. Si è laureato in Giurisprudenza all’Università di Bologna e ha conseguito il Master in Arti del racconto alla IULM. Giornalista e videomaker, scrive per Esquire e lavora come visual editor per Hearst Italia. Su Medium: https://francesco-vntr.medium.com/
